L’apparente struttura evocativa e celebrativa del progetto viene costantemente fortificata o diluita da una regola d’ingaggio tipicamente jazzistica che usa le armi dell’interplay dinamico e dell’improvvisazione espansiva.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Spesso quando si parla di un qualsiasi disco, siamo portati ad usare la definizione di opera. Nel caso del pianista e compositore Claudio Angeleri e del suo recente «Concerto feat. Gianluigi Trovesi», prodotto dall’etichetta Dodicilune, si potrebbe dire «doppiamente opera»: opera dell’ingegno umano e creativo ed opera, poiché è un tributo all’Italia della musica, dell’arte, della bellezza, dell’architettura, del bel canto e della cultura, senza però cullarsi su una riproposizione in chiave ritmica di arie ricavate da opere liriche famose, pièce teatrali o musiche barocche e ottocentesche della tradizione cameristica e sinfonica. L’unico brano non originale presente nell’album è un riadattamento di «Lacrimosa» tratto dalla Messa da Requiem op. 73 di Gaetano Donizetti. Dice Angeleri «Si tratta di otto quadri ispirati a importanti personaggi lombardi dell’arte, della letteratura, della musica, dell’architettura e della scienza che hanno veicolato lo spirito innovativo e rivoluzionario della nostra cultura a livello internazionale. Si tratta del noto pittore Caravaggio, dell’architetto Giacomo Quarenghi, che ricordiamo ha disegnato lo skyline di San Pietroburgo, del musicista Gaetano Donizetti, di Giacomo Costantino Beltrami, l’esploratore delle sorgenti del Mississippi, del matematico Niccolò Tartaglia, di Arturo Benedetti Michelangeli, di Torquato Tasso, che ha importanti radici bergamasche. Non poteva mancare un omaggio alla figura della donna nel novecento ricordando il ruolo delle tantissime protagoniste della lotta durante la resistenza: un contributo fondamentale nella costruzione dell’attuale società italiana».

All’ottima riuscita del concept, a parte Gianluigi Trovesi, clarinettista di alta scuola, che ha svolto il ruolo di alter ego, ha contribuito un valido e sinergico ensemble: Giulio Visibelli al sax soprano e flauto, Gabriele Comeglio al sax alto, Marco Esposito al basso elettrico, Matteo Milesi alla batteria. La cantante solista Paola Milzani ha curato la direzione del coro The Golden Guys nei brani «Lacrimosa», «Armida» e «Ritratti», in cui è presente il giovane Nicholas Lecchi al sax tenore. Registrato dal vivo nell’Auditorium Modernissimo di Nembro in occasione di Bergamo|Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, il disco evoca frammento dopo frammento, la potenza di un’italianità che si esprime attraverso un’ idea di complementarietà disciplinare, la quale potrebbe apparire dispersiva al primo impatto e fuorviare l’ascoltatore medio. «È rischioso estrapolare la musica da uno spettacolo multidisciplinare in cui si alternano suoni, parole e immagini. Eppure, la natura della musica intesa come attivatrice di emozioni, quindi soggettive e diverse tra loro, conferisce una autonomia che invita l’ascoltatore ad assumere un ruolo attivo e personale anche nell’intimità dell’ascolto di un disco», sottolinea Claudio Angeleri. «Suggerisco quindi di dedicarsi ad un primo ascolto esclusivamente sonoro senza guardare e leggere il booklet: solo pura suggestione uditiva. Gli ascolti e le letture successive offriranno così la possibilità di cambiare prospettiva e replicare più volte le emozioni. Il disco, in questo modo, assume una dimensione plurale e condivisa che lo rende ancora oggi, nel terzo millennio, un mezzo vivo e stimolante per i musicisti di jazz – uso volutamente un termine così ampio – che si esprimono nel tempo reale e per il pubblico che ne fruisce. Anche per questo motivo è stata scelta una versione live di Concerto per catturare una versione unica e irripetibile».

