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Greta Panettieri

// di Helena Guadagnini //

Cantante jazz di raffinata e dinamica espressività, affinata in vent’anni di permanenza negli Stati Uniti, docente nei Conservatori italiani, voce radiofonica, produttrice discografica. Dal 2022 Greta Panettieri insegna anche nel Master in “Editoria e produzione musicale” dell’Università di Milano-IULM diretto da Luca Cerchiari, occupandosi di jazz e di popular music. L’ho intervistata come allieva di uno dei suoi corsi sulla voce.

D Greta, il tuo interesse per la musica come è nato, e come si è sviluppato?

R La mia passione è nata fin da quando ero piccola. Ho sempre voluto suonare uno strumento, e verso i sei anni ho iniziato con il violino. Dopo qualche anno, in Conservatorio, ho avvicinato il pianoforte. Sono cresciuta in un ambiente familiare dove si ascoltava molta musica e spesso si suonava per svago. Verso i quattordici anni è arrivato anche il canto, studiavo già pianoforte jazz e il mio insegnante mi chiese di imparare una melodia con la voce. Quando mi sentì cantare mi chiese di farla insieme, lui al piano e io alla voce. Lui ne fu entusiasta e così decisi di prendere lezioni di canto jazz. Avevo tredici anni, ma iniziai subito a fare i primi concerti con un gruppo di amici. Finito il liceo, frequentai le clinics di Umbria Jazz e vinsi una borsa di studio per il Berklee College of Music, una delle più importanti Università di musica negli Stati Uniti. Avevo ormai deciso di dedicarmi solo al canto – ma invece di andare a Boston decisi di ‘paracadutarmi’ su New York City. Una scelta forse un po’ pazza, ma è a New York che ho trovato “casa”, sia per le opportunità musicali sia per stile di vita, e, grazie a una serie di eventi favorevoli, rimasi a viverci per diversi anni. Dopo qualche anno è arrivato un contratto importante con la Decca / Universal, nel 2009 è uscito il mio primo disco, The Edge of Everything, negli Stati Uniti, e quello è stato l’inizio ufficiale della mia carriera. Il rientro in Italia con questa esperienza americana alle spalle mi ha permesso di affermarmi come cantante jazz abbastanza rapidamente, accumulando un numero importante di partecipazioni nei maggiori festival italiani e con numerose incursioni estere, tra cui Cina, Francia, Olanda, Spagna, Russia.

D Ho visto che hai anche una tua etichetta che tra l’altro ha un bellissimo nome, Gretas Bakery. Come è nato questo progetto?

R Quando ero a New York il mio sogno era di aprire una ‘bakery’ musicale. Avevo messo gli occhi su una vecchia caserma dei vigili del fuoco nel Lower East Side e sognavo di trasformarla in una vera panetteria, giocando con il mio cognome che è appunto Panettieri, per poter fare pizze e pane e un punto ristoro al piano terra – in quegli anni erano ancora rari i veri forni italiani a New York, e così ero diventata abbastanza appassionata di impasti –  e gli studios musicali al secondo piano. Questo era il mio sogno ad occhi aperti: Greta’s Bakery, una vera fabbrica di creatività. Non essendo riuscita a realizzarlo – in effetti era molto fuori portata per me – ho dirottato sul nome dell’etichetta. Era anche il nome della band con cui appunto ho realizzato disco per la Decca.

D Cosa comporta il gestire un’etichetta discografica?

