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L’influsso del Brasile è palpabile, eppure Comoglio riesce a mantenere la propria voce distintiva. Le melodie emergono fluide, naturali, come se fossero sempre esistite, pronte ad essere scoperte.

// di Francesco Cataldo Verrina //

«C’è la musica bella, quella brutta e poi c’è la musica brasiliana». Questa celebre frase di João Gilberto risuona come un invito a immergersi nell’universo sonoro vibrante e poliedrico del Brasile. Daniele Comoglio, sassofonista e compositore, ha risposto a tale chiamata con il suo nuovo album «Paradeiro», un’opera che si propone non solo di esplorare le radici della musica brasiliana, ma anche di intrecciarle con il jazz moderno in un affascinante ballo di melodie e ritmi.

Registrato in due sessioni – una a Prato in stile quasi jam e l’altra, più strutturata, a New York – «Paradeiro» si svela attraverso nove brani che raccontano storie di viaggio ed esplorazione, tanto musicali quanto esistenziali. Con i suoi sei brani originali, Comoglio esprime l’influenza e l’effetto trasformativo che ha avuto il Brasile su di lui, come se avesse trovato una nuova voce attraverso il suo sassofono. Il titolo stesso dell’album, «Paradeiro»,che in portoghese significa «destino» o «meta», suggerisce un percorso di scoperta. Le composizioni di Comoglio si arricchiscono di influenze di nomi illustri come Milton Nascimento e Djavan, creando un arazzo di sonorità dove il samba, il baião, la bossa nova e l’afoxé danzano insieme in un abbraccio di cadenzate armonie e cromatismi avvincenti. Con questo disco, il musicista originario di Gattinara, ma da anni residente a Milano, ha voluto sposare l’amore per il jazz alla passione per il Paese sudamericano da cui è rimasto sedotto e musicalmente influenzato. «Dal ritorno dal Sudamerica, è nata spontaneamente l’esigenza di voler scrivere dei brani strutturati, con forme complesse, come a voler raccontare delle storie brevi o più articolate. Le melodie mi sono venute in modo naturale, perché, oltre ad avermi affascinato tanto, il Brasile mi ha cambiato la vita», afferma Comoglio.

Comoglio non è solo a «danzare sul mondo», ma per questo progetto si avvale della collaborazione di accreditati talenti del jazz brasiliano: Helio Alves al pianoforte, i bassisti Gili Lopes e Nilson Matta, e i batteristi Rafael Barata e Duduka Da Fonseca. Ognuno di loro porta con sé una cospicua eredità, convertibile in suoni, ritmi e note, tanto da rendere l’album un incontro trans-generazionale. L’ascoltatore viene avvolto e risucchiato, come in una spirale, da una sinfonia di suoni che oscillano tra il nostalgico e il contemporaneo, dove ogni nota sembra raccontare una nuova storia. L’influsso del Brasile è palpabile, eppure Comoglio riesce a mantenere la propria voce distintiva. Le melodie emergono fluide, naturali, come se fossero sempre esistite, pronte ad essere scoperte. «Paradeiro» è molto più di un semplice album; è un viaggio, una riflessione e un’invocazione della divinità della musica. L’organico ha dato vita a due diversi quartetti che si alternano nel disco, dando vita a una pluralità di soluzioni ritmiche e timbriche che rendono «Paradeiro» un lavoro ricco di sfumature in cui i generi si fondono con un ottimo dosaggio tra scrittura e improvvisazione.

Nel complesso, «Paradeiro» è un inno alla gioia che solo la musica brasiliana sa trasmettere, un lavoro che invita l’ascoltatore a lasciarsi andare e a lasciarsi trascinare dalle sue sonorità travolgenti. Tra questi spiccano «Molecada», «Depois Da Chuva», «Julye» e la title-track, «Paradeiro», tutti elaborati con garbo ed equilibrio esecutivo, rispetto della forma, nonché alimentati da una spinta melodica a combustione rapida. «Molho Con Pimenta», scritto a quattro mani con il chitarrista Luigi Meneghello, aggiunge un tocco piccante e giocoso. Il disco si completa con tre composizioni non originali: l’immersiva «Retrato em Branco e Preto» di Antonio Carlos Jobim e Chico Buarque, «Paraty» del contrabbassista Nilson Matta, e «Dona Maria», con in calce la firma di Duduka Da Fonseca. In un mondo dove spesso ci si dimentica di fermarsi e ascoltare, Comoglio ci ricorda che la vera essenza della musica nasce dalla connessione profonda che essa riesce a creare tra gli esseri umani. In ogni nota dell’album si sente l’eco di un viaggio, una voce lontana, un colore intenso, un’ode alla vita e alla musica. Un’esperienza sonora, degna di essere assaporata come un esotico frutto maturo.

Daniele Comoglio

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