Maurizio Grondona Group Feat. Agostino Marangolo con «Blue», tra soul-blues urbano e ed accentazioni jazz (AlfaMusic, 2025)

Il risultato è un concept sonoro che si colloca nell’alveo di una partitura colta, urbana ed interiormente articolata, versata nel far dialogare tradizione e contemporaneità senza mai ricorrere a formule vuote o ad opposizioni scolastiche.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Maurizio Grondona è un compositore /chitarrista originario di Bari, figura centrale del progetto Maurizio Grondona Group. La sua traiettoria artistica si sviluppa nel tessuto di vari stilemi di matrice afro-americana, con una scrittura che fonde la lezione dei grandi maestri americani con una sensibilità mediterranea, strutturale e mai folklorica. Fin dal debutto discografico con «On My Road» nel 1987, Grondona ha delineato un profilo compositivo che rifiuta la spettacolarizzazione del virtuosismo, preferendo una costruzione modulare, attenta alla coerenza timbrica ed all’equilibrio armonico. La sua chitarra non cerca il protagonismo, bensì il dialogo con le altre voci strumentali. Il gruppo da lui guidato ha collaborato con figure di rilievo internazionale, tra cui James Senese, Annabel Williams (vocal coach di Amy Winehouse) e Andrew McKinney (bassista del James Taylor Quartet), ed ha partecipato ad eventi di prestigio come il Los Angeles Indie-Music/Film International Summit, quale unico ensemble europeo invitato.
«Blue» del Maurizio Grondona Group, pubblicato da AlfaMusic, si evidenzia come una pagina musicale stratificata, elaborata con rigore e sensibilità, in cui la chitarra non funge da protagonista esibita, bensì da tessuto portante, da nervatura interna che sostiene e modella l’intero impianto compositivo. Grondona non indulge in virtuosismi ornamentali, ma ogni nota risponde ad una logica esecutiva, ogni fraseggio si colloca con precisione nel disegno armonico, evitando qualsiasi ridondanza o compiacimento tecnico. La sua scrittura musicale si connota per l’attitudine ad assorbire e rielaborare gli stilemi del jazz, del soul e della black music, componendo un impianto sonoro all’interno di un sistema interno riconoscibile, personale e mai derivativo. La sua chitarra non afferma, ma piuttosto suggerisce ed indica una via di demarcazione.
Nel fluire di «Love Ballad», sostenuto da Agostino Marangolo alla batteria e da Nicky Belviso al basso, si avverte una fisionomia sonora che rimanda a un blues urbano, trattenuto, mai declamatorio, in cui il colore acustico si stempera in una velatura malinconica. La presenza di Danilo Riccardi alle tastiere contribuisce a delineare un ambiente sonoro che non cerca l’effetto, bensì la coerenza timbrica. «Optimistic», con la voce di Tormento e l’intervento del vocoder, introduce una sfumatura più contemporanea, senza mai cedere alla retorica del crossover. La struttura tematica si dipana secondo una logica modulare, in cui le progressioni armoniche si sovrappongono con misura, lasciando spazio ad una narrazione musicale che si sviluppa per accenni, per allusioni e per contrappunti discreti. La batteria di Giuseppe Grondona e le tastiere di Dave Browning contribuiscono a definire un ordine interno che non mira alla continuità. «Mar My Mind», firmato da Giuseppe Grondona, Lisabel Biscaldi e Nik Kovacevic, si distingue per una trama espressiva più rarefatta, in cui la voce di Biscaldi sinterseca con naturalezza nel profilo acustico generale. La chitarra di Maurizio Grondona non sovrasta, bensì dialoga con le tastiere di Kovacevic, in un equilibrio che rimanda ad una scrittura collettiva, mai gerarchica. Il brano eponimo, «Blue», rappresenta il fulcro dell’album. La chitarra assume una funzione quasi narrativa, tracciando linee melodiche che s’insinuano, delineando un paesaggio sonoro urbano, notturno, in cui ogni elemento strumentale contribuisce ad una costruzione modulare di estrema coerenza. La presenza di Danilo Riccardi alle tastiere e di Giuseppe Grondona alla batteria conferisce al componimento una geometria timbrica che si sviluppa secondo una logica di sottrazione, di controllo e di misura. «Flying Penguin», arrangiato da Giuseppe Grondona, si sposta in una direzione più giocosa, quasi cinematografica, in cui la chitarra di Maurizio si fa disegnatrice di spazi acustici, affiancata da Dave Browning alle tastiere. La sezione ritmica, affidata a Nicky Belviso e Giuseppe Grondona, mantiene una pulsazione costante, mai invadente, che consente alla struttura formale di respirare. «Say Good Bye» chiude il disco con una pagina musicale più intima, in cui la presenza del piccolo basso di Browning introduce una velatura acustica inattesa, quasi lirica, mentre le corde della chitarra agognano l’eco, il riflesso e la dissolvenza.
Nel complesso, «Blue» tende a ripensare un genere secondo una ratio compositiva che privilegia la coerenza formale, la precisione timbrica e la consapevolezza accordale. Grondona rilabora modelli precedenti, ma senza rifacimenti manieristici o calligrafi. Le sue sono solo citazioni, ma quasi mai rievocazioni nostalgiche, scevre dal tributarismo emotivo. Il risultato è un concept sonoro che si colloca nell’alveo di una partitura colta, urbana ed interiormente articolata, versata nel far dialogare tradizione e contemporaneità senza mai ricorrere a formule vuote o ad opposizioni scolastiche.