R Sicuramente comporta sviluppare un altro tipo di mindset, devi confrontarti in prima persona con le scelte produttive, manageriali, occuparti della produzione e promozione. insomma bisogna avere la visione di tutta la catena produttiva. Pubblico solo opere mie, questa etichetta è quella che in gergo si chiama vanity label cioè un’etichetta fondata e gestita dall’artista, per avere un certo grado di libertà. Il mercato discografico è molto cambiato negli ultimi anni, dopo l’esperienza con la Universal ho deciso che non avevo più la necessità di avere qualcun altro che mi dicesse cosa fare e soprattutto di qualcuno che producesse la mia musica, perché ero in grado di produrla da sola. Un tempo le major discografiche facevano ingenti investimenti economici negli artisti, anche se non erano pop o mainstream, mentre oggi si appoggiano moltissimo sul lavoro autopromozionale che fa l’artista stesso. A questo punto perché rinunciare alle proprie esigenze artistiche e cedere delle importanti royalties e ingenti quote sui live – da dove arriva il guadagno maggiore soprattutto nel jazz – invece di tenersele, e mantenere il controllo di tutta la propria attività? Questa è stata la mia riflessione, aiutata dalle possibilità tecnologiche, che abbattono drasticamente i costi di registrazione.”

D Quindi diciamo che tu hai un ruolo a 360 ° perché canti, ti produci e ti gestisci anche dal punto di vista del marketing?

R Esattamente. Ma non faccio tutto da sola, ho la fortuna di condividere vita e musica con una persona in grado di produrre e realizzare dischi, il mio compagno Andrea Sammartino, che è pianista e fonico, e si occupa di gran parte della parte produttiva. Assumiamo un ufficio stampa per le uscite discografiche oppure se ci sono eventi particolarmente importanti, e spesso collaboriamo con promoter locali per la parte che concerne booking e gli altri aspetti. In una piccola indy, dove non arrivi tu, ingaggi chi può fare il lavoro per te, però hai comunque le redini della situazione in mano. Finora trovo questa formula vincente.

D Parliamo ora del tuo nuovo progetto discografico su Frank Sinatra, cui stai dedicando vari concerti ed eventi dal vivo. Entrambi, sia Sinatra sia tu, vi muovete tra il jazz e il pop, poi c’ è anche questa presenza della città di New York, il fatto di essere entrambi imprenditori di sé stessi. Come hai deciso di fare un progetto su Sinatra? La figura di Sinatra è stata molto importante per la tua formazione?

R Il progetto in sé nasce in ambiente accademico, su suggerimento di Luca Cerchiari. Da qualche anno ho l’onore di venire coinvolta in varie iniziative accademiche, a volte come Docente del Master IULM in ‘Editoria e produzione musicale’, a volte come performer. Due anni fa mi chiese di partecipare a un convegno su Frank Sinatra come relatrice, avendo io analizzato approfonditamente la voce di Sinatra per il mio libro Mimesis La voce nel pop e nel jazz, Guida discografica a cento canzoni imperdibili. Nel libro, parlando di popular music e di jazz, ho avuto a che fare con molte interpretazioni di Sinatra. Confesso che, prima di lavorare a questo saggio, Frank Sinatra non era tra i miei ascolti più frequenti, essendo più orientata al canto jazz moderno, ma ascoltare con attenzione le sue interpretazioni è stato illuminante. Quando poi ho iniziato a preparare il repertorio per la mia performance al convegno su “The Voice”, ho pensato di cogliere l’occasione per metter su il repertorio per un album e non solo per una singola performance. Un’interpretazione completamente nuova di Frank Sinatra, ma su basi solide. Sinatra era un uomo di grande intelligenza, non solo un artista completo, tra musica e cinema, ma anche un abile uomo d’affari, e ovviamente un grande intrattenitore “The Voice” è stato un personaggio molto interessante e, tralasciando i lati più oscuri della sua vita , ho trovato in lui molta ispirazione. Per realizzare questo tributo ho cercato di assimilare alcune delle sue caratteristiche vocali, a mio parere, più importanti. Prima di tutto la capacità che aveva di immedesimarsi in una storia, il talento di emozionare senza tralasciare neanche un respiro. Ogni nota, ogni sillaba, ogni sfumatura della voce di Frank era assolutamente imprescindibile. Una lezione di canto continua per orecchie attente; io ho cercato nel mio piccolo di assimilare queste capacità e se possibile di curare le mie interpretazioni al meglio, come avrebbe forse fatto lui, senza tuttavia abbandonare la mia personalità jazz, che non può fare a meno di lasciarsi andare a improvvisazione e ricerca sonora. Questo non è un album di cover, i brani sono stati completamente riarrangiati; ovviamente non sono una crooner, ma ho cercato di mettere in pratica quel che l’ascolto e lo studio della vocalità sinatriana mi hanno insegnato, come sempre ‘my way’, cioè a modo mio. Una cosa che condivido con Sinatra è questo essere a metà tra jazz e pop. Il jazz nella prima parte del secolo scorso era considerato popular music, e mi sono sempre divertita a usare brani pop con una vocalità più jazz, ricca di swing e improvvisazione. E poi ci sono altri elementi in comune in cui mi sono riconosciuta, ad esempio l’italianità. Sono stata per molti anni un’immigrata italiana all’estero, indubbiamente un fattore molto importante nella vita e nella carriera di Sinatra. Parlando esclusivamente di stile e di modi di fare noi italiani abbiamo un segno distintivo nella gestualità, nella vocalità e nel modo di vestire e come lui mi sono confrontata con questi elementi quando vivevo negli States.

