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// di Gianluca Giorgi //

Archie Shepp & Horace Parlan, Goin’ Home (1977 SteepleChase ristampa audiophile 2018)
Goin’ Home è un album jazz/gospel con le interpretazioni di Shepp e Parlan di melodie e spiritual folk afroamericane. Shepp non aveva mai registrato spiritual prima e si emozionò molto durante la registrazione dell’album a causa del contesto storico e culturale delle canzoni. L’album sorprese gli ascoltatori jazz quando fu pubblicato nel 1977, Goin’s Home fu apprezzato molto dalla critica musicale per il suo tono impressionante e la deviazione stilistica rispetto ai precedenti lavori free jazz di Shepp. Shepp e Parlan furono artisticamente soddisfatti dell’album e registrarono un altro album congiunto, Trouble in Mind, nel 1980. Ottima incisione, come sempre, della SteepleChase.

Onyx Collective, Loewe East Suite Part Three (2018)
Gli Onyx Collective sono riusciti con il loro talento ad attirare una tipologia di pubblico che è rarissimo vedere nei locali jazz e cioè ragazzi ventenni loro coetanei, la cui immagine coincide perfettamente con la concezione moderna di “hipster”. Il loro potrebbe essere definito un free jazz contemporaneo: sopra le righe, chiassoso, appassionato, a tratti forse anche grezzo e dissonante, ma originalissimo e pieno di idee nuove, la cui ispirazione arriva dai contesti più diversi. La colonna sonora perfetta per la Grande Mela, insomma, che fa del melting pot il suo punto di forza. Hanno cominciato la loro ascesa in sordina, nel 2017, come un fenomeno prettamente locale, ma il modo di operare fuori dagli schemi li ha ben presto traghettati sulla scena globale, rendendoli una formazione di culto anche – o forse soprattutto – al di fuori dell’ambito strettamente jazz. La loro etichetta è la londinese Big Dada, una delle più prestigiose tra quelle che si occupano di musica elettronica e i loro brani sono stati campionati già in decine di canzoni rap. Sono riusciti a crearsi uno zoccolo duro di fan anche nell’ambiente dell’arte contemporanea, tanto che la copertina del loro album di debutto, «Lower East Suite Part Three», è un dipinto firmato dal leggendario Julian Schnabel. Il suono proposto in questo debutto si lascia alle spalle qualsiasi flirt con hip-hop ed elettronica in favore di un hard-bop rovente, battagliero, livoroso, dall’attitudine rigorosamente DIY (do it yourself). Le tematiche trattate (gentrificazione, avvisi di sfratto, diritto alla casa e disoccupazione), riguardano comunque la sfide della vita quotidiana nella quasi totalità delle metropoli contemporanee, ma è soprattutto il suono ribollente e vivo a ricondurci alla Grande Mela. L’album è stato registrato in diretta in una galleria ed è un gran bel disco!

Conrado Roberto / Antonino Scuderi / Piero Montanari, Bass modulations (1973 ristampa limitata a 500 copie, vinile colorato 2016)
Ristampa del 2016 ad opera della Spettro, con copertina esclusiva, dell’assai raro album originariamente pubblicato nel 1973 dalla Octopus in Italia. ”Bass modulations” è frutto dello sforzo creativo di tre musicisti: il romano Roberto Conrado, già membro negli anni ’60 del gruppo beat Gli Apostoli, il suo concittadino Piero Montanari, compositore di colonne sonore (anche per il regista di culto Joe D’Amato), bassista e session man con un impressionante curriculum (ha suonato con Ivan Graziani, Claudio Baglioni, Renato Zero, Pino Daniele ed altri), ed infine Antonino Scuderi, autore qui di due soli brani, la bizzarra ”Range in” ed ”Overtime”, suonata con una drum machine. Un classico disco d’archivio, eclettico ma complessivamente ascrivibile ad un easy listening ammodernato alle sonorità ed alle innovazioni elettroniche degli anni ’70, al tempo stesso percorso da venature pop/psichedeliche, lounge, jazz/funk.
Molto belle ed interessanti queste ristampe della Spettro.

Floating Points Pharoah Sanders & The London Symphony Orchestra, Promises (2021)
L’incontro di due mondi, solo apparentemente distanti, che si sono inseguiti per anni.
Ci sono album che è difficile descrivere e Promises, il disco registrato dal sassofonista Pharoah Sanders e da Floating Points insieme alla London Symphony Orchestra, è uno di questi. È un album così intenso e commovente che lascia di stucco. Si può provare a descriverlo, ma non si riesce a rendere giustizia per davvero a quello che si ascolta. L’incontro di Pharoah Sanders con Sam Shepherd, in arte Floating Points, è stato abbastanza casuale: nel 2015, mentre Sanders era in macchina insieme a un discografico, ha ascoltato l’album di Floating Points “Elaenia”. Ne è rimasto talmente impressionato che ha chiesto di poter incontrare il suo autore. Promises, un disco di 46 minuti diviso in nove movimenti e pensato come un’unica traccia, è il frutto di questo incontro. È un album al quale è difficile accostare un solo genere, sospeso com’è tra jazz, ambient e misticismo puro. A tratti la musica, si rifà proprio a certi episodi dei dischi del jazzista statunitense; altri momenti fa venire in mente il minimalismo di Steve Reich, in altri ancora all’ambient di Brian Eno e Laraaji. Nonostante i tanti strumenti usati – il sassofono, il piano, qualche sintetizzatore, un clavicembalo, e ovviamente gli archi dell’orchestra – si ha sempre una sensazione di leggerezza totale, come di fronte a un paesaggio celeste. Il momento più commovente forse arriva nel quarto movimento, quando Sanders canta con la tecnica dello scat. Ma tutto il lavoro ha una forza emotiva trasfigurante, frutto di una composizione e di un’esecuzione di livello altissimo. Come detto, è difficile trovare le parole per rendergli giustizia, ma ce n’è una che fa capolino ogni tanto mentre lo si ascolta: capolavoro.

Idris Ackamoor And The Pyramids (The Pyramids), Shaman! (2LP 2020)
Il settimo album dei Pyramids, successivo ad ”An angel fell” (2018) e come quello co-accreditato al leader Idris Ackamoor. Ancora una volta inciso ai Quatermass Studios di Londra e prodotto da Malcolm Catto degli Heliocentrics. “Shaman!” è un album dai temi più introspettivi e meno politici rispetto ad “An angel fell”: qui Ackamoor si concentra su argomenti come la mortalità, la famiglia, la spiritualità, l’amore e la perdita. Il disco è costituito da nove lunghi brani, nei quali l’afro-funk più dilatato si fonde con il jazz dalle spinte spirituali, caratterizzato da ritmiche complesse ed eleganti, belle armonie vocali, elementi caratteristici di molta musica africana tradizionale e moderna, assoli di sassofono da parte di Ackamoor più morbidi rispetto al precedente lp, cullanti melodie di violino elettrificato e di flauto. Gruppo afroamericano dedito ad un incrocio fra il free jazz e la musica percussiva africana, i Pyramids prendono forma in Europa su impulso di alcuni musicisti originari dello Ohio nel 1971; del gruppo fa parte il sassofonista Idris Ackamoor (alias Bruce Baker), autore di gran parte delle loro composizioni. Tornati in patria intorno al 1973, i Pyramids incidono e pubblicano in quello stesso anno il loro primo album ”Lalibela”.Consiglio l’ascolto anche dei precedenti dischi.

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