dischi_divano

// di Gianluca Giorgi //

LONNIE HOLLEY, Mith (2lp smoke ltd ed 2018)
La dimensione artistica di Lonnie Holley è strettamente legata al concetto di amore e sofferenza. Le opere di Lonnie Holley, relative alle installazioni, sono oggi presenti nei più importanti musei americani, mentre le pubblicazioni discografiche sono ancora relegate a uno status di culto, in quanto difficilmente catalogabili. “Mith”, registrato in giro per il mondo negli ultimi cinque anni, è un’esperienza straniante che al primo ascolto e, per lunghi tratti, non dà punti di riferimento. È una commistione tra soul clamoroso, musica d’avanguardia, jazz e blues primordiale, con la voce che si libra come se fosse un sax in piena catarsi free-jazz. Rispetto al precedente, compie un deciso passo avanti verso un suono più elaborato e nitido, grazie anche alla presenza di ottimi musicisti, come il musicista cosmico Laraaji, il duo jazz Nelson Patton, il produttore visionario Richard Swift, il sassofonista Sam Gendel ed il produttore/musicista Shahzad Ismaily. Un’opera affascinante e coinvolgente, forse non per tutti, ma se si riesce a penetrare nel mondo di Holley si farà fatica a distaccarsene.

ANGEL BAT DAWID, The Oracle 2019
Ennesimo centro per la International Anthem, ormai rifugio sicuro per gli sperimentatori dell’Illinois. “The oracle” è il primo album solista di Angel Bat Dawid, cantante, compositrice e clarinettista afroamericana di Chicago. La Dawid nella sua arte sposa poesia, jazz sperimentale e spirituale con una forte attenzione alle problematiche come il razzismo e la condizione degli americani di colore. La sua musica si ricollega allo spiritual jazz afroamericano degli anni ’70 o a certe sperimentazioni di Sun Ra, suonando al tempo stesso modernissima e personale. Due fattori influenzano la sua arte dolcemente contrastata: da una parte c’è la spiritualità e la consapevolezza nera, dall’altra la creatività “Black” che è tipica della città di provenienza della nostra, città in cui la Dawid ha assorbito dalla ricchissima scena avant-jazz locale. Per il suo debutto sceglie di fare tutto da sé e con modalità insolite: registra in varie location (ma soprattutto nel suo appartamento a Bronzeville, nell’ispido South Side della Windy City) servendosi unicamente del proprio cellulare, lasciando spazio soprattutto al suo “spiritato” clarinetto, voce enigmatica come “l’oracolo” del titolo. Ed è uno smisurato inno alle infinite potenzialità di questo strumento apparentemente limitato, che qui diventa invece un alito ancestrale, un Suono assoluto. Un surplus di magia è poi donato dall’incantevole voce di Angel. Il vento ascetico di Angel Bat Dawid è un incantesimo che riporta il jazz, più o meno free, alla sua essenza primordiale, proiettandolo al contempo verso un orizzonte ancora tutto da esplorare. Gran bel disco!

Infinite Sound, Contemporary African-Amerikan Music (1975 ristampa 2018 ltd ed 500 copie)
Originariamente pubblicato nel 1975 dalla 1750 Arch Records negli USA, l’unico album dell’ensemble composto da Aisha Kahlil (voce, percussioni), poi membro del gruppo femminile di canto a cappella Sweet Honey In The Rock, autrici di una lunga discografia attraverso decenni di attività, Glenn Howell (contrabbasso, voce, percussioni) e Roland Young (clarinetto, clarinetto basso, sax alto, sax soprano, percussioni), quest’ultimo un dj dell’area di San Francisco e poi musicista dedito ad un jazz molto sperimentale. La filosofia del gruppo, pur prendendo spunto dalle idee della ”Black liberation”, l’emancipazione degli afroamericani, puntava ad una fusione di culture e di sottoculture. L’approccio ‘sperimentale’ serviva a raggiungere suoni ed emozioni che non erano familiari. Inciso nel novembre del 1974, l’album, come il nome del gruppo ”Suono infinito”, tiene fede alla filosofia ispiratrice, nel senso di una espressione musicale che travalica i confini di genere, fondendo jazz, influenze orientali, libera improvvisazione e sonorità strumentali e vocali che sembrano animate da un impeto tribale o ancestrale. Un opera senz’altro singolare, autentico documento di libera espressione in musica. Le loro composizioni abbracciano forme mobili, con il vivace basso di Howell che assume un ruolo attorno al quale si muovono i fiati di Young e la voce di Kahlil. I ritmi si dissolvono in trame e le forme melodiche si ammorbidiscono o si accendono in esuberanti esplosioni di colore tonale. L’atmosfera della musica oscilla in modo imprevedibile dall’esuberanza all’introspezione. Splendido free jazz d’avanguardia “consapevole”.

THE HELIOCENTRICS, Infinity of Now (2020)
Il gruppo, fondato dal batterista Malcolm Catto propone un crossover fra varie esperienze sonore che vanno dal funk alla psichedelia, dal free-jazz all’afro-beat, fino a contaminazioni di noise elettronico, ispirando il proprio nome all’immaginario afro-futurista del grande Sun Ra. In questa, per ora, ultima loro produzione è molto più presente la voce scura e sognante di Barbora Patkova, una specie di evocazione psichedelica di Beth Gibbons dei Portishead, fra afro-beat e trip-hop. Un disco in cui l’evocazione di Sun Ra sembra imprimere un timbro sonoro uniforme a tutti i brani, permeandoli di psichedelia scura e sbandate sperimentali spigolose, senza troppi compromessi con il mainstream. Un disco che ha il potere di farci entrare dentro un loop e portarci “altrove”. Sensuale, conturbante, visionario. Splendido!!!

IMAMU AMIRI BARAKA, It’s Notion Time (1972 ristampa 2018)

“It’s Nation Time – African Visionary Music” è considerato un manifesto della cultura Pan-Africana del periodo del Black Power. L’album, vera e propria rarità in quanto fuori catalogo dal 1972, torna ora disponibile in vinile LTD Edition. MAMU AMIRI BARAKA è stato poeta, scrittore e critico musicale statunitense.Il disco è uno spoken-word jazz originariamente pubblicato dalla label sussidiaria della Motown Records, Black Forum. Nel disco di Baraka hanno suonato molti artisti dell’espressione musicale afroamericana, tra cui una band funk guidata da James Mtume e un quartetto jazz composto da i bassisti Reggie Workman e Herbie Lewis, il pianista Lonnie Liston Smith, il sassofonista contralto Gary Bartz ed il batterista Idris Muhammad. Baraka offre una serie lunga e complessa di riflessioni poetiche sullo stato dell’America nera, risveglio spirituale e redenzione politica, appoggiandosi su accompagnamenti musicali che passano dal funky, al jazz, all’avanguardia. “It’s Nation Time – African Visionary Music” riassume in musica il credo di Baraka, un cult album di un brillante artista che fotografa magistralmente un momento importantissimo della storia americana dal punto di vista sociale e politico.

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