«The Shadow Line» di Gianni Denitto: linea d’ombra e forma sonora, dove il passaggio si fa vibrazione ed il confine si dissolve (Isulafactory, 2025)

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Ciascuna delle tre rivisitazioni non cerca di reinterpretare, ma di attualizzare, di arricchire il senso del composto originario e di aprire nuove soglie percettive ed inediti terreni da sondare. Il jazz non si oblitera, ma piuttosto si tramuta, tanto che la linea d’ombra si moltiplica, si stratifica, rifrangendosi nel prisma della contemporaneità.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Gianni Denitto, sassofonista torinese, ritorna con un lavoro che non si limita a proporre un banale lotto di composizioni fini a se stesse. «The Shadow Line», ripubblicato di recente da Isulafactory, con l’aggiunta di tre versioni elettroniche, si delinea come un viaggio sonoro che s’immette nelle pieghe dell’esperienza umana, ispirandosi all’omonimo romanzo di Joseph Conrad.

La linea d’ombra evocata da Conrad non rappresenta un confine, ma un limite da oltrepassare, una tensione che spinge verso la trasformazione e in direzione di una consapevolezza che si guadagna in virtù il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Denitto traccia questo itinerario con la precisione di chi ha già sondato i territori solitari – come nei precedenti «Brain On A Sofa» e «Kāla» – e ora sceglie il quintetto come forma espansa, circolare e condivisa, nonché tessitura collettiva. Al suo fianco, Camilla Rolando alla tromba, Didier Yon al trombone, Simone Bellavia al basso elettrico, Gabriele Peretti alla batteria, giovani strumentisti, nati nel nuovo millennio, ma capaci di intrecciare e rilanciare e di apportare singolarmente al progetto un contributo individuale, senza mai allontanarsi dal nucleo gravitazionale del concept.

«Tropical Ghost» apre il disco con una danza che non maschera, ma rivela. I fantasmi si evocano e si accolgono come compagni di viaggio. Il ritmo tropicale incide, ma non decora. Si brinda con le proprie ombre, si cammina insieme a loro e s’impara a riconoscerle come parte integrante del passo. La linea d’ombra si avvicina, si sfiora, si squarcia con leggerezza apparente e profondità strutturale. «Memory Lane» costruisce una corsia melodica, dove le esperienze si stratificano senza indulgere nella malinconia. L’intreccio motivico vibra di semplicità complessa, la melodia si distende come pensiero che ha già vissuto e continua a rilanciare. I fiati intrecciano, il tempo si dilata, la memoria diventa forma sonora, non come ricordo ma come materia viva. «Inner Storm» non evoca burrasche, le costruisce. Il contrappunto iniziale dei fiati si sostanzia come un allarme, il costrutto corre con energia che si espande senza dispersione. La barra si tiene dritta, la tempesta si affronta con tensione ritmica e precisione armonica. Il quintetto vibra, rilancia e plasma.

«39°» non racconta il caldo, lo fa sentire. L’andatura è quella dei passi sulla sabbia, lenti ma ostinati. La melodia regge, anche quando sembra cedere. Il flusso tematico avanza, accetta la fatica e traduce la stanchezza in resistenza sonora, come se ogni nota fosse un passo guadagnato. «For Italo» non si limita all’omaggio, diventa trasmissione. Il sassofono si fa voce grata, il nome diventa linea melodica, il ricordo s’incide nel fraseggio. Italo, violinista e liutaio, non viene evocato come figura del passato, ma quale presenza che illumina il percorso, saggezza che vibra nel suono e gesto che prolunga.

A completare il progetto, con l’apporto di Fabio Giachino al background synth, Denitto include tre versioni elettroniche di «Tropical Ghost», «Memory Lane» e «Inner Storm», lavorate alla stregua di estensioni espressive, non come contaminazioni né blandi tentativi di attrazione verso un centro stilistico esterno e fuorviante. L’elettronica non si sovrappone, non inquina, ma dilata lo spettro complessivo dell’album. Ciascuna delle tre rivisitazioni non punta a reinterpretare, ma di attualizzare, di arricchire il senso del composto originario e di aprire nuove soglie percettive ed inediti terreni da sondare. Il jazz non si oblitera, ma piuttosto si tramuta, tanto che La Linea d’Ombra si moltiplica, si stratifica, rifrangendosi nel prisma della contemporaneità.

Gianni Denitto

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