Vinile sul Divano: tra improvvisazione libera ed esplorazioni sonore

// di Gianluca Giorgi //
Nat Birchall Unity Ensemble, New World (2024)
Il sassofonista britannico Nat Birchall, con sede a Manchester, torna con il suo Unity Ensemble ampliato in questo ottimo album. Nat Birchall, che ha pubblicato una serie di incredibili album in cui suona tutta la strumentazione “one-semble” (Songs of the Ancestors, Afro Trane, The Infinite e Ancient Africa), ora torna con la sua Unity Ensemble ampliata a sette elementi. Alla formazione base composta da: Adam Fairhall al piano, Michael Bardon al basso, Paul Hession alla batteria e Lascelle Gordon alle percussioni, si sono aggiunti il leggendario sassofonista tenore britannico Alan Skidmore e il percussionista Mark Wastell. Queste registrazioni, che compongono il secondo lavoro di Nat con la Unity Ensemble, nascono sul palco, da un un concerto tributo a John Coltrane al Café Oto di Londra nel 2023. Nat pensò che sarebbe stato giusto registrare un disco dal vivo in studio considerata l’ottima interazione che si era creata nella performance live fra i musicisti. Le sei tracce che compongono l’album fondono insieme forti influenze di jazz spirituale, che risentono del lavoro di John Coltrane e Pharoah Sanders, con groove di percussioni ritmiche e ipnotiche. L’album, con il leggendario Alan Skidmore e il percussionista Mark Wastell, è una continuazione dell’esplorazione che sta portando avanti Birchall nel jazz spirituale. Sia Nat che Alan sono dei musicisti di altissimo livello devoti di Coltrane, entrambi con un proprio stile individuale e si completano a vicenda magnificamente senza che uno tenti di “superare” l’altro. Nat Birchall è uno dei migliori sassofonisti della scena jazz britannica e può cimentarsi in tanti tipi di stili affini al jazz; dallo spiritual jazz, al dubwise jazz, all’etno jazz, pur rimanendo ancora una sorta di tesoro nascosto nel panorama jazz contemporaneo. Dopo aver guidato molti gruppi e registrato per artisti del calibro di Gondwana, Jazzman e Sound Soul and Spirit, Nat continua a portare avanti i suoi progetti di registrazione, sia in solitudine come “one-semble” che con altri musicisti come in questo caso. La scelta del nome del gruppo, come dice Nat, deriva dal fatto che “questo particolare gruppo di musicisti ha un suono molto “unificato”, ogni musicista ha un suono e un concetto molto individuale, ma tutti si uniscono in questo gruppo e si fondono incredibilmente bene. L’album è stato registrato dal vivo in studio, con Birchall che ha aggiunto ulteriori trame attraverso sovraincisioni di percussioni e altri strumenti. “New World” è un’altra superba registrazione di uno dei grandi sassofoni più attivi e lungimiranti di oggi. Uno dei migliori album del 2024!
Tryp Tych Tryo, Warsaw Conjunction (2024)
Warsaw Conjunction è l’album di debutto dell’emozionante trio musicale Tryp Tych Tryo, una formazione di tre importanti innovatori del jazz contemporaneo; il batterista Natcyet Wakili (Nok Cultural Ensemble, Sons of Kemet, Steam Down), la suonatrice di fiati Tamar Osborn (Collocutor, Dele Sosimi Afrobeat Orchestra) ed il bassista Wojtek Mazolewski (Pink Freud, Wojtek Mazolewski Quintet). Il disco è stato inciso a Varsavia in Polonia al Black Kiss Studio, ma tutto ebbe inizio da una sessione improvvisata al club di Varsavia SPATiF nel settembre 2020, creata in collaborazione con la radio britannica Worldwide FM e l’Adam Mickiewicz Institute come parte dell’iniziativa Get Your Jazz Together. L’album è un capolavoro che scorre liberamente dall’inizio alla fine. La prima traccia, “Three Colours of the Sun”, è una meravigliosa introduzione al resto dell’album. Altre tracce degne di nota sono: “Aries Under The Libra Moon”, “Air Water Fire” e “No Going Back”, ma tutto il disco è una creazione sublime, impressiona il modo in cui i tre utilizzano l’improvvisazione e lo spazio creando un’atmosfera sia intima che espansiva. L’album è stato in gran parte improvvisato, con i musicisti che comunicavano attraverso i loro strumenti piuttosto che con un’ampia pianificazione preliminare, un triangolo impro spirituale, groovy e travolgente. I tre fondono jazz improvvisato con trame ambientali, creando un suono unico e accattivante che porta l’ascoltatore in viaggi musicali inaspettati, passando da momenti meditativi a influenze doppiate e passaggi d’avanguardia. Il disco è energico, con Wakili che porta un’intensità in alcuni brani che ricordano il suo lavoro con i Sons of Kemet ed il basso di Mazolewski adeguatamente incisivo, pesante e funk. Tuttavia, l’album non è solo groove e l’uso diffusivo degli effetti da parte della Osborn aggiunge un ulteriore livello cosmico, spostando il suono collettivo dal jazz verso la psichedelia. Una piccola, grande meraviglia europea!


