Intervista a Stefania Tallini
// di Mauro Zappaterra //
“Brasita” è il nuovo disco di Stefania Tallini, con Gabriel Grossi e Jaques Morelenbaum, pubblicato di recente su AlfaMusic. Una delle cose che ti fa diventare un estimatore di Stefania Tallini è che ogni suo progetto ha caratteristiche a sé stanti, ogni lavoro ha un suo percorso artistico e personale, un sua finalità musicale e spirituale.
D- Ciao Stefania, nella tua vita artistica hai prodotto molti progetti, con tipi di combo sempre diversi, negli 11 dischi fin qui realizzati: dal piano solo di The Illusionist, al duo di Viceversa e Intimidade, al trio di Uneven, al quartetto di Maresia, al quintetto di Dreams e arrivando alla recente collaborazione nell’orchestra Dino & Franco Piana Ensamble. Raccontaci come riesci a immergerti in questa molteplicità di formazioni, e, se c’è, in quale dimensione ti senti più realizzata?
R-Devo dire che mi sento sempre realizzata quando suono e quando lo faccio con musicisti che stimo tanto. Poi registrare nel disco del Dino & Franco Piana Ensemble è stato davvero un grande onore per me. Per quanto riguarda i miei progetti, essi rappresentano sempre un periodo particolare della mia vita e sono legati a miei vissuti personali, che si trasformano poi in musica. Quindi mi ci immergo ogni volta in modo appassionato, perché ogni progetto è un modo per raccontarmi e raccontare la “me” di quel momento.
D-La tua musica travalica i confini di genere, arrivando a fondere molteplici influenze, dalla classica, al jazz, alla musica latina: che influenza ha avuto la tua formazione nello sviluppo del tuo “modus operandi” in tema di composizione ed arrangiamento?
R- Credo che le influenze musicali si manifestino sempre in modo sotterraneo, silenzioso e tutti gli studi e gli ascolti fatti nella mia vita sono andati inconsapevolmente a finire nel mio modo di comporre e arrangiare, che avviene totalmente a orecchio, quell’orecchio che si è nutrito di tanta musica classica, jazz e brasiliana, appunto.
D- Il tuo nuovo disco, Brasita, vede al tuo fianco due grandi musicisti brasiliani, Gabriel Grossi e Jaques Morelenbaum, il Brasile è da sempre parte integrante della tua cultura ed espressione artistica:
Com’è nata e come si è sviluppata nel tempo questa tua esperienza?
R- È una passione nata ancor prima di quella per il jazz (scoppiata, questa, quando avevo 17 anni, dopo aver ascoltato un disco di Chet Baker), quando ancora adolescente ascoltavo i dischi in particolare di Tom Jobim e Vinicius De Moraes. Amavo la malinconia e la profondità di quella musica e mi ci tuffavo dentro con tutta me stessa. La cercavo, ne avevo bisogno e mi ha sempre accompagnato nella vita, a volte con più forza, altre volte con meno intensità. Nel 2008 ho registrato due dischi con il clarinettista Gabriele Mirabassi, il primo dei quali (“Maresìa” – AlfaMusic) aveva già un leggero respiro e un colore brasiliani. Lui era l’interprete perfetto per le musiche che avevo scritto per quel disco, essendo un profondo conoscitore della musica brasiliana. E proprio in quel periodo cominciò a parlarmi di tanti compositori che ancora non conoscevo… Così ho cominciato a cercare, ad approfondire, a studiare seriamente quel mondo anche in termini pianistici. Ma credo che anche il mio modo di comporre si sia nutrito moltissimo di quell’atmosfera, negli aspetti melodici e armonici. Negli ultimi anni mi è quindi capitato spesso di lavorare e registrare con musicisti brasiliani come Guinga, Roberto Taufic, Marcus Tardelli, Sergio Galvao; arrivando ad oggi, con Gabriel Grossi e Jaques Morelenbaum. Insomma, un profondo fil rouge mi lega da sempre al Brasile, che sento come la mia seconda patria, e non solo in senso artistico.
D- In “Brasita”, si fondono due mondi così lontani geograficamente, ma sono ben presenti ed evidenti tutte le componenti “di genere” della tua musica: com’è nato questo progetto, qual è stata la scintilla che ha acceso il tuo desiderio di realizzare questo disco?
R- La scintilla è stata il grande feeling con Gabriel Grossi, con cui ho un duo nato prima del Covid. Abbiamo fatto tanti concerti insieme e questo nel tempo ha portato naturalmente a voler incidere un disco insieme. Poi tutto si è fermato a causa dei vari lockdown, ma a maggior ragione il nostro desiderio di realizzare il disco è stato ancora più forte, proprio a dispetto del Covid. Ed entrambi, pensando ad un ospite, abbiamo pensato subito a Jaques Morelenbaum, che rappresenta appieno la nostra concezione musicale di fusione tra generi, senza confini temporali e di luogo.
D- “Brasita” è stato scritto in piena pandemia: quanto hanno influito le conseguenti restrizioni, e qual è stato il metodo che avete utilizzato per arrivare ad un risultato che rispecchiasse il vostro comune intento?
R- I mezzi tecnologici sono una grande cosa… Ci siamo confrontati telefonicamente, o mandandoci delle registrazioni di idee da realizzare, e anche la nostra primissima collaborazione con Jaques è avvenuta registrando a distanza la mia ninna nanna “A Veva”. Ed è stato subito feeling anche con lui!
D- Il disco è composto da melodie struggenti, da atmosfere latine, da ritmi jazz e da effluvi di intenso classicismo, in pezzi a firma singola, doppia e rivisitazioni di alcuni classici: come avete scelto il bouquet di brani da inserire e cos’ha significato per te in particolare la presenza di Jaques Morelenbaum nel progetto?
R- Le scelte sono nate durante i viaggi in macchina, fatti con Gabriel per andare a suonare in giro… un confronto continuo sulle nostre passioni musicali comuni, scoprendo quante incredibili affinità avevamo. Poi la cosa è continuata a distanza durante il Covid e proprio questa impossibilità dovuta ad esso, ha scatenato ancora più forte il desiderio di fare una cosa bella. E la presenza di Jaques non ha fatto che confermare tutto questo. E’ un’emozione indescrivibile per me dividere il palco con lui. Solo sapere che è stato a stretto contatto con Jobim, il mio grande idolo, mi fa stare bene, mi dà allegria! Ho ascoltato tanti di quei dischi di Jobim in cui c’era lui, così come i dischi con i suoi stessi progetti. Quel suo suono ce l’ho in testa e nel cuore da sempre ed ora, ascoltarlo in un mio progetto, è qualcosa di veramente speciale, oltre naturalmente all’incredibile prestigio che regala al nostro progetto Brasita.
D- “A Veva” è un brano di una bellezza tale da restarti cucito addosso una volta sentito, l’ho ascoltato in solo, in duo, in trio e non perde mai quella dolce magia compositiva che la caratterizza:
che genesi ha questo magnifico brano?
R- Veva è il diminutivo di Ginevra, che allora era una bimba di 8 anni. Ero e sono molto legata a lei (ora è una donna, ovviamente). Mi regalò un disegno: era pieno di colori, di strumenti musicali, di fiori e c’era scritto “per StefaGNA”, sì, con la “gn”! Ho lasciato per un po’ quel disegno in vista, sul tavolo accanto al pianoforte e un giorno l’ho ripreso in mano, l’ho guardato e non so perché mi è venuto da piangere… Mi sono seduta al piano ed è venuta fuori la prima parte del pezzo. Il giorno dopo ho composto la seconda. Io non so spiegarlo, ma è stato come se il brano fosse già pronto e dovevo solo tirarlo fuori. Misteri della composizione!
D- “Riotango” è un componimento molto intenso, con una intro dove il trio “scalda i motori pronto a scatenare i cavalli”, e quando attacca scopri quel sapore e quel calore molto argentini: come hai pensato l’arrangiamento, per coniugarlo con la presenza di due musicisti carioca?
R- “Riotango” è dedicato al nostro trio (per questo l’ho intitolato RIOtango). Quando ho saputo con certezza che avremmo fatto il disco e che Jaques aveva felicemente accettato di farvi parte, ero così felice immaginando quel suono di trio, che ho cominciato a scrivere l’ostinato iniziale e poi nel tempo è venuto fuori quel tango. L’arrangiamento è nato senza pensare che loro fossero carioca. Semplicemente la musica è andata nella direzione del suono che immaginavo, il suono di due musicisti che fanno della cantabilità e dell’espressività il tratto più marcato.
D- Da pochi giorni è uscito il CD del disco, prodotto da AlfaMusic, i cui prodotti sono da sempre sinonimo di grande qualità ed attenzione ai particolari: quali aspettative avete dopo la tournée di presentazione (finalmente) al pubblico?
R- Le aspettative sono sempre infinite, perché per noi artisti guardare al futuro della nostra musica è sempre la cosa più importante. E il futuro è per esempio che il disco dovrebbe uscire anche in Brasile, per la Biscoito Fino, forse la più importante etichetta discografica che c’è lì. E dovrebbe anche seguire un tour brasiliano, proprio in concomitanza con l’uscita del disco. Poi faremo altri concerti di presentazione in Italia.
D- Dal 2020 ad oggi hai realizzato o partecipato e ben tre album (Uneven, Reflections e Brasita):
quali sono i tuoi prossimi progetti, se puoi almeno in parte svelarli?
R- Il prossimo progetto, al quale tengo moltissimo, è il duo con il grande flicornista Franco Piana, con cui ho registrato un disco che uscirà nel 2023, sempre per AlfaMusic. Abbiamo fatto moltissimi concerti l’anno scorso, che sono sfociati poi in questa registrazione, che devo dire rappresenta appieno il feeling di questo duo e il nostro comune modo di approcciarci alla musica.
Grazie a Stefania Tallini per averci concesso un po’ del suo tempo e per averci accompagnato alla scoperta di “Brasita”. Stefania è davvero una persona squisita e disponile, speriamo di poterla rincontrare al più presto.