Vinile sul divano: tensioni, torsioni e divagazioni sonore
// di Gianluca Giorgi //
Jan Garbarek Quartet, Afric Pepperbird (1970 ristampa Luminessence Series 2024)
Il disco fu registrato a Oslo nel settembre 1970 e ha segnato l’arrivo di questi quattro improvvisatori norvegesi, (Jan Garbarek, Terje Rypdal, Arild Andersen e Jon Christensen), alla corte della nascente etichetta ECM, fu l’inizio di una collaborazione che è durata tutta la vita. Uscito a nome Jan Garbarek Quartet, è uno dei primissimi album di Garbarek da band leader, fu inciso al Bendiksen Studio di Oslo, Norvegia, il 22 e 23 settembre del 1970, con una formazione composta da Jan Garbarek (sax tenore, sax baritono, clarinetto, flauto, percussioni), Arild Andersen (basso, african thumo piano, xilofono), Terje Rypdal (chitarra, bugle) e Jon Christensen (percussioni). In questa fase della sua lunga e poliedrica carriera, Garbarek si esprime soprattutto con il linguaggio del jazz, in particolare nelle sue declinazioni moderniste sia post bop che free. Si sente l’influenza di Alber Ayler, sebbene il quartetto sappia esprimere anche passaggi molto atmosferici e sottili, nei quali la chitarra del mago Rypdal rivela risvolti persino psichedelici. Il gruppo, comunque, è capace di sprigionare anche una grande potenza come in “Beast of Kommodo”. Proveniente dalla Norvegia, il sassofonista Jan Garbarek inizia la sua attività negli anni ’60 suonando in patria per gran parte del decennio con uno stile influenzato da Coltrane, stile che si andrà ad addolcire nel corso del tempo. Negli anni ’70 comincia ad incidere con la tedesca ECM, proponendo una musica che diventerà il suono dell’etichetta, con note lunghe ed evocative, spazi fra le note, uso di eco ed atmosfere rarefatte e meditative. Garbarek è stato anche influenzato dalla musica tradizionale dell’Europa settentrionale che amalgama spesso con il jazz. Dalla fine degli anni ’80 i suoi lavori si fanno più fruibili e fruttano un notevole successo commerciale rislutando fra i più venduti del catalogo ECM. Mezzo secolo dopo questo disco trasmette ancora la freschezza di quando uscì il giorno di Capodanno nel 1971.
Roland P. Young, Isophonic Boogie Woogie (1980 ristampa 2022)
Ristampa del primo disco di Roland Young, originariamente pubblicato nel 1980 su Flow Chart. Il dj e musicista afroamericano è qui artefice di un disco molto originale, in cui si intrecciano mantra minimalisti dagli echi talvolta orientaleggianti, free jazz cerebrale non lontano da Anthony Braxton e musica percussiva avanguardista e rarefatta. Per la sua musica Young usa una base di elettronica, clarinetto basso dal suono sovente manipolato elettronicamente, sax e kalimba. Young riesce a creare atmosfere astratte come nel free jazz di Braxton, ma in certi momenti si avvicina sorprendentemente alla musica tedesca degli anni ’70, mostrando affinità con i primissimi Kraftwerk (1970/71) nei loro momenti più quieti e rarefatti. Roland Young, prima di realizzare questo lavoro molto originale, fu un importante dj underground della bay area (San Francisco, Berkeley) degli anni ’60 e ’70. Venti elettronici cosmici afro-minimal registrati negli anni ’70 a San Francisco da parte di Roland Young, già membro e leader del gruppo Infinite Sound che pubblicò nel 1975 il capolavoro “Contemporary African-Amerikan Music” (Arch 1750), anche Isophonic Boogie Woogie è strano e stravagante, una visione unica quella dell’artista della musica free-jazz. “Afro spiritual minimal electronic space music” che ad un ascolto attento mostra alcuni dei brani free-jazz più belli, strani e di gran lunga più lontani da ciò che di solito siamo abituati a sentire. Un musicista un po’ trascurato da riscoprire.