Min Bul, s/t featuring: Terje Rypdal (1970 ristampa 2025)
Rarissimo unico album della band il cui leader era un giovane Terje Rypdal. Originariamente pubblicato dalla Polydor in Norvegia nel 1970, “Min Bul” è una pietra miliare del rock e del jazz norvegese, incluso nella rinomata lista “Nurse With Wound”. Registrato nello studio di Rosenborg nel settembre 1970, con Egil Eide come ingegnere, “Min Bul” è un’opera altamente sperimentale per il suo tempo, nata dai progetti Samklang all’Henie-Onstad Art Center, dove il regista Ole Henrik Moe ha incoraggiato compositori avventurosi e musicisti improvvisatori a unire le forze. L’album presenta Rypdal che suona una fusion elettrica (con anche overdubbs al sax soprano), spesso graffiante e persino rumorosa, ai margini del jazz d’avanguardia, insieme ai talentuosi musicisti jazz Bjornar Andresen (basso) e Espen Rud (percussioni). L’approccio sperimentale del trio rimodella il panorama del jazz-rock e dell’improvvisazione libera, creando un precedente per future esplorazioni in questi generi. Il disco potrebbe essere confrontato probabilmente con “A Tribute to Jack Johnson” di Miles Davis, che è stato pubblicato, comunque, un anno dopo. La stessa etichetta (Polydor) ha pubblicato nello stesso anno album simili, (Jack Bruce “Things We Like” con John McLaughlin, Dick Heckstall-Smith e Jon Hiseman), ma il lavoro di Terje è molto più sperimentale e maturo. Leggendario album di sperimentazione scandinava che vedeva coinvolto il jazzista Terje Rypdal, pregiato collaboratore di Jan Garbarek e divenuto nei decenni successivi uno degli esponenti di punta del jazz scandinavo. Brani dall’andamento caotico e cerebrale, in linea con il free jazz più ostico di musicisti quali Anthony Braxton, sono guidati dagli assoli di chitarra elettrica e sax di Rypdal, che si intrecciano con le parti ritmiche create dal bassista Bjornar Andresen e dal batterista Espen Rud, provenienti dal complesso free jazz norvegese Svein Finerud Trio. Il brano di apertura, “I Cried A Million Tears Last Night”, è uno dei primissimi prototipi di avanguardia con chitarra rumorosa, altre tracce degne di nota la lunga ”Champagne of course” che si lascia andare a suggestioni acid rock, con una ritmica circolare che sostiene gli acidi assoli della chitarra di Rypdal e ”Strange beauty”, ipnotica e quasi minimale, due episodi più vicini al rock che al free jazz. Probabilmente al giorno d’oggi, gli ascoltatori potrebbero trovare alcuni dei momenti dell’album un po’ datati, ma è senza dubbio un disco seminale da riscoprire. Il trio ebbe vita breve e si dissolse poco dopo questo raro lp. A partire dal 1971, il chitarrista Norvegese Terje Rypdal, è diventato uno degli artisti dell’etichetta ECM più rispettati con una grande collezione di album pubblicati. Essendo un musicista sperimentale per natura, la sua produzione spazia dal jazz-rock, così come dalla fusione eclettica classica e moderna, rimanendo uno dei pochi artisti dell’ECM con un proprio timbro musicale molto personale. Oltre alla discografia su ECM di Rypdal, esiste una discografia molto più piccola, ma interessante delle sue uscite su altre etichette. Le più interessanti sono i suoi album della fine degli anni ’60 e dei primissimi anni ’70. Il suo debutto, “Bleak House”, (Polydor norvegese) e la sua seconda uscita (sulla stessa etichetta), “Min Bul” uscì nel 1970 e rimase all’ombra fino ad ora. Insieme a “Extrapolation” di John McLaughlin e ai primi dischi di Larry Coryell, “Min Bul” è uno dei principali album di Avant Jazz Rock orientati alla chitarra, con un influsso più oscuro e psichedelico.
LEE KONITZ, Stereokonitz (1968 Ristampa 2012)
Nel 1968, durante il soggiorno in Italia, Lee Konitz tiene un concerto a Roma col pianista francese Martial Solal, il contrabbassista Henry Texier e il batterista Daniel Humair e la RCA italiana incaricò Giovanni Tommaso di realizzare un disco per presentare al pubblico italiano Lee Konitz. Tommaso pensò di eseguire tutte composizioni originali, selezionando con cura i musicisti italiani per il suo complesso, tutti italiani e di altissimo livello (Enrico Rava, Franco D’Andrea, Gegé Munari e Giovanni Tommaso). La sessione di incisione viene pubblicata nello stesso anno con il titolo Stereokonitz. Il disco potrebbe non piacere ai puristi di Konitz, poiché Lee suona un principalmente il Varitone (una forma di sassofono elettronico), oltre al suo solito sax contralto acustico e fa anche una rara apparizione al flauto (raddoppiando in “Take Seven”). Il gruppo si muove in un modo diverso rispetto ai soliti ensemble che accompagnano Konitz, spingendo Lee a fare assoli che si aprono un po’ più del solito, mostrando anche un po’ delle influenze spirituali del jazz del tempo. Un sessione davvero unica con un suono meraviglioso. Un disco di tecnica ma soprattutto di grande “poesia”.

