Kronos Quartet: Una filosofia del suono

Kronos Quartet
Il Kronos all’inizio suona solo musica classica, ma ben presto si contamina pop, rock, jazz, folk, world e contemporanea (spesso appositamente dedicatagli da artisti del calibro di Philip Glass, Terry Riley, Alexandra Vrebalov Henryk Górecki e Ástor Piazzolla).
// di Guido Michelone //
Il 21 giugno 2024 il Kronos Quartet fa uscire per la Red Hot Records Outer Spaceways Incorporated: Kronos Quartet & Friends Meet Sun Ra, un album dedicato alle musiche del compianto leader tastierista della celeberrima Arkestra, al secolo Herman Poole Blount (1914-1993). Il fondatore originale del quartetto David Harrington (violino), ora assieme a Gabriela Dìaz (violino), Ayane Kozasa (viola) e Paul Wiancko (violoncello) viene incaricato dall’associazione a scopo benefico Red Hot Org di effettuare un progetto particolare: esplorare la discografia di un’icona del Novecento sonoro (in particolare nell’ambito del free jazz) come Sun Ra, assieme a un coloratissimo ventaglio di musicisti protagonisti di generi anche eterogenei.
Nel disco vi sono dunque, oltre il Kronos Quartet onnipresente, tredici diversi nomi per altrettanti brani, e quindi in scaletta si trovano Georgia Ann Muldrow e Jacob Garchik (Outer Spaceways Incorporated), Jlin (Maji), Laraaji (Daddy’s Gonna Tell You No Lie), Laurie Anderson, Marshall Allen, Sex Mob (Images Suite), Nicole Lizée (Furthest Out Things), Anderson e Allen (Phenomenon), Zachary James Watkins (Black Body Radiance), RP Boo e Armand Hammer (Blood Running High), Anderson e Allen (The Wuz), 700 Bliss (Secrets Of The Sun), Secret Chiefs 3 (Love In Outer Space), Evicshen (Three Seasons On The Tempestuous Twelve Inch Planet), Terry Riley e Sara Miyamoto (Kiss Yo’ Ass Goodbye). Il critico Damiano Pandolfini su «Onda Rock» scrive a proposito del disco edito anche in vinile: “ Il risultato stuzzica, strattona e diverte proprio in virtù di tali coordinate ‘altre’. Che poi il soggetto in questione era già poco allineato in partenza, tramite una lunga serie di ruminanti improvvisazioni mirate all’esplorazione di costellazioni lontane, va da sé che una raccolta come Outer Spaceways Incorporated: Kronos Quartet & Friends Meet Sun Ra si presenti più come un ‘divertissement – pur con una nota che scalda il cuore: su tre brani ritroviamo infatti il suo vecchio collega Marshall Allen, oggi arzillo centenario ancora in possesso del proprio sassofono”. Questa novità dell’ultima ora consente di affrontare ora la storia (parziale, mediante tre soli cd) di un gruppo straordinario.
Creato nel 1973 e dal 1978 con sede a San Francisco, il gruppo cameristico sperimentale per antonomasia con il leader e fondatore David Harrington (primo violino) consta di svariati cambiamenti d’organico, nonostante un lungo periodo (1978-1999) di stabilità con John Sherba (secondo violino), Hank Dutt (viola), Joan Jeanrenaud (violoncello). Aggiornata al giugno 2024, la discografia del Kronos Quartet comprende 43 album in studio, 2 compilation, 5 colonne sonore e 29 contributi a dischi di altri artisti. Il Kronos all’inizio suona solo musica classica, ma ben presto si contamina pop, rock, jazz, folk, world e contemporanea (spesso appositamente dedicatagli da artisti del calibro di Philip Glass, Terry Riley, Alexandra Vrebalov Henryk Górecki e Ástor Piazzolla). La musica del Kronos “copre il ‘chi è chi’ dei compositori del XX secolo”, come nota un critico nel 1998. Al di fuori del genere della musica classica, Kronos collabora volentieri con un gran numero di altri artisti, in particolare artisti pop-rock, quali ad esempio Joan Armatrading, Dave Matthews Band, Andy Summers, Nelly Furtado e Nine Inch Nails. Il quartetto ottiene fin da subito un notevole positivo risconto di pubblico e di critica e nel 1998 (l’anno del 25° anniversario del gruppo) le vendite superano il milione e mezzo di album, con titoli che si piazzano ai primi posti in varie classifiche di «Billboard»; ad esempio nel 1992 Pieces of Africa raggiunge la vetta della hit parade nella classifica Top World Albums, mentre undici anni dopo vince un Grammy per il cd Lyric Suite. Nell’impossibilità di commentare l’abbondante discografica del gruppo, è necessario ora soffermarsi su tre album, registrati per la Nonesuch (miglior label per la classica contemporanea) in un lasso di tempo circoscritto (quattro anni, uno nel 2001 e due nel 2005) che rappresentano scelte tematiche a loro volta indicatrici sia di una filosofia del suono sia del modo di procedere dentro un mondo della contemporaneità sempre più globalizzato, anche a livello acustico.
