«Black & White»: costruzioni armoniche e fisionomie del suono nel nuovo viaggio di SirJoe Polito (Caligola Records, 2025)

L’insieme restituisce un’immagine di Polito come leader capace di guidare la band sulla scorta di un repertorio variegato, dimostrando padronanza tecnica ed una profonda connessione emotiva con la musica che propone.
// di Cinico Bertallot //
SirJoe Polito, figura di spicco nella scena blues italiana fin dalla seconda metà degli anni Ottanta, presenta «Black & White», il secondo lavoro discografico in veste di leader, a quattro anni di distanza da «My Friend Ry». L’album segna un’evoluzione significativa nel percorso artistico del musicista, poiché nove delle dodici composizioni inedite portano la sua firma. Polito dimostra una notevole maturità autoriale, attingendo ad un vissuto personale per plasmare componimenti intrisi di chiaroscuri espressivi, con una tessitura che evoca le sfumature cangianti di un paesaggio interiore. Le sue composizioni, infatti, si rivelano profondamente autobiografiche, articolate in una sequenza di idee musicali che delineano un percorso emotivo complesso.
L’album si distingue per la scelta di tre reinterpretazioni di calibro, restituite con un’evidente sensibilità esecutiva. Il suo stile affonda le radici nel country-blues e nelle sonorità della West Coast, ma le rielabora con un tocco distintivo, creando un ponte fra queste tradizioni ed una sensibilità contemporanea. Si percepisce una solida formazione musicale, unita ad un’inventiva che permette a Polito di modellare il materiale sonoro con sicurezza. A sostenerlo in questa avventura sonora vi è un ensemble di musicisti di rara affiatamento, un collettivo capace di implementare un dialogo serrato e ricco di sfumature. Meritano una menzione particolare le chitarre, ora incisive, ora sognanti, di Alberto Boscolo Agostini, il cui intervento espande la tavolozza timbrica dell’album. Il solido e pulsante tandem ritmico formato da Gianni Spezzamonte al basso elettrico e Marco Campigotto alla batteria garantisce un’impalcatura robusta ed al contempo flessibile, in grado di adattarsi alle diverse esigenze espressive delle composizioni. Preziosi contributi arricchiscono ulteriormente il tessuto sonoro grazie alle partecipazioni speciali del sassofonista Danilo Scaggiante, il cui fraseggio si fonde armoniosamente con le linee vocali e chitarristiche, nonché del chitarrista Carlo De Bei, i cui assoli aggiungono ulteriori strati di complessità e lirismo. La registrazione, il missaggio, l’editing e il mastering, curati da Pierluigi «Gigi» Campalto presso il Pigio’s Highfield Studio di Venezia, conferiscono al suono una limpidezza ed una presenza che esaltano la ricchezza delle interpretazioni e la qualità delle composizioni, permettendo ad ogni strumento di occupare il proprio spazio nel panorama sonoro con chiarezza e definizione. L’insieme restituisce un’immagine di Polito come leader capace di guidare la band sulla scorta di un repertorio variegato, dimostrando padronanza tecnica ed una profonda connessione emotiva con la musica che propone.
L’album si apre con «Happy New Year», un brano che, pur nel titolo augurale, dispiega un’emotività agrodolce, quasi un malinconico bilancio di fine anno filtrato da un fraseggio chitarristico limpido e malinconico. La strumentazione, essenziale ma incisiva, crea un’atmosfera intima, preparatoria all’immersione nel disco. «Pacific Coast Highway» evoca immediatamente la vastità e la libertà di un viaggio on the road. L’aura fonica delle chitarre, con quelle venature country ed un leggero riverbero, dipinge scenari aperti, mentre il ritmo sostenuto ma non affrettato suggerisce un movimento fluido e costante. Emozionalmente, il tema trasmette un senso di ottimismo ed avventura. La cover di Stephen Stills, «4 + 20», viene riletta da Polito con una sensibilità acuta. L’interpretazione strumentale si concentra sulla purezza della melodia e sulla tessitura armonica, generando uno spazio sonoro raccolto e introspettivo. L’emozione predominante corrisponde ad una quieta malinconia, un dialogo sommesso con la nostalgia. Con «Lay You Down», Polito perlustra una dimensione più morbida ed avvolgente. Il timbro vocale diventa più caldo, quasi sussurrato, e le chitarre intessono un tappeto sonoro fitto ma delicato. L’emozione che pervade il plot sonoro ricalca quella di un abbraccio, di un rifugio ideale, con un’orchestrazione che suggerisce intimità e confidenza. «Run Against The Wind» introduce un’abbondante tensione dinamica. Il ritmo si fa più incalzante, le chitarre acquistano un’aggressività controllata, mentre il sax di Scaggiante s’inserisce con interventi taglienti ma melodici. Emozionalmente, la band apporta un senso di lotta, di superamento degli ostacoli, con un’energia che pulsa sotto la superficie. La rilettura di «Almost Cut My Hair» di David Crosby rappresenta un momento culminante. Polito rallenta il tempo, trasformando l’originale in una ballata riflessiva. La sua chitarra acustica tesse un contrappunto emotivo al canto, mentre il basso e la batteria costruiscono un substrato ritmico morbido e pulsante. L’emozione descrive una profonda contemplazione, un tributo sentito che risuona con una gravitas quasi solenne. «New Morning On The Back Of A Horse» dipinge un quadro sonoro quasi bucolico. Le chitarre, forse con qualche accenno di steel, evocano immagini rurali, un risveglio lento e sereno. L’atmosfera appare pacifica, quasi idilliaca, con una strumentazione che agisce con grazia e leggerezza.
La cover di Tom Waits, «Bronx Lullaby / Smuggler’s Waltz», viene trasfigurata in un pezzo dal sapore blues più marcato. Polito ne cattura l’essenza narrativa, con un fraseggio chitarristico che alterna momenti di graffiante espressività a passaggi più melodici. L’emozione è quella di una storia vissuta, di personaggi ai margini, raccontata con un’autenticità ruvida ma affascinante. «Sunny Day In Santa Monica» riporta ad un’atmosfera solare d ariosa. Il colore sonoro è brillante, le chitarre scintillano, mentre il groove invita al movimento, tanto che lo sviluppo narrativo trasmette una gioia contagiosa e la sensazione di una giornata perfetta, quasi un’istantanea di felicità. «Last Night» si sostanzia come un esempio di jazz-blues sofisticato. La linea di basso marca il territorio, decretando un interscambio serrato con la chitarra di Polito. Il ritmo swingante mostra una raffinatezza che lo eleva. L’emozione si diffonde al pari di quella di una spiacevole serata, fatta d’incontri e conoscenze. «Friends Come And Go» affronta il tema dell’effimero delle relazioni umane con una melodia toccante ed un arrangiamento scarno ma efficace. La chitarra acustica e la voce di Polito alimentano un legame diretto con l’ascoltatore, trasmettendo un senso di vulnerabilità ed accettazione. La sensazione è quella della saggezza acquisita attraverso l’esperienza. L’album chiede i battenti con «Life», un costrutto che racchiude l’essenza del percorso. La strumentazione diviene più rarefatta, quasi a voler lasciare spazio alla riflessione. I cromatismi sono tenui, mentre le melodie si dipanano con lentezza, invitano ad una contemplazione finale e trasmettono un senso di pacificazione e di accettazione del fluire della vita, chiudendo il cerchio con una nota di serena consapevolezza.
