«Lights and Shades of Mine… in Vocalese!» di Chiara Ceo: la voce come paesaggio sonoro, tra luci, ombre e memorie (Dodicilune, 2025)

0
ChiraCeo_Ante

Le composizioni di «Lights and Shades of Mine… in Vocalese!» tracciano un itinerario che, tra chiaroscuri interiori e aperture liriche, celebra la Voce come strumento di conoscenza e di vita. Ciascun episodio sonoro si colloca in un continuum che alterna urgenza, intimità, memoria e fantasia, fino a giungere alla dichiarazione d’amore assoluta per la musica

// di Francesco Cataldo Verrina //

Prodotto dall’etichetta Dodicilune, «Lights and Shades of Mine… in Vocalese!» di Chiara Ceo si caratterizza come pagina musicale di notevole rilievo, non soltanto per la qualità interpretativa della vocalist pugliese, ma per la consapevolezza con cui viene affrontato il terreno del Vocalese. La presenza di Carlo Maria Barile all’Hammond ed al pianoforte, insieme agli interventi di Mario Rosini e Paola Arnesano, arricchisce la tessitura sonora con un dialogo continuo tra voce e tastiere, tra parola e armonia, tra colore fonico ed invenzione melodica.

Il Vocalese, nato negli anni Cinquanta come pratica di trasposizione verbale delle improvvisazioni strumentali, trova in questo lavoro una rinnovata vitalità. Chiara Ceo ne coglie la natura di ponte tra la complessità del fraseggio jazzistico e la forza semantica della parola, trasformando ogni episodio sonoro in un laboratorio di equilibrio tra immediatezza e articolazione. La Voce, intesa come fisionomia acustica e come strumento di conoscenza, diviene centro generativo: non semplice veicolo espressivo, bensì luogo di sedimentazione interiore, capace di rivelare luci ed ombre, fragilità e potenzialità. La dialettica tra luminosità e oscurità, evocata già dal titolo, si traduce in scelte armoniche che alternano progressioni diatoniche e modulazioni inattese, con un uso calibrato delle dissonanze che amplifica il senso di di perlustrazione. Le improvvisazioni vocali non si limitano ad ornare la struttura tematica, ma si traducono in vere e proprie composizioni autonome, sostenute da una trama pianistica che oscilla tra linearità contrappuntistica e densità accordale. In questo intreccio — o meglio, in questa compenetrazione — la parola assume valore di gesto musicale, mentre la musica si fa linguaggio poetico. Il contributo di Rosini e Arnesano non appare come semplice aggiunta, ma come estensione del discorso sonoro: la pluralità delle voci genera un tessuto polifonico che richiama la tradizione corale, pur mantenendo la libertà improvvisativa tipica del jazz. La scelta dell’Hammond, strumento dalla forte aura fonica e sacrale, conferisce ulteriori sfumature timbriche, creando velature acustiche che amplificano il senso di profondità. La riflessione di Carl Gustav Jung, posta nelle liner notes, non rappresenta un ornamento letterario, bensì un principio guida: la pienezza nasce dall’imperfezione, la crescita dall’accoglienza delle proprie ombre. L’album si muove dunque nel solco di una ricerca che non separa tecnica e interiorità, ma le unisce in un percorso di conoscenza musicale e psicologica. «Lights and Shades of Mine… in Vocalese!» si offre come invito a considerare la Voce non soltanto come strumento estetico, ma piuttosto come specchio dell’essere, capace di restituire la complessità dell’umano attraverso il linguaggio del jazz.

Le composizioni di «Lights and Shades of Mine… in Vocalese!» tracciano un itinerario che, tra chiaroscuri interiori e aperture liriche, celebra la Voce come strumento di conoscenza e di vita. Ciascun episodio sonoro si colloca in un continuum che alterna urgenza, intimità, memoria e fantasia, fino a giungere alla dichiarazione d’amore assoluta per la musica. «A Change for Nature» si apre con un vocalese costruito su terzine che, ora distese ora contratte, evocano il moto ondoso. L’atmosfera, inizialmente raccolta, si intensifica progressivamente, assumendo un carattere più incisivo. La variazione di ritmo e di tensione vocale diventa metafora di risveglio, invito ad agire in virtù della salvaguardia della Terra. La linea melodica, sostenuta da armonie mobili, restituisce l’immagine di un paesaggio sonoro che richiama la natura come organismo vitale. «Honeymoon» va a tempo di valzer, arricchito dall’Organo Hammond, conferisce al componimento un carattere festoso e luminoso. La voce, impiegata anche come percussione ritmica, amplifica la dimensione gioiosa, trasformando la scena evocata – luna di miele e Natale in montagna – in un quadro acustico di vivida immediatezza. La fusione tra colore fonico e scansione ternaria genera un episodio musicale di particolare originalità. «The World Stops», rielaborazione di «26-2» di John Coltrane s’innesta su un fast swing che restituisce la tensione del febbraio 2020. La voce e l’Hammond dialogano con energia, trasmettendo il senso di sospensione e di isolamento del lockdown. L’opulenza delle note, distribuite con precisione ritmica, diventa testimonianza sonora di un tempo storico, traslato in memoria musicale. «You Loved Me» introduce un duetto a cappella dal sapore madrigalistico, che subito richiama la tradizione polifonica. Le voci si dispiegano poi in profili acustici differenti, accompagnate dal pianoforte in un dialogo intimo e profondo. La figura del nonno Giacinto emerge come simbolo di valori duraturi, scolpiti nella memoria collettiva. La scrittura vocale, delicata ed intensa, traduce in musica la permanenza degli affetti.

«Alice in Wonderland», ispirato a Chick Corea, unisce jazz e fiaba in un percorso onirico. La voce guida l’ascoltatore nel dialogo con Humpty Dumpty, maestro delle parole, mentre pianoforte e Hammond intrecciano linee che amplificano la dimensione fantastica. L’originalità nasce dalla compenetrazione tra linguaggio verbale e invenzione armonica, che rende l’esperienza d’ascolto avvolgente e immaginativa. In «The Little Mermaid», la scelta del tempo in 5/4 conferisce al componimento un andamento irregolare, simile al respiro dell’oceano. La voce, con i suoi colori variati, evoca il coraggio di un amore impossibile, mentre il pianoforte scandisce la progressione con cadenze regolari. L’atmosfera sognante richiama la favola di Andersen, convertita in racconto musicale di purezza e tensione emotiva. Con «Piccole Cose», la saudade della Bossa Nova si fonde con un vocalese che privilegia il registro grave della voce. La melodia diventa veicolo di riflessione: la felicità si ritrova nelle piccole esperienze quotidiane, non nella perfezione. La scrittura musicale, sobria e pervasiva, restituisce la leggerezza di un volo di rondini, immagine che traduce in suono la fugacità della gioia. «A Life for Music», valzer, ispirato alla poetica di Bill Evans, emerge come una dichiarazione d’amore alla musica. La tessitura accordale si annoda alla voce in un abbraccio sonoro che celebra la compagna di vita. La pagina musicale, elegante e commovente, diventa manifesto di dedizione assoluta, testimonianza di un destino legato al canto sin dall’infanzia.

0 Condivisioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *