// di Irma Sanders //

Basterebbero le parole di Dave Kikoski per dare una precisa indicazione, nonché la reale temperatura artistica di «On The Scene», debutto discografico di Giammarco Ferri. Afferma Kikoski nelle note di copertina: «Entrando in studio con Gianmarco e gli altri ragazzi, ho scoperto un chitarrista dotato di suono e di un feeling non comune per un giovane della sua età, capace di garantire un flusso di idee a getto continuo che hanno reso piacevole il mio suonare al suo fianco. Prevedo grandi cose per lui in futuro e sono felice di essere stato coinvolto in questa registrazione insieme alla sua fantastica band».

Pur essendo parte in causa, Dave Kikoski ha avuto modo di toccate con mano e de visu le notevoli abilità di Giammarco. In realtà «On the Scene», al netto di ogni congettura, è un lavoro maturo e consapevole, rafforzato dalla sinergica collaborazione tra il giovane Ferri, chitarrista emergente nel panorama jazzistico italiano, e l’apprezzato pianista americano David Kikoski, capace di unire e tenere in equilibrio contemporaneità e tradizione, ma soprattutto in grado di far emergere il talento e le infinite possibilità espressive del suo anfitrione e compagno di viaggio. Scrive Francesco Cataldo Verrina nelle liner notes: «Il libro dei sogni del jazz moderno e alcune figure eminenti della sua nomenclatura diventano per Gianmarco Ferri un indicatore di marcia ma, al contempo, un’induzione ad aprire nuovi varchi nei meandri della complessità armonica e verso la ricerca di un sound peculiare, trovando nel pianista David Kikoski, special guest dell’album, un amplificatore naturale dello spettro creativo. L’americano funge da dilatatore e da estrattore delle tante genialità – a volte in nuce – del chitarrista molisano. Kikoski usa un metodo quasi maieutico facendo venire alla luce un flusso ininterrotto di idee…» Non va ovviamente tralasciato il notevole apporto di Stefano Battaglia al contrabbasso, Luca Santaniello alla batteria e la partecipazione speciale di Marcello Allulli al sassofono tenore, il quale offre un significativo contributo da consumato balladeer con un cameo in «So Close».

«On The Scene» è un equilibrato contenitore di elementi sonori e suggestioni che legano passato, presente e futuro del jazz mainstream, attraverso l’attenta selezione di quattro composizioni originali e tre standard rivisitati con originalità e perizia tecnica, evitando il ricalco o il plagio karaokeistico, per contro la via maestra è quella di una ricollocazione delle tematiche post-bop in un contesto di attualità. Tutto ciò trova conferma ancora nelle parole dl Verrina, il quale parla di «costrutto concettuale coerