LUCA FLORES: IN RICORDO DI UN GRANDE ARTISTA
LUCA FLORES – “LOVE FOR SALE” (1993 Splas(h)
// di Mauro Zappaterra //
Parlare di Luca Flores è sempre bello e difficile, ma emozionante. Bello, perché la musica di Luca rivive con lui ogni volta che se ne assapora il gusto e se ne apprezza la statura musicale; difficile, perché inevitabilmente affiorano nella mente le sfortunate vicende umane di questo talentuoso artista, la cui esistenza è stata segnata da eventi drammatici, ancora prima della malattia che lo ha indotto a scelte estreme, portandolo via a soli 39 anni. Ho scelto di ricordare Luca con “Love for Sale” perché questo è stato l’ultimo disco pubblicato quando il pianista, palermitano di nascita ma toscano d’adozione, era ancora in vita. E quindi voglio immaginare che, pur nella difficoltà quotidiana della sua tormentata esistenza, abbia potuto goderne i frutti ed assaporare la grandezza del suo essere musicista.
L’album è stato ripubblicato dalla Splas(h) nei primi anni 2000 dopo l’uscita ufficiale del 1991. Nonostante la carriera relativamente breve per i motivi sopra citati, Luca Flores è da sempre considerato come uno degli esponenti più interessanti della scena jazzistica italiana. Nato a Palermo nel 1956, nel 1959 si trasferisce con la famiglia in Mozambico per seguire il lavoro del padre, dove inizia a suonare il pianoforte all’età di 5 anni. Nello stato africano subisce il trauma che ne segnerà in qualche modo l’esistenza, la morte della madre in un incidente automobilistico in cui anche lui resta coinvolto.
Rientrato in Italia nel 1966, approda a Firenze nel 1972, dove si diploma al liceo scientifico nel 1975. Studia al Conservatorio Luigi Cherubini e si diploma in pianoforte 1981. Il suo incontro con il azz è negli anni ’70, quando frequenta i circoli fiorentini conoscendo la nascente comunità di musicisti jazz italiani. Esordisce a livello nazionale nel “Tiziana Ghiglioni Sextet” con il quale registra nel 1984 il primo LP, poi insieme a Gianni Cazzola forma il quintetto “Matt Jazz Quintet” e con questi gruppi prende parte ai maggiori festival italiani.
Successivamente forma il “Luca Flores Trio” (con Lello Pareti e Piero Borri). Milita nei gruppi di Chet Baker e Massimo Urbani, e collabora inoltre con artisti quali, fra gli altri, Bruno Tommaso, Lee Konitz, Paolo Fresu, Gianni Basso, Claudio Fasoli, Steve Grossman, Bobby Watson, Kenny Wheeler, Dave Holland, David Murray, Enrico Rava. Fuori dall’Italia si è esibito in Francia, Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Unione Sovietica.
Sul finire del 1987 si rivela la malattia mentale che lo accompagnerà per il resto della vita, portandolo a episodi di autolesionismo, e la morte del suo mecenate Chet Baker, nel Maggio del 1988, lo getterà in una profonda depressione. Nonostante le sue condizioni, riesce ancora a produrre due dischi di grande levatura. Nel Marzo del 1995 abbandona ogni resistenza ed ogni speranza: pochi giorni dopo un’ultima sessione di registrazione in piano solo a Firenze, muore suicida nella sua casa di Montevarchi. Come detto, questo “Love for Sale” del 1993 è l’ultima opera in vita di Flores, il successivo “For Those I Never Knew” del 1995 viene pubblicato postumo, quasi un testamento lasciato dal pianista in un disco in solo, mentre la più recente pubblicazione del 2020 “Innocence” è frutto della successiva scoperta di materiale non ancora pubblicato, e di diverse interpretazioni in “alternative take” di brani presenti nei dischi precedenti. Sono di certo due album che vale la pena ascoltare e riascoltare, sia per la bellezza dei contenuti, che per tentare di avvicinarsi, con il più profondo rispetto, ai risvolti dell’anima inquieta di questo tormentato artista.
Luca Flores era un pianista di estrazione classica, che si innamorò del jazz a metà degli anni 70, quando comincia a studiare, sezionare, scrivere le partiture dei grandi pianisti contemporanei, come Corea, Powell, Hancock, Evans, Monk, McCoy Tyner, imponendo verso se stesso una metodologia basata sul rigore e la severità. Il suo pianismo è sempre stato caratterizzato dal suo tocco leggero, delicato, con un suono cristallino, capace di rendere struggenti le melodie grazie ai suoi “sensi musicali” ma anche di furiose scorribande sui tasti, e con una capacità di reinterpretare gli standard impareggiabile.
In “Love for sale” ci sono tutti i riflessi del suo modus operandi, assoli che passano dai colori cangianti alle tonalità sfumate, inserti forgiati di brillantezza esecutiva e basi dove la tastiera si fa rovente sotto le veloci mani del pianista siciliano, che usi il pianoforte o le tastiere. Il brano d’apertura, che dà il titolo all’album, è un arrangiamento di Flores sullo standard di Cole Porter, “Love for Sale”, dove il piano conduce il motivo melodico, ed i fiati, con un bell’assieme, donano grazia ed allegria all’esecuzione. Il solo di Murray porta una ventata d’avanguardia in un pezzo tipicamente bop, con suoni che passano in un baleno dal vibrato basso all’acuto lacerante, in una dissonante cavalcata a volo libero; il solo di Flores invece è variopinto e ricercato nella metrica, con spaziature evidenti alternate a momenti di notevole fluidità, mentre il motivo è condotto dal flauto e dagli altri fiati.
“Waltz for a Sad Day-1” è una delicata ballata in 3/4 a cadenza lenta, introdotta dal flauto di Stilo, con un vibrato appena accennato che lascia spazio al piano, in un continuo cambio di scena, commentato in background da una bella e sostenuta linea di basso di Del Fra e dalle raffinate spazzolature di un ottimo Giulio Capiozzo. Sull’arrangiamento di uno dei più classici degli standard, “In a Sentimental Mood” di Duke Ellington, il caldo afflato del tenore di Murray domina la scena con un’interpretazione viscerale, mentre Luca Flores, alle tastiere, provvede ad una base quasi psicadelica, calibrata sulla singola nota; basso e batteria sostengono il tutto con un morbido abbraccio ritmico; poi è il turno del band leader ad entrare in gioco in punta di dita, mantenendo un fraseggio, certo più sostenuto, ma sempre ben spaziato e spalmato, donando al pezzo quella connotazione di modernità; un bel solo di basso accompagna di nuovo Murray verso la chiusa.
Cambio di stile totale con “Toy Town”, un componimento dalla base hard bop ma con inserti funkeggianti e dinamici; il primo allungo in solitaria molto incisivo spetta alla tromba di Morgera, che lascia la ribalta a Flores di nuovo al piano, con una bella walking di basso a sostenere la ritmica; il solo di Luca è magnifico, irresistibile, prima che un nuovo inserto funky lanci il solo di Capiozzo che accompagna alla fine del brano. Struggente nella sua delicatezza è “Angelo (Paradiso-Limbo)”, dedicata a Chet Baker, con la voce soave di Michelle Bobko, poetessa e cantante americana che ha vissuto con Luca gli ultimi anni della sua vita, a recitare versi che smuovono una sincera commozione, sulle pulsanti note che Flores riecheggia alle tastiere.
Arriviamo così a quello che a mio avviso è il capolavoro di Luca Flores in questo disco, “It a Uno (Inferno)”, quasi un’opera che si snoda tra ritmi tribali, insiemi corali estatici, assoli taglienti e ritmi infuocati, suonati da un ensamble di 15 elementi e tre coriste, un’apoteosi sonora senza eguali nella quale Luca volteggia sulla tastiera del pianoforte con un’eleganza ed un fraseggio memorabili; non trovo parola migliore di “entusiasmante” per tentare di descrivere questa composizione. Con “Waltz for a Sad Day-2” tornano atmosfere più riflessive, enunciate dal flauto di Stilo e commentate dalle tastiere di Flores, con Giulio Capiozzo a scandire il tempo come un metronomo e la chitarra di Bianchi ad affiancare Stilo, rendendo il brano un plugged underground molto moderno. Non manca un omaggio a Thelonius Monk, uno dei riferimenti del pianista, con “Ask Me Now”, dove la tromba di Morgera si fa suadente e vellutata, in un motivo di innata eleganza, commentata al piano da un monkiano Flores. In Sophia sono ancora Stilo e Morgera a condurre le tenui spirali armoniche del brano, che parte soffuso per poi crescere di intensità all’interno di ogni solo, con la ciclicità tipica dell’hard bop, fino alla chiusa sfumata.
A chiudere l’album è una composizione di David Murray, “Your Blues”, condotta dal tenorista californiano con le sue tipiche fughe apicali ma sempre dentro il solco armonico del motivo, affiancato dal piano che marca uno swing di impeccabile fattura, e la sezione ritmica costantemente impegnata a fondere cadenza e sostanza. In conclusione, mi piace immaginare un Luca Flores in piedi davanti al suo pubblico a ricevere l’applauso e la giusta gratificazione, e che quell”Angelo” invocato da Michelle Bobko sia in realtà lui, libero di potere finalmente volare.
LOVE FOR SALE : Luca Flores piano e tastiere, David Murray sax tenore, Nicola Stilo flauto, Riccardo Del Fra bass, Giulio Capiozzo batteria.
Guest: Fulvio Sisti sax alto, Ilaria Kramer tromba, Raffaello Pareti basso, Stefano D’anna sax alto, Franco Nesti basso, Alessandro Fabbri batteria, Michelle Bobko voce, Fabio Morgera tromba, Barbara Casini, Tiziana Simona Voce, Nicola Vernuccio basso, Stefano Rapicavoli, Valerio Abei, Andrea Melani, Walter Paoli batteria, Riccardo Bianchi chitarra