JazzEst

// a Cura della Redazione //

La nostra redazione ha deciso di recuperare alcune produzioni della Pugliese A.MA Recods, etichetta lungimirante e dal respiro internazionale, acutamente guidata e gestita da Antonio Martino.

Milena Jancuric – Shapes and Stories (A.MA Records, 2021)

A partire dalla seconda metà degli anni cinquanta il flauto inizia ad assumere nelle incisioni jazz il compito di esprimere con note alte, leggere, gioconde quello che il clarinetto aveva espresso nell’epoca dello swing. Fino a quel momento il flauto nelle note di copertina dei dischi veniva citato alla voce “altri strumenti”. Da Frank Wess e Bud Shank in poi passando attraverso Sam Most, Herbie Mann, Yusef Lateef sino ad arrivare a Sahib Shihab, James Moody, Roland Kirk e finire a Eric Dolphy e Sam Rivers (ma si potrebbero fare tanti altri nomi) il flauto ha assunto una sua autonomia. Probabilmente l’avvento dei microfoni ha creato le condizioni tecniche grazie alle quali questo strumento – svantaggiato nella competizione con la tromba o con il sassofono il cui suono penetrante lo sovrastava nelle sale da ballo degli anni venti e trenta – ha iniziato ad essere utilizzato come strumento solista in maniera adeguata. Milena Jancuric (Novi Sad, Serbia) è una flautista doc, per intenderci non una musicista che è arrivata a suonarlo passando attraverso il sassofono o il clarinetto (e se l’ha fatto se n’è subito distaccata) con una formazione accademica e una frequentazione degli ambienti statunitensi (Berklee College Of Music). La nostra etichetta si è accorta del suo talento quando ha deciso di pubblicare il disco della sua conterranea Sanja Markovic, apprezzando in particolare il suo approccio “aperto” scevro da sovrastrutture e condizionamenti. Milena è intensa e leggera nello stesso tempo e riesce con la sua sensibilità a farci superare quel pregiudizio che vuole che il timbro del flauto sia troppo ornamentale e frivolo. Tutto “Shapes And Stories” è intriso non solo di una conoscenza profonda delle possibilità dello strumento ma anche di una consapevolezza e di una conoscenza del lessico jazzistico straordinarie. Le due ballads finali, Blue Sparrow Dark Eyes e Dreams In You sintetizzano con le loro sonorità quello che vogliamo esprimere con le nostre parole. Ascoltare per rendersene conto. Milena Jancuric Flute; Aleksandar Dujin Piano; Ervin Malina Double bass; Petar Radmilovic Drums; Milan Jancuric Tenor saxophone; Aleksandra Denda Vocal; Lazar Novkov Accordion / Melodica

Ugljesa Novakovic – Reflections (A.MA Records, 2021)

Anche in Europa, così come negli Stati Uniti, il jazz ha dovuto adattarsi, col tempo, a convivere con uno smisurato numero di stili diversi. Il pubblico si è adattato a seguire, a seconda dei suoi gusti, qualunque tipo di musicista gli si ponga davanti, che si confronti con la tradizione, con lo swing, con il bop, con il free. Nonostante questo il jazz europeo resta ancora trascurato, talvolta anche dal suo stesso pubblico, sempre affascinato da tutto quello che viene dagli States. Per fortuna alcuni musicisti europei riescono, con la loro proposta, a far riconsiderare un siffatto metro di giudizio, attirando l’attenzione su di sé. In particolare in Serbia esiste una scena, misconosciuta ai più, che sta producendo non solo musica interessante ma anche intelligenze che a nostro avviso hanno tutte le carte in regola per farsi ascoltare al di fuori di quei confini. La nostra etichetta ha deciso di porre l’accento su alcuni di questi musicisti occupandosi della loro diffusione nel resto dell’Europa Occidentale. Dopo l’ottimo lavoro di Sanja Markovic oggi è il momento di far conoscere la musica del sassofonista Ugljesa Novakovic, una celebrità da quelle parti. Nel suo curriculum spicca la collaborazione con il trombettista Dusko Gojkovic, forse il più “americano” tra i musicisti dell’Est europeo, uno che vanta collaborazioni con giganti come Miles, Dizzy, Sonny Rollins e una militanza nella storica Clarke-Boland Big Band. “Reflections” è una raccolta di musica che dal jazz trae spunto in termini di apertura ma è soprattutto il risultato di un susseguirsi di riferimenti a stili che il sassofonista ha sedimentato negli anni grazie ad esperienze che gli hanno permesso di maturare una cifra assolutamente riconoscibile. Un certo tipo di attenzione alla cosiddetta “spiritualità” oggi tanto in voga – ed è qualcosa che in qualche modo lo accomuna alla Markovic – è ben evidente, ma è la sua profondità strumentale accompagnata da una filìa per melodie inconsuete che, ne siamo sicuri, sarà capace di arrivare alle orecchie dei fan più smaliziati. Ugljesa Novakovic Alto Saxophone; Aleksandar Grujic Piano; Andreja Stankovic Guitar; Milan Nikolic Double Bass; Aleksandar Cvetkovic Drums.