Ben Lamar Gay, Yowzers (2025)
Yowzers è il nuovo album del compositore e improvvisatore musicale di Chicago Ben LaMar Gay. Gay in questo disco è accompagnato da un quartetto con Tommaso Moretti (batteria, percussioni, voce), Matthew Davis (tuba, pianoforte, campane, voce) e Will Faber (chitarra, ngoni, campane, voce), a cui si sono aggiunti come ospiti lo strumentista Rob Frye (flauto e clarinetto basso) e un mini-coro. Nell’album si possono sentire rimandi alla musica libera della Liberation Music Orchestra, alle elettroniche glitchate di Robert Aiki Aubrey Lowe, al blues abrasivo di Bukka White e a “Illusions” di Arthur Blythe. Il terreno musicale che il musicista ha coperto nell’ultimo decennio, sia come bandleader che come collaboratore, è immenso. Dal suo album di debutto, la compilation del 2018 “Downtown Castles Can Never Block The Sun” che ha presentato il mondo di Gay in quindici brani stilisticamente diversi presi da sette album allora inediti, ai successivi dischi a suo nome: Open Arms To Open Us del 2021 e Certain Reveries del 2022. Gay è uno dei collaboratori più prolifici nella musica creativa di oggi. Oltre ad essere presente in un numero sbalorditivo di uscite dell’etichetta International Anthem (tra cui Makaya McCraven, Jaimie Branch, Damon Locks, Ibelisse Guardia Ferragutti e Frank Rosaly), ha contribuito al disco “The Separatist Party” di Mike Reed, alla Natural Information Society di Joshua Abrams, ai Black Monks di Theaster Gates e a molti altri progetti. È anche un partecipante di lunga data alla leggendaria AACM (Associazione di Chicago per l’avanzamento dei musicisti creativi). In questo lavoro Gay riesce a liberare i punti di forza dei suoi collaboratori. Il materiale del quartetto si appoggia su un vocabolario che il gruppo ha sviluppato nel corso di diversi anni insieme e il repertorio offre un mix sorprendente di ritmi pulsanti e liberi con echi di canzoni melodiche e nostalgiche. Il disco è un ulteriore passo in avanti del lessico di Ben Lamar Gay ed è un vero e proprio capolavoro, in cui antichi ritmi interiori del corpo si fondono con una narrazione melodica per la mente e l’anima.
Krzysztof Komeda, Ballet Etudes / The Music Of Komeda – A Jazz Message From Poland Presented By An International Quintet (1963 ristampa 2024)
Per molti anni considerato un raro oggetto da collezione, “Ballet Etudes” torna in vita! Finalmente ristampato (l’unica ristampa era del 2015 della BE! Jazz) quest’album bellissimo del compositore e pianista polacco Krzysztof Komeda, vera gemma di una delle figure più importanti della musica polacca e uno dei padri fondatori del jazz europeo. Registrato al festival Jazz Jamboree del 1962 a Varsavia e originariamente pubblicato nel 1963 sull’etichetta danese Metronome, “Ballet Etudes” è stato uno dei tre LP completi pubblicati durante la breve vita di Komeda. Inizialmente la critica nazionale non accolse molto favorevolmente il disco, mentre ora è considerato un’opera importante nel jazz. L’album presenta Komeda al pianoforte, insieme a Allan Botschinsky alla tromba, Jan Wróblewski al sax tenore, Roman Dylag al basso e Rune Carlsson alla batteria. Komeda riesce a creare una sua miscela unica, sintesi perfetta tra l’influenza americana e la complessità armonica europea, con un tocco di lirismo slavo. Bellissimo immergersi nei 21,56 di “Ballet Etudes”, brano che occupa tutto il primo lato, per la sua struttura complessa, i tempi e le chiavi mutevoli. Da riscoprire!