Il 4 settembre2001 con Terry Riley. Requiem for Adam il Kronos Quartet ritorna, a vent’anni dai primi lavori, a perpetuare il grande sodalizio: il maggior quartetto d’archi del Nuovo Millennio e uno dei massimi compositori della scena colta nordamericana. I punti in comune tra il Kronos Quartet da un lato e Terry Riley dall’altro sono infatti molti, al di là delle più o meno regolari collaborazioni da G-Song (1980) a Mythic Birds Waltz (1983), fino a Salomé Dances for Peace (1985-86). Tanto il gruppo quanto l’autore si muovono su un territorio di frontiera che dalla musica classica in senso stretto approda verso confini ignoti, guardando anche a lungo alle esperienze giovanili. Ad esempio il minimalismo orientaleggiante di Riley si manifesta negli anni Sessanta in un album come A Rainbow in Curved Air distribuito in un collana pop e diventato cult presso gli hippies europei e statunitensi. Il Kronos compie invece un percorso in senso inverso: dalla dodecafonia e dall’atonalismo via via include nel proprio repertorio materiali eterogenei, giungendo addirittura a riscrivere per string quartet il folclore africano, le canzoni di Jimi Hendrix e Bob Marley o il jazz di Bill Evans e Thelonius Monk. In entrambi i casi non c’è nulla da eccepire: Riley è un autore preparato, in grado di conciliare tradizione e modernità, il Kronos qui formato da David Harrington (violino), John Sherba (violino), Hank Dutt (viola), Jennifer Culp (violoncello), oltre lo stesso autore al pianoforte, possiede un virtuosismo che ogni volta sfiora la perfezione assoluta. In questo disco troviamo dunque un lungo requiem dedicato ad Adam Harrington, composto nel 1998 a tre anni dalla morte avvenuta per embolia durante una gita in montagna, a cui allude il secondo movimento dell’opera. Infatti Requiem for Adam si compone di tre parti: la prima Ascending the Heaven Ladder è una lenta reiterazione di sole quattro note variate; la seconda Cortejo Funebre en el Monte Diablo diventa assai vivace in quanto inserisce un’integrazione elettronica che a sua volta manipola fiati e percussioni; la terza, title track, è il vero e proprio requiem con un forte ostinato degli archi di venti minuti. L’album termina con il brano The Philosopher’s Hand per piano solo eseguito dallo stesso Riley, quasi una intimistica romanticheria in cui si può riconoscere un sound quasi alla Keith Jarrett.
L’11 gennaio 2005 con Mugam Sayagi: Music of Franghiz Ali-Zadeh, il Kronos Quartet regala un nuovo entusiasmante disco. Come già accaduto sovente con il precedente fortunato Requiem for Adam dove a comporre è Riley, adesso tocca alla meno nota ma non per questo meno brava Franghiz Ali-Zadeh autrice e pianista nata il 28 maggio1947 a Baku nell’Azerbagian, ex repubblica sovietica, terra di confine tra le culture turca, araba e persiana. Tuttavia, senza mai abbandonare le proprie radici e al di là del triste foclorismo che le impone da giovane il regime comunista, la Ali-Zadeh riesce a coltivare anche un’estetica filooccidentale, guardando agli sperimentalismi postdodedecafonici e diventando in patria un’eccellente interprete al pianoforte delle musiche di Messiaen, Crumb e Cage. Da quest’arcobaleno di novità e tradizione quindi si sviluppa un percorso artistico originalissimo, che il CD e il Kronos Quartet mettono benissimo in evidenza grazie soprattutto ai tre lunghi pezzi che la compositrice scrive perecipuamente in epoche diverse: Mugam Sayagi (1993) è il più deciso, Oasis (1998) forse il più mistico, Apsheron Quintet (2001), che è appunto un quintetto con l’autrice stessa al pianoforte, risulta infine l più complesso e variegato. E c’è anche il tempo per un’esibizione solistica in Music for piano (1989/1997) che però non stona con tutto il resto, anzi aggiunge qualcosa in più alla fortuna critica di questa grande musicista, ancora misconosciuta al pubblico occidentale, ma che da allora Harrington, Sherba, Culp, Dutt (più ospite in qualche brano Scott Fraser, Bonnie Barnett, Mark Grey) renderà senz’altro famosa e cosmopolita.
Per concludere, il 23agosto 2005 con You’ve Stolen My Heart, a nome Kronos Quartet & Bhusle Asha, si nota con sempre maggior evidenza che, dopo l’avanguardia, il gruppo si spinge a esplorare i territori delle musiche popolari di ogni latitudine: jazz, rock, folk, world music di ogni continente che viene poi trascritta per due violini, viola, violoncello non senza la partecipazione diretta di strumentisti autoctoni. E quindi, si arriva nel disco ad affrontare una musica oggi in parte alla moda, ma che rientra in una realtà molto complessa: si parla ovviamente della musica indiana da film, di quell’industria cinematografica denominata Bollywood (ossia Hollywood a Bombay) che è la più grande del mondo come fatturato e quantità di pellicole girate ogni anno. In questo mare magnum di lungometraggi spesso dozzinali non è facile orientarsi: anche le stesse riedizioni su CD osannate come summa di una lounge music perfetta in verità risultano alquanto eterogenee, fra anacronismi, velleità e tanto cattivo gusto. Ma il Kronos Quartet sa trovare la chiave di lettura artistica e coerente, che riguarda una triplice soluzione: Harrington, Sherba, Dutt, Culp si affidano anzitutto a un compositore sicuro, ossia a Rahul Dev Burman, in pratica l’Ennio Morricone orientale; in seguito i quattro non lavorano solo con partiture strumentali, ma inseriscono una cantante, Asha Bhosle, la migliore in circolazione, anche perché quasi tutti i brani in origine sono cantati. C’è pure da aggiungere che il Kronos e la Bhosle si circondano di un paio di noti esecutori locali, Zakir Hussain (percussioni) e Wu Man (fiati e sitar), oltre diversi comprimari (Wu Man, Gustavo Santaolalla, Scott Fraser, Judith Sherman, James Quinn, Anand Bhostle, Enrique Gonzalez Müller) senza nemmeno escludere l’uso di strumenti elettronici adoperati talvolta dallo stesso Kronos. Il risultano è infine magniloquente, una volta entrati nello spirito di una filosofia del suono al contempo melodico e iterativo, che a sua volta si basa su performance vocaliche assolute.