Va da sé che il progetto si basa e si regge sulle «spalle larghe» di Claudio Angeleri, musicista e docente dal lungo curriculum intarsiato di prestigiose collaborazioni nazionali ed internazionali. Una attento ascolto dell’album rivela immediatamente un habitat sonoro originale, ma questa è la peculiarità di tutte le opere del pianista, in cui convivono forme molteplici di musica che passano attraverso la contemporaneità e la tradizioni del jazz, con un apporto di tematiche etniche che guardavo verso i quattro punti cardinali dello scibile sonoro, in cui il gospel si mescola armoniosamente alla coralità della lirica e dove la musica di derivazione eurodotta si unisce all’arte della politonalità e del serialismo. Al contempo echi di melodia mediterranea si fondono ad esotismi poliritmici provenienti da ogni dove. L’apparente struttura evocativa e celebrativa del progetto viene costantemente fortificata o diluita da una regola d’ingaggio tipicamente jazzistica che usa le armi dell’interplay dinamico e dell’improvvisazione espansiva. «Il triangolo di Tartaglia (a Niccolò Tartaglia), ispirato al matematico rinascimentale bresciano, è un potente opener che diventa il grimaldello ideale per aprire la porta d’accesso all’intero costrutto sonoro. Introdotto dalle note del pianoforte e da un corposo apporto percussivo, il clarinetto di Trovesi si muove come un incantatore di serpenti, locupletato dal progressione armonica del band-leader, il quale trasforma la serialità numerica delle note in un nuovo sistema metrico sonoro. Dal canto loro, le ance esplodono imbeccate dai colpi di un’incontenibile retroguardia ritmica, mentre le note zampillanti della tastiera di Angeleri, a briglie sciolte, innescano ripetuti scambi di idee con i fiati. «Lacrimosa» (Gaetano Donizetti, Messa da Requiem, Op.73) vede impegnati il quartetto con Angeleri al piano e Trovesi al clarinetto piccolo insieme al coro The Golden Guys diretto da Paola Milzani. Il riadattamento dal passo bluesy trasduce la composizione di Donizzetti in un impianto duale a metà strada tra un ballata di Sidney Bechet ed una preghiera gospel di voci bianche. «Arturo (ad Arturo Benedetti Michelangeli)» è un tributo al templare della perfezione pianistica, al custode della partitura. Per contro, impalcatura del componimento di Angeleri, arricchita da un fluente humus jazzistico, sposta il baricentro verso un linguaggio contemporaneo ed affine al jazz, dove sono consentite digressioni a sorpresa, eccezioni alla regola ed improvvisazioni.

«Light And Dark (a Michelangelo Merisi Caravaggio)», calata in una dimensione sonora sospesa, chiaroscurale ed a contrasto alternato, nonché ammantata dalla voce di Paola Milzani, sembra descrivere l’inquietudine e i colori, talvolta in penombra, altre a luce viva, delle tele del Caravaggio, i cui pennelli sono sostituiti dall’ottimo commercio di schemi sonori tra Angeleri e Trovesi. «Armida (a Torquato Tasso)», dedicata all’eroina della Gerusalemme liberata, mette in evidenza un duplice interplay tra Visibelli e Comeglio, diametralmente speculari al sax alto, ed il costante botta e risposta tra il clarino di Trovesi e il pianoforte di Angeleri, mentre un’intricata struttura armonica mette in lizza echi della tradizione classica e lungimiranza contemporanea. «Ermitage (a Giacomo Quarenghi)», con la sua potenza quasi trionfalistica, un potente scroscio di fiati e una mitragliata di ritmo proveniente dal kit percussivo, immette in circolo un’aura da jazz orchestrale d’altri tempi, magnificata da ampi sprazzi di swing sinfonico alla Ellington, mentre al cambio di passo, dopo un incantevole effluvio pianistico, sembrano affiorare al proscenio almeno settant’anni di musica sincopata del Novecento con un intreccio ritmo armonico che taglia trasversalmente i due emisferi della musica. «Roots (a Giacomo Costantino Beltrami)» l’omaggio a colui che ha attraversato a piedi l’intero corso del Mississippi incontrando nel suo peregrinare i nativi americani, sembrerebbe davvero un sorta di «back to roots», dal ritmo pulsante e dall’interplay collegiale, quasi un ritorno alle radici del jazz di New Orleans calato in cornice ruggente e primonovecentesca. In conclusione, «Ritratti (alle donne della resistenza)», un affresco corale dai cromatismi molteplici, un inno eseguito su substrato ritmico-armonico dal sangue blues e alimentato da una melodia mediterranea dal sapore vagamente retrò, in cui i fiati si fanno promesse per l’eternità. «Concerto Feat. Gianluigi Trovesi» di Claudio Angeleri è un’opera contemporanea nella forma e nella sostanza, pur guardando nello specchietto retrovisore delle storia, quale motivo ispiratore.

Claudio Angeleri Ensemble

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