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Nel 1958 Bobby Darin assistette a una rappresentazione dell’opera di Weill e Brecht al Greenwich Village e decise di includere «Mack The Knife» nei suoi concerti, rielaborandolo in chiave swing con grande originalità.

// di Stefano Lana //

In qualche occasione, nella vita di ognuno di noi avvengono fatti inspiegabili, sono i classici fatti ai quali non trovi nessuna risposta, ma quando sento le note di «Mack The Knife», senza nessun motivo mi scendono le lacrime. L’interpretazione di Bobby Darin resta unica nel suo genere, la voce è come una cioccolata calda in inverno, ha un timbro avvolgente, sembra un foulard in grado di scendere ampliando il suo volume, ma anche di stringersi diventando sottile con rapide salite. All’inizio la protagonista è la voce di Bobby, dopo pochi istanti entra in scena la sezione dei sax che segnano la strada

UN PASSO INDIETRO

Le regole della BBC in materia di censura musicale – oggi definite più blandamente come «restrizioni» – sono sempre state piuttosto ambigue. Negli anni ’40 e ’50, qualsiasi brano che contenesse riferimenti religiosi veniva sistematicamente escluso dalla programmazione. Era ovvio, inoltre, che i testi volgari non sarebbero stati trasmessi (anche se, talvolta, qualcosa è sfuggito al controllo). Negli anni ’60 si affermò una corrente di canzoni incentrate sulla morte, le cosiddette «death discs», che vennero considerate inopportune per la radio. Con il passare del tempo, molte di queste restrizioni sono state allentate: oggi esistono versioni «ripulite» della maggior parte dei brani rap, senza le quali Radio One avrebbe ben poco da trasmettere.

Tornando però alle canzoni sul tema della morte e a quelle che, sorprendentemente, riuscirono a passare il vaglio della censura, un esempio curioso è Delilah di Tom Jones. Ma ancora più esplicita è «Mack The Knife», successo del 1959 che racconta, senza troppi giri di parole, una serie di omicidi. Il brano proviene da un’opera teatrale originariamente intitolata «Die Dreigroschenoper» (in italiano L’opera da tre soldi, in inglese The Threepenny Opera), scritta da Bertolt Brecht con musiche di Kurt Weill e ispirata a The Beggar’s Opera di John Gay (1728). La prima rappresentazione andò in scena a Berlino nel 1928, duecento anni dopo l’opera di Gay. ambientata in una Londra vittoriana popolata da personaggi loschi e spietati, primo fra tutti Macheath, detto Mackie Messer. Tra gli interpreti originali c’erano Lotte Lenya, moglie di Weill, nel ruolo di Jenny, e Harold Paulsen nei panni di Macheath. Curiosamente, «Mack The Knife» non era previsto nella versione iniziale dell’opera. Il brano, il cui titolo originale era Moritat von Mackie Messer («ballata di strada di Mackie Messer»), fu inserito all’ultimo momento. Secondo quanto riportato da David Cheal sul Financial Times, Paulsen, attore principale e noto per il suo ego, pretese un’introduzione trionfale pochi giorni prima del debutto. Brecht e Weill composero allora questa sorta di prologo in stile «barrel-organ», una ballata popolare che illustrava le gesta sanguinarie di Mackie Messer. Il primo a interpretarla fu Kurt Gerron, che incise anche la versione originale del pezzo. Pur scollegata dalla trama per chi ascolta fuori dal contesto teatrale, la canzone si trasformò ben presto in un successo e fu ripresa da numerosi artisti, inclusa la stessa Lenya nel 1930.

L’opera non ebbe un immediato successo, ma a partire dagli anni ’30 divenne sempre più popolare. Con l’avvento del nazismo, sia Weill che Brecht furono costretti all’esilio e, nel 1938, il regime etichettò la musica di Weill come «degenerata». Nel 1952 The Threepenny Opera approdò negli Stati Uniti, dove fu eseguita per la prima volta alla Brandeis University, con Leonard Bernstein alla direzione. L’anno successivo Marc Blitzstein ne tradusse alcune parti in inglese per una produzione off-Broadway che vedeva ancora Lenya tra i protagonisti. La traduzione di Blitzstein ammorbidì l’immagine di Mack, trasformandolo da serial killer a gangster un po’ romantico, sebbene alcuni versi mantenessero un tono cupo: basti pensare all’immagine del sangue che scorre come «scarlatti rivoli» o alla «borsa di cemento» usata per appesantire un cadavere. Nel 1961, lo spettacolo fu trasferito al Greenwich Village di New York. Nel 1955 Louis Armstrong registrò una versione jazz del brano, nella quale inserì per errore il nome di «Miss Lotte Lenya»: leggendo un cast della produzione teatrale, pensò che si trattasse di un personaggio e non dell’attrice. Quell’equivoco entrò però stabilmente nella canzone. La versione di Armstrong fu relativamente «innocua», omettendo le parti più brutali – tra cui un passaggio su una donna violentata nel sonno.

Bobby Darin assistette a una rappresentazione dell’opera nel 1958 al Greenwich Village e decise di includere «Mack The Knife» nei suoi concerti, rielaborandolo in chiave swing con grande originalità. Quando nel 1959 progettava l’album di standard That’s All, scoprì che l’amico Buddy Greco stava per registrare anche lui quel brano. Darin si affrettò a inciderlo e pubblicarlo prima del rivale. La sua versione, che eliminava le allusioni più cruente, culminava con il celebre verso «Look out, ol’ Mackie’s back!», un colpo di genio. Il disco uscì nel maggio 1959, mentre Dream Lover (con Neil Sedaka al piano) era già in classifica. Vista la popolarità del brano nei concerti, fu naturale pubblicarlo anche come singolo: raggiunse il primo posto, proprio come Dream Lover. La versione di Darin è celebre anche per la sua costruzione musicale in crescendo, scandita da ben cinque cambi di tonalità. La canzone è divenuta un classico, reinterpretato da una miriade di artisti: da Les Paul a Frank Sinatra, da Peggy Lee a Sting, ma nessuna versione ha eguagliato, in intensità, quella di Ella Fitzgerald e Duke Ellington, registrata al Festival Jazz à Juan nel 1966. In quell’esecuzione Fitzgerald riesce a modulare ben undici tonalità diverse.

Nel frattempo Buddy Greco, che nel 1960 era entrato in classifica con The Lady Is a Tramp, giurò di non rivelare mai più a nessun collega cosa stesse preparando. Un aneddoto memorabile riguarda ancora Ella Fitzgerald. In un documentario di Radio 4 intitolato Ella in Berlin, si racconta di quando la cantante, avendo appreso il testo di «Mack The Knife» solo durante il tragitto per Berlino, dimenticò alcune strofe a metà esecuzione. Da grande professionista, improvvisò con brillante ironia, inserendo versi come: «Oh what’s the next chorus, to this song, now, this is the one, now I don’t know…» Seguita da: «Oh Bobby Darin and Louis Armstrong, they made a record, oh but they did, and now Ella, Ella, and her fellas, we’re making a wreck, what a wreck of Mack the Knife». Probabilmente non si preoccupò più di tanto. La maggior parte del pubblico tedesco, dopotutto, non conosceva l’inglese. A proposito di omicidi, negli anni ’80, il motivo fu adattato per una pubblicità dei panini McDonald’s. Il titolo? Mac Tonight. Ovviamente, senza accenni a coltellate, sangue o corpi fatti sparire.

Bobby Darin
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