«CLARK & DIZZY» DI DARIO CELLAMARO SWINGSUITE 5ET, UN GIUBILANTE OMAGGIO A DUE DIVINITÀ DEL JAZZ VENUTE «DA CIELO IN TERRA A MIRACOL MOSTRARE» (ALFAMUSIC)
// di Francesco Cataldo Verrina //
Lasciarsi trascinare da un doppio motore ispirativo come Clark Terry e Dizzy Gillespie, è alquanto stimolante, ma potrebbe risultare anche un’arma a doppio, ossia scadere nel solito tributo manieristico, oltremodo a due mammasantissima del jazz fortemente caratterizzati, sia per importanza musicale che per portata storica, i quali, se ascoltati, nei loro lavori emergono ancora molteplici elementi di modernità e dei creatività strumentale mai eguagliata. «Clark & Dizzy» di Dario Cellamaro Swingsuite 5et, nasce da un live registrato, il 13 agosto del 2022 durante la quarta edizione di «Musica in Villa, a Villa Cagnola di Gazzada in provincia di Varese. Il disco pubblicato di recente da AlfaMusic crea un’avvincente atmosfera quasi in sospensione spazio-temporale, a cavallo tra l’era swing e l’avvento del bebop, in cui trovano la loro migliore collocazione i due iconici musicisti celebrati.
Clark Terry è stato una sorta di case-study permanente per quanti volessero trovare un metodo ed una dimensione ideale per suonare la tromba o il flicorno al di là dei soliti stereotipi. In verità Terry appartiene a quella categoria di musicisti spesso presi sotto gamba ed omologati ad un certo filone del jazz, nonostante nell’arco della sua carriera fosse riuscito non solo a ritagliarsi uno spazio alquanto originale, ma soprattutto a coagulare intorno ai suoi strumenti di elezione una sorta di stile unico e particolareggiato rispetto alla media dei suoi coevi. Lo stesso Diz, una volta, aveva dichiarato che Clark Terry fosse il più grande trombettista mai sentito. In realtà Gillespie era uno che seguiva la raison d’etre dei suoi predecessori. Dizzy era prima di tutto un comunicatore sopraffino e, negli anni, era diventato uno dei più efficaci ambasciatori del jazz suonando ad un livello che la maggior parte dei trombettisti poteva solo sognare, portandosi dietro, quale avallo, il fatto di aver scritto pagine di storia determinanti e pervasive per quella che potremmo definire la forma d’arte più importante d’America. L’estroso trombettista, al fianco di Charlie Parker, aveva svecchiato il linguaggio del jazz, soprattutto aveva portato il bop presso un vasto pubblico a livello planetario, attraverso una serie di registrazioni in vari formati, da quello orchestrale ai combo ristretti, piuttosto che con le big band afro-cubane.
Storicamente Terry e Gillespie sono stati due personaggi assai competitivi, essendo cresciuti nell’epoca delle jam-session, che a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta erano delle vere e proprie gare, dove si cercava di umiliare il concorrente o l’antagonista. Quindi scendere sul loro terreno significa accettare il guanto di sfida e lanciarsi in un’ideale jam-session. Nelle note dell’ufficio stampa rilasciate per questo disco si legge quasi una sorta di manleva, al fine di non incappare nel tritacarne dei paragoni e dei confronti: «Clark & Dizzy è l’incontro musicale fra due personaggi che grande hanno fatto quell’epoca, è anche un rispettoso omaggio a due immensi musicisti che ancora oggi, se in vita, potrebbero insegnarci molto di più di ciò che già sappiamo, aggiungendo un numero spropositato di nozioni che ancora non conosciamo di questa musica, di cos’è questa musica e soprattutto di come si suona: freschezza, modernità, intensità emotiva e creatività jazzistica». L’elemento rilevante dell’album di Dario Cellamaro è che possiede quasi la freschezza di una jam tra amici ed, il fatto che sia stato registrato dal vivo ne rafforza l’aura magica che vi si respira, frutto di un’epoca in cui lo swing iniziava ad essere irrobustito da vari elementi bop ed hard bop, il tipico humus sonoro in cui il Dario Cellamaro Swingsuite 5et alligna sin dal suo primo apparire nel 1994.
Il legame di Dario Cellmaro con Terry e Clark proviene da molto lontano. Il batterista varesino si racconta così: «La storia di comincia quando, appena trentenne, cominciai ad assistere, sia in televisione che dal vivo, a diversi concerti della United Orchestra All Stars Big Band di Dizzy Gillespie. Uno dei trombettisti, insieme a Clark Terry, che io ho adorato sin da bambino. Nell’estate del 1992 Dizzy Gillespie arriva nella città dove vivo da quasi 50 anni, a Varese. E su un immenso palco allestito ai Giardini Estensi si esibisce con questa orchestra. Era il mese di luglio, una stupenda sera di luglio. Approfittando della conoscenza di alcuni responsabili dell’evento riesco a partecipare al rinfresco organizzato nel pomeriggio. In quella occasione incontro e conosco: James Moody, Paquito D’Rivera, John Lee, Ignacio Berroa, l’indimenticabile Claudio Roditi e, dopo un po’ di attesa, in un colpo solo incontro e parlo con un giovane Arturo Sandoval e con il Maestro Dizzy Gillespie. Fu un’esperienza indimenticabile e rimane per me un ricordo indelebile il suo invito, dopo avermi fornito indirizzo e numero di telefono, a contattarlo caso mai mi fossi recato negli USA. Non successe mai ma l’emozione di questo episodio la vivo ogni giorno in cui ascolto o suono la sua musica. Con Clark la storia fu totalmente diversa. Nell’agosto 1996 ricevette da me una copia del mio primo disco con questo quintetto. Mi scrisse rendendosi disponibile a venire in Italia e registrare e suonare con me. Mi sembrava uno scherzo e invece era tutto vero. Due dischi registrati insieme nel 1996 e nel 1998, diversi jazz festival in Italia per tre estati consecutive ed un’amicizia che mi è rimasta nel cuore».
È superfluo sottolineare che l’album «Clark & Dizzy», oltre ad essere visceralmente sentito, risulti molto coinvolgente. Tutto il line-up, costituito da Carlo Uboldi piano, Emilio Soana tromba e flicorno, Danilo Moccia trombone, Antonio Cervellino contrabbasso e Dario Cellamaro batteria e percussioni, pattina su una pista swing-latin-bop con estrema disinvoltura ed in maniera sinergica. Il batterista-leader racconta la genesi costruttiva dell’album: «Ho scelto i loro brani (quelli di Diz e Clark) insieme ad altri, li ho arrangiati, ritrascritti e per uno in particolare, «Funky Cha-Cha» di Arturo Sandoval con cui tenterò di ripetere l’esperienza avuta con Clark Terry inviandogli una copia di questo lavoro, ho ridotto un arrangiamento da big band (18 elementi) a soli cinque strumenti. Un lavoro stressante ed impegnativo ma che mi ha reso immensamente felice quella sera del 13 agosto 2022 sul palco di Villa Cagnola a Gazzada. Oltre a Clark & Dizzy, che ho voluto omaggiare componendo un brano originale che porta lo stesso titolo, ho esteso il tributo ad altri grandi interpreti come Duke Ellington, Roy Hargrove e Kay Winding».
L’album si apre con «Tee-Pee Time» che conserva in maniera assai evidente tutto lo spirito originario di Clark Terry, tanto che usata come rompighiaccio all’inizio del concerto diventa una vera e propria dichiarazione d’intenti. «Clark e Dizzy» è un componimento originale scritto da Dario Cellamaro che ben si amalgama all’idea complessiva del progetto, la sua dose di swing è sufficiente a mantenere la temperatura costante e soprattutto il costrutto sonoro non sfigura a fianco a quello di tante firme prestigiose. Roy Hargrove è l’autore della terza traccia, «Strasbourg St. Denise», imperniata su un’architettura molto più vicina all’hard-bop che i fiati del Swingsuite 5et arricchiscono di contrafforti funkified. «Mood Indigo» di Duke Ellington trasuda di blues, sviluppando una piacevole atmosfera retrò, magnificata prima dalla tromba in sordina di Emilio Soana, quindi dal trombone di Danilo Moccia. Irresistibile il zampillante gioco pianistico sul finale che determina un cambio di mood e di passo tipico delle orchestrazioni ellingtoniane. «Co-op» è ancora un omaggio a Clark Terry, perfetto raccordo tra l’epopea delle big band swing e l’era bop dei piccoli combo. La band di Cellamaro penetra nel parenchima sonoro e lo ricostruisce con personalità ed intelligenza esecutiva. «Tanga (Frelimo), su cui compare il brand di Dizzy Gillespie, viene lanciata nell’agone da una straordinaria batteria al piccolo trotto, mentre a livello di mood ricorda talune situazioni parkeriane dove swing e bop aprivano le maglie alla penetrazione di additivi caraibici.
«Michelle», estratta dal cilindro magico di Clark Terry, è una ballata inizialmente brunita e crepuscolare, ricca di pathos ed insanguata di blues, tanto da diventare una sorta di camera di compressione ma, al primo cambio di passo, la melodia, pur mantenendo un afflato soffuso e malinconico, si fa più aperta ed ariosa. «And Then She Stopped» è la classica composizione Gillespiana, fatta di insidie, forme labirintiche, cambi repentini d’umore e strappi, ma gli uomini di Cellamaro se la cavano egregiamente, soprattutto la tromba e il trombone ricreano un sorta di gioco competitivo e, contestualmente, compensativo, mentre il piano diventa arbiter elegantiae distillando zampillanti accordi con il sostegno della retroguardia ritmica, specie quando il costrutto si tinge di evidenti colori latini. «Funky Cha-Cha» di Arturo Sandoval, restituita attraverso uno schema sottrattivo e adattivo, assume i tratti somatici di un latin-funk moderno e coinvolgente. «Slow Grind», un ballata cremosa ed iperglicemica impastata nel blues da Kay Winding», ammanta il fruitore di nostalgia e lo risucchia attraverso una suadente atmosfera da Cotton Club. «Manteca» è uno dei capolavori del Gillespie a forte trazione cubano-caraibica. Nulla di meglio per il gran finale del live set, mentre l’anima dello swing raggiunge il suo climax. Dario Cellamaro nelle note di copertina di «Clark & Dizzy» scrive: «Godetevi questo disco che ho creato ispirandomi ad una delle tante celebri frasi di Dizzy Gillespie: Non mi importa troppo della musica. Cio’ che mi piace sono i suoni».