Marco Gamba Sextet / Feat. Michaël Attias con «I Have A Dream»: polifonie del presente, architetture mobili e tensioni liriche (Abeat Records, 2025)

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Il progetto, lungi dall’agognare una comoda aderenza ad un’estetica definita e già precompilata, ha il merito di far germinare il dubbio, spostandosi fra tensioni ed aperture (…) non si limita a documentare una scena – quella del jazz contemporaneo italiano ed europeo – ma ne rilancia le possibilità, nel segno di una ricerca che si misura con l’urgenza del presente.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Non si tratta di un semplice album, bensì di una dichiarazione poetica in forma sonora, un’orazione civile che si affida alla materia musicale per promulgare un pensiero critico, visionario e stratificato. «I Have A Dream», edito da Abeat Records, si dipana come una suite discontinua, in cui ciascun episodio sonoro incarna una tensione, un’urgenza e un frammento di mondo da riformulare. La scrittura di Marco Gamba, contrabbassista di solida formazione, sensibilità compositiva interiormente inquieta e non prevedibile, agisce in uno spazio liminale tra strutture definite ed aperture improvvisative, tra free form, sperimentalismo e tentazioni fusion, tra rigore formale e slancio immaginativo.

Il sestetto convocato per questa impresa – Massimiliano Milesi al sax tenore, Michelangelo Decorato al pianoforte, Fender Rhodes ed elettronica, Marco Zanoli alla batteria, Paolo Malacarne alla tromba, e la presenza ospite di Michaël Attias al sax alto – oltrepassa il concetto di esecuzione funzionale, partecipando attivamente alla costruzione di un linguaggio collettivo, mobile e polimorfico. Ogni interprete agisce nel tessuto della composizione come voce autonoma e interdipendente, contribuendo a una polifonia di gesti, colori e prospettive. La sequenza dei nove episodi, scevra da una logica narrativa lineare, si dipana secondo una drammaturgia interna che alterna la densità ritmica e la rarefazione lirica, la pulsazione urbana e sospensione contemplativa. «Urban Reunion», opener di oltre otto minuti, stabilisce un campo energetico in cui la sezione ritmica – guidata da un Gamba incisivo e mobile – sostiene il dialogo tra i fiati, in un gioco di incastri e divergenze che richiama certe geometrie di Julius Hemphill e della scuola M-Base, pur mantenendo una fisionomia del suono personale e riconoscibile. «The Usual Cheating», con i suoi undici minuti, tende a sagomare un organismo in mutazione, in cui le cellule tematiche si rigenerano mediante variazioni timbriche e deviazioni armoniche. Decorato, al Rhodes, cesella una trama espressiva che oscilla tra il lirismo obliquo e l’astrazione elettronica, mentre Attias e Milesi si rincorrono in un contrappunto mobile, mai decorativo.

In «Pandemic», la scrittura si fa più essenziale, quasi aforistica: brevi cellule melodiche si stagliano su un fondale ritmico instabile, facendo appello ad un senso di precarietà avulsa dalla consolazione, ma sospinge l’ascolto verso una riflessione più ampia. «Aradeo», invece, si muove nel riflesso di una memoria geografica e affettiva, con una melodia che si dischiude lentamente, come se emergesse da un paesaggio interiore. La title-track rifugge dal citazionismo ed il riferimento storico di quella dichiarazione, rielaborandone la carica utopica in chiave musicale. «I Have A Dream» diviene così un gesto di resistenza sonora, un atto di fiducia nella possibilità che il suono possa ancora farsi veicolo di trasformazione. La composizione eponima, di poco superiore ai cinque minuti, condensa questa tensione in una forma compatta, in cui la melodia si affida a un registro lirico mai retorico, sostenuta da un impianto armonico che si apre a modulazioni inattese. «Kammerspiel», con la sua durata contenuta (1.41), agisce come interludio drammaturgico, una miniatura sonora che condensa in pochi gesti una tensione teatrale e una rarefazione timbrica. Il titolo – che rimanda al teatro intimista di area mitteleuropea – suggerisce una scena sommessa, un dialogo indagatore tra gli strumenti lontani dalla spettacolarità, ma piuttosto a caccia di una prossimità emotiva e di una precisione gestuale. La partitura si affida a una logica ellittica, in cui il silenzio diviene parte integrante della forma, mentre la fisionomia del suono si costruisce per sottrazione.

«Alter Ego», si delinea alla stregua di una vera e propria metamorfosi tematica: otto minuti e quarantaquattro secondi in cui l’intreccio tematico si espande e si contrae, rigenerandosi. Gamba implementa un’intelaiatura mobile, in cui le voci strumentali si specchiano e si deformano, sulla base di una modalità rifrattiva. Il contrabbasso agisce come centro gravitazionale, mentre i fiati disegnano traiettorie divergenti, talvolta convergenti, in un gioco di identità e differenze che richiama certe elaborazioni di Steve Lehman e della scena newyorkese più analitica. Decorato, al piano, articola una trama armonica che incrementa continuamente il discorso, mediante modulazioni oblique e velature acustiche. «Stop the Traffic» e «Angels Day» chiudono il disco con due prospettive complementari: la prima, più assertiva e ritmicamente striata, sembra voler interrompere un flusso coercitivo per aprire uno spazio di resistenza; la seconda, più breve e rarefatta, si affida a una scrittura ellittica, quasi sospesa, che lascia affiorare una dimensione contemplativa e visionaria. Nell’arco dei nove componimenti, tutta farina del suo sacco, Marco Gamba, al netto del titolo, non mira a promulgare un manifesto, bensì ad allestire un laboratorio sonoro in cui la forma progredisce, evidenziandosi progressivamente nel tempo dell’ascolto, mentre la partitura diviene spazio critico, etico ed estetico. Il progetto, lungi dall’agognare una comoda aderenza ad un’estetica definita e già precompilata, ha il merito di far germinare il dubbio, spostandosi fra tensioni ed aperture. «I Have A Dream» si sostanzia come album che non si limita a documentare una scena – quella del jazz contemporaneo italiano ed europeo – ma ne rilancia le possibilità, nel segno di una ricerca che si misura con l’urgenza del presente.

Marco Gamba Sextet

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