D Come hai scelto le canzoni del disco?

R Dallo sterminato repertorio di Sinatra ho cercato di scegliere i brani che mi piacessero, e mi permettessero di esprimermi al meglio, senza tuttavia tralasciare la riconoscibilità di un progetto dedicato a Sinatra, per cui troviamo anche alcuni suoi cavalli di battaglia. Non potevano mancare My Way o Strangers In The Night, ma il resto l’ho scelto soprattutto nel repertorio jazz/swing che lui tanto amava, e che fa parte anche del mio background musicale. Sono presenti anche un paio di brani più oscuri, scoperti dopo ore e ore di ascolti. Ovviamente quando si dedica un album a un personaggio del genere ci vuole molta cura per essere il più “giusti” possibile, ma anche quel pizzico di incoscienza per trovare una propria autenticità che a mio parere rimane la cosa più importante per la riuscita di un progetto.”

D So che l’album uscirà a breve. Qualche anticipazione?

R Siamo alle ultime battute di mix e mastering. Come dicevo nella produzione siamo in due, io e Andrea Sammartino, poi ci sono Giuseppe Bassi al contrabbasso, Mimmo Campanale alla batteria e due ospiti, Vince Abbracciante alla fisarmonica e Nanaco Tarui, dal Giappone, al violino.

D Come ci si sente a creare un progetto di tributo a un artista uomo come Frank Sinatra? E’ la prima volta che se ne fa carico una donna.

R Effettivamente è una cosa inedita. Questa cosa mi diverte molto: non è possibile che nella discografia gli uomini dedichino progetti solo ad altri uomini e le donne ad altre donne. Perché ci si aspetta da Greta Panettieri un album dedicato a Ella Fitzgerald e non a Frank Sinatra?”.

Discografia di Greta Panettieri

-Album a suo nome
2010 The Edge Of Everything-Decca/UMG
2011 Brazilian Nights – GBM
2013 Under Control (Greta’s Bakery) – GBM
2014 Non gioco più – GBM
2016 Shattered/Sgretolata – GBM
2018 With Love – GBM
2020 Collection – GBM
2023 Into My Garden – GBM
2024 Fly Me to Sinatra – GBM (in uscita)
-Collaborazioni
2006 Newsjoint, “Bossa & Co” – Twilightmusic
2010 Patricia Romania, “Sou Brazileira” – Pony Canyon
2012 Gegè Telesforo, “Nu Joy”-Columbia Sony
2013 Piero Masciarelli, “Be Bop Dance”-Irma Records
2014 Sergio Cammariere, “Mano nella mano”-Rca
2016 Gegè Telesforo, “Fun Slow Ride”- Groove Master

Greta Panettieri
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