Max Kochetov Quartet – Altered Feelings (A.MA Records, 2022)

Se dovessimo oggi stabilire le coordinate della musica più up to date del momento, il cosiddetto “cosmic groove” (o spiritual jazz che dir si voglia) dovremmo ripercorrere a ritroso un periodo – quello a cavallo tra la seconda metà degli anni sessanta e la prima metà dei settanta – in cui i germogli di un miscuglio di psichedelia, spiritualità, jazz, rock, soul, funk e chi più ne ha più ne metta, furono piantati all’interno di un terreno di coltura in cui stavano fermentando grossi sommovimenti sociali e culturali. Il cosmic groove ha la sua ragione d’essere in un melting pot di influenze latine, africane, brasiliane, asiatiche e indiane ed è una musica che cerca connessioni, un tutt’uno tra corpo, mente e anima. Provate ad ascoltare uno qualsiasi dei dischi incisi da Pharoah Sanders in quegli anni, titoli come “Izipho Zam”, “Karma”, “Jewels of Thought”, “Summun, Bukmun, Umyun”, “Thembi”, “Black Unity”, “Elevation”, vi troverete religiosità, sperimentazione musicale, intrecci tra jazz modale, blues, gospel, tradizione indiana, poliritmia africana, bebop. Vi troverete un mondo coinvolgente e affascinante. E’ quello il mondo a cui si riferisce l’ucraino (di nascita, ma serbo di adozione) Max Kochetov. Sassofonista capace, profondo conoscitore del linguaggio dell’idioma afroamericano, ma soprattutto musicista dalla mentalità aperta e abile compositore, Kochetov in questo lavoro ci presenta una suite di 40 minuti concepita come un flusso continuo di emozioni a corrente alternata. C’è Coltrane e il suo sguardo verticale in questo flusso, c’è l’immersione all’interno di un mondo oggi dai più dimenticato (ma tornato, per fortuna, a mietere vittime presso i cultori di quello che continuiamo a chiamare jazz), c’è soprattutto la voglia di confrontarsi con una musica fortemente collegata ai tempi durissimi che stiamo vivendo, una sorta di evasione interiore dalla realtà che tutti stiamo attraversando, qualcosa in più di una semplice tendenza musicale. Abbiamo deciso – perdonateci – per una questione di opportunità commerciale, di dividere questa suite in otto brani distinti che però – ve ne accorgerete – funzionano come un tutt’uno nella loro sequenzialità. Max Kochetov e i suoi compagni d’avventura, con “Altered Feelings”, (il terzo episodio della sua produzione discografica) è un punto di vantaggio per noi, in termini di intensità musicale, e, soprattutto, è un’altra importante pubblicazione che arricchisce il catalogo A.MA Records. Max Kochetov Alto/Soprano Saxophones; Andreja Hristic Piano; Boris Sainovic Double Bass; Milos Grbatinic Drums / Special Guests: Ivan Radivojevic Trumpet; Samuel Blaser Trombone

Ivan Radivojevic Quartet – In Plain View (A.MA Records, 2022)

Nuova onda jazz serba. La chiamano così. E, da qualche tempo, è strettamente legata alla nostra etichetta. parliamo di Ivan Radivojevic, giovane trombettista (trentunenne) di Belgrado, che si è fatto notare suonando nel combo di Max Kochetov, di cui qualche mese fa abbiamo pubblicato “Altered Feelings” e precedentemente con Sanja Markovic nell’album “Ascension” del 2020. Radivojevic, come tutti quelli della sua generazione, è uno che si muove in modo tentacolare tra jazz e hip-hop, passando per incursioni nel reggae, nel rock e nel soul. Nel senso più attuale, la sua è una musica di sintesi che cerca di utilizzare le esperienze più disparate per arrivare a proporre qualcosa di personale. In “In Plain View” tutto questo è certamente percepibile in termini di proposta musicale: è soprattutto la sua mentalità, aperta all’uso di altri linguaggi, che ci colpisce e ci fa toccare con mano (meglio con l’orecchio) e capire che da quelle parti – sembra ormai da tempo – si stia sviluppando una scena da cui stanno emergendo alcuni dei musicisti più interessanti del terzo millennio. Almeno in Europa, soprattutto per quanto riguarda il jazz come siamo abituati a viverlo nella sua accezione più avventurosa. Il trombettista vanta già un curriculum di tutto rispetto avendo maturato la partecipazione a prestigiose masterclass con vecchi e giovani leoni afroamericani (da Eddie Henderson, James Moody e il connazionale Stjepko Gut a Charles Altura e Joel Ross). “In Plain View” raccoglie musiche complesse – e questo non significa che siano di difficile fruizione – testimonianza di una mentalità curiosa, attenta a tutto ciò che accade, sempre al servizio della musica. Il combo è completato formato da giovanissimi musicisti della scena serba, tutti da tenere d’occhio – e di cui presto si parlerà. E non solo in Serbia. Iivan Radivojevic Trumpet; Andreja Hristic Piano; Boris Sainovic Double Bass; Bogdan Durdevic Drums / Guests: Luka Ignjatovic Alto Saxophone; Andreja Stankovic Guitar

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