«Magic Miles» della Jodice Bros Jazz Orchestra, un tributo ricco di colpi di scena (Barly Records, 2025)

Dal punto di vista stilistico, il progetto bilancia fedeltà alla tradizione e capacità di innovazione. Gli arrangiamenti per big band enfatizzano l’impatto orchestrale delle composizioni senza soffocare la spontaneità dell’improvvisazione, creando un prodotto che si posiziona tra la celebrazione di un’eredità musicale e la sua attualizzazione.
// di Francesco Cataldo Verrina //
«Magic Miles» della Jodice Bros Jazz Orchestra, edito dalla Barly Records, rappresenta un omaggio rispettoso ma non imitativo alla figura di Miles Davis, non solo attraverso la riproposizione di alcuni suoi capolavori, ma anche tramite una rilettura equilibrata che unisce rispetto per la tradizione e sperimentazione contemporanea. Sotto la direzione di Pino Jodice, l’ensemble si confronta con numerose composizioni che spaziano dagli anni ’50 agli ’80, includendo l’iconica «Kind Of Blue» (1959) e le più recenti incursioni elettriche o legate alla svolta funk del trombettista, come «Tutu» (1986). Tale approccio bifronte si rivela efficace nel mettere in luce sia le capacità compositive ed esecutive dell’orchestra, sia la sua consapevolezza per il peso storico del materiale affrontato. L’approccio adottato dalla Jodice Bros Jazz Orchestra si distingue per un’attenta cura negli arrangiamenti e un’interazione equilibrata tra gli assunti basilari del repertorio davisiano e la sua disponibilità ad inedite soluzioni interpretative. La presenza di guest di alto livello, tra cui Giovanni Falzone, Cinzia Tedesco, Ciccio Merolla e David Blamires, conferisce ulteriore dinamismo al progetto, arricchendo la narrazione strumentale con contributi vocali che sfidano e bypassano la riproduzione fedele del costrutto primigenio a favore di una rilettura personale e innovativa.
La track-list non si limita ad una selezione canonica del repertorio di Davis; alcune scelte sottolineano la volontà di esplorare il lato più eclettico del portato musicale di Davis, evidenziando il dialogo continuo tra il jazz e altri generi. Dal punto di vista stilistico, il progetto bilancia fedeltà alla tradizione e capacità di innovazione. Gli arrangiamenti per big band enfatizzano l’impatto orchestrale delle composizioni senza soffocare la spontaneità dell’improvvisazione, creando un prodotto che si posiziona tra la celebrazione di un’eredità musicale e la sua attualizzazione. In definitiva, «Magic Miles» si configura non soltanto come un tributo a Miles Davis, ma anche come una testimonianza della sua continua influenza sulla musica contemporanea. Grazie alla qualità esecutiva della Jodice Bros Jazz Orchestra e alla non convenzionale trattazione del repertorio, l’album si inserisce nel panorama jazzistico come un’opera che riesce a celebrare il passato dialogando con il presente. L’arrangiamento, pur eccessivamente denso, non compromette mai la chiarezza melodica e l’emersione dei singoli strumenti.
«Splatch», composto dal bassista Marcus Miller, rappresenta uno dei marchi più caratteristici del Miles Davis post-elettrico degli anni ’80. Con un groove incisivo e linee di basso marcate, «Splatch» incarna l’essenza del jazz-funk sperimentale che Davis abbracciò nell’ultima fase della sua carriera e che mette in evidenza la sezione ritmica dell’orchestra. Guidata da Pino Iodice. «Tutu» di Marcus Miller , titolo dell’album omonimo del 1986, è un perfetto esempio della fusione tra jazz e sonorità elettroniche, con bassi profondi, sintetizzatori e una struttura ritmica ben definita. La Jodice Bros Jazz Orchestra lo ripropone con una personalità unica, impreziosita dalla tromba di Giovanni Falzone, catturandone il mood originale ed aggiungendo elementi di trasversalità e complessità armonica. «Magic Miles», un’ode originale a Miles Davis, scritta da Pino Jodice, viene magnificata della vocalità di Cinzia Tedesco e dal rap freestyle di Ciccio Merolla, arricchendo il panorama sonoro con elementi e contaminazioni stilistiche. «Human Nature» ,originariamente scritto da Steve Porcaro per Michael Jackson in occasione dell’album Thriller (1982), sottolinea il legame tra il jazz e il pop, perlustrando una melodia soave e strutturata attraverso una raffinata reinvenzione della Jodice Bros Jazz Orchestra, in cui la voce di David Blamires fa emergere la volontà di indagare nuovi territori stilistici.
«What It Is» a firma Davis, testimonia l’approccio elettrico del Miles anni ’80. con un sound deciso, un interplay dinamico tra i vari strumenti e una marcata presenza ritmica. «So What», solco di apertura di «Kind of Blue», uno dei capisaldi del jazz modale, è segnato dall’inconfondibile riff iniziale e dal dialogo fra la tromba ed il sax che lo rendono uno dei pezzi più iconici della discografia jazz di tutte le epoche. La JBJO affronta il tema con un approccio rispettoso, evitando l’imitazione e privilegiando una reinterpretazione che, pur mantenendo l’integrità delle strutture armoniche, ne rielabora le dinamiche e le textures. «Freddie Freeloader» di Miles Davis, è un blues sincopato che vede nella versione originale la partecipazione di Wynton Kelly al pianoforte, al posto di Bill Evans. La Jodice Bros Jazz Orchestra lo restituisce al mondo degli uomini in tutta la sua vivacità ritmica, in cui i singoli assoli brillano per equilibrio e tenuta, mostrando l’abilità e la coesione dell’ensemble. «Blue In Green», componimento malinconico e contemplativo, viene di solito associato al pianismo etereo di Bill Evans, del quale l’orchestrazione della Jodice Bros Jazz Orchestra enfatizza la dimensione armonica e la delicatezza del tema. La scrittura orchestrale risulta particolarmente curata, permettendo ai solisti di esprimere la propria individualità. «All Blues», riconosciuto esempio di blues modale, con il suo inconfondibile tempo in 6/8, conferisce all’impianto sonoro un movimento fluido e avvolgente. La JBJO riesce a mantenere il feeling originale, arricchendolo di nuovi cromatismi. «Flamenco Sketches» sempre da «Kind Of Blue», è una suite improvvisativa in cui i musicisti esplorano cinque diverse tonalità in sequenza. La rivisitazione orchestrale aggiunge ampiezza e profondità alla già suggestiva atmosfera originaria, sviluppando un’esperienza d’ascolto immersiva. Tutte queste perle del catalogo davisiano, attraverso il progetto «Magic Miles», non solo celebrano la magnificenza del trombettista, ma ne esplorano ipotetiche combinazioni ritmico-armoniche, grazie agli arrangiamenti curati e alla varietà dei singoli contributi. In ogni passaggio dell’album. L’orchestra sancisce una ragguardevole padronanza tecnica, corroborata dalla precisione esecutiva e dalla coesione tra i vari strumenti. La scrittura orchestrale, curata nei dettagli e con una gestione sapiente degli spazi solistici, permette ai singoli esecutori di esprimere la propria individualità senza compromettere l’equilibrio complessivo.
