Daniele Cavallanti A World Of Sound con «A Wall Of Sound», un’ode a una un’eredità musicale che sa guardare al futuro (Felmay, 2025)

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La chimica tra i membri del line-up si percepisce chiaramente, foriera di un sound ricco e avvolgente, che affonda le radici nella profondità della musica afro-americana degli anni ’60, reinterpretata con una sensibilità contemporanea.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Daniele Cavallanti si ripropone con la sua ultima incarnazione, A World Of Sound. La formazione, capitanata dal tenorista è arricchita dalle soavi intersezioni di Francesco Chiapperini – flauto e clarinetto basso – capaci di sprigionare una magica fusione che evidenzia la potenza e la scioltezza del linguaggio jazzistico. Completati da Gianluca Alberti al contrabbasso e Tony Boselli alla batteria, i quattro musicisti hanno dato vita ad un album che rappresenta, senza dubbio, un viaggio sonoro unico, tra storia e immaginazione. «A Wall of Sound», pubblicato dalla Felmay Records, rappresenta il terzo capitolo della discografia del gruppo, dopo «A World Of Sound Quartet» (2014) e «Shadows» (2019), nonché il continuum del percorso musicale intrapreso dal sassofonista e compositore milanese dal 2013. Daniele Cavallanti, attivo sulla scena dagli anni Settanta, porta con sé una ricco background che si riflette nella sua scrittura e nelle interpretazioni del gruppo che lo sorregge. La sua carriera, costellata di collaborazioni con nomi illustri e fondazioni di ensemble di notevole spessore, aggiunge ulteriore valore a «A Wall Of Sound».

Il repertorio proposto riesce a trasmettere immediatezza e nostalgia, attingendo in massima parte al passato, con molti tributi ai giganti del jazz: da Wayne Shorter a Ornette Coleman, intercalati da alcune composizioni nuove di pacca. In questo affresco, ogni esecuzione di Cavallanti e soci tesse un ideale fil rouge che si snoda tra le visioni innovative di Shorter e la ricerca melodica di Carla Bley. Nel dettaglio, il repertorio comprende due brani originali di Cavallanti: «S.O.S.», dedicato a John Surman, Mike Osborne e Alan Skidmore; «Downtown Braxtown», che onora la figura di Anthony Braxton. Questi pezzi, impreziositi dalla straordinaria abilità improvvisativa del line-up, si affiancano a classici di Wayne Shorter e Ornette Coleman, come «Armageddon», «Charcoal Blues» e «Street Woman», oltre a un arrangiamento d’eccezione di una punta di diamante della discografia di Carla Bley, «Jesus Maria». Le qualità strumentali dei membri del gruppo sono indiscutibili. L’integrità e la sincerità delle loro esecuzioni brillano come una luce in un panorama musicale dove spesso l’apparenza risulta prevalente sulla sostanza. Qui, non ci sono compromessi. La loro scelta di mantenere un’identità originale, in un settore di nicchia della scena jazzistica, dimostra un coraggio e una coerenza che travalicano le mode del momento.

La chimica tra i membri del line-up si percepisce chiaramente, foriera di un sound ricco e avvolgente, che affonda le radici nella profondità della musica afro-americana degli anni ’60, reinterpretata con una sensibilità contemporanea. Insieme a Cavalcanti, il contrabbassista Gianluca Alberti, accreditato musicista nella scena milanese, apporta la sua dirompente energia, vibrante e tensioattiva, mentre Toni Boselli, rinomato per la sua versatilità, offre una base ritmica solida e dinamica. Un particolare riconoscimento va al polistrumentismo di Chiapperini. La sua versatilità, basata sull’essenza eterea del flauto e sui passaggi incisivi al clarinetto basso e al sax alto, arricchiscono l’interplay, rendendo il dialogo tra i fiati un’esperienza cinetica e coinvolgente. In conclusione, «A Wall Of Sound» non va interpretato come un semplice sguardo al passato, ma piuttosto una celebrazione di un’eredità musicale che, pur mantenendo viva la tradizione, sa reinventarsi senza compromessi. Il disco è un’ode alla coerenza, un invito a esplorare le sfumature del jazz non come semplice intrattenimento, ma quale profondo e sentito atto d’amore per la musica dei «padri fondatori», al netto degli input lanciati da un mercato sempre più appiattito e manieristico.

A World Of Sound non è solo il nome di un gruppo, ma un credo e una fede che attraversano gli accadimenti musicali di ieri, oggi e domani, un incontro al vertice che non solo celebra il jazz e le sue radici, ma invita l’ascoltatore a riflettere, a scoprire e a lasciarsi trasportare da un suono che è al contempo sedimentato nella storia e fluido nel guardare al futuro. Il risultato è un lavoro immersivo che celebra il jazz e le sue radici afrologiche, riportandone in auge l’humus e le dinamiche espositive. «A Wall Of Sound» è senza dubbio una tappa fondamentale nella discografia di Daniele Cavallanti, ma soprattutto un’esperienza sonora consigliata agli amanti del jazz non propriamente mainstream e convenzionale.

Daniele Cavallanti-A World Of Sound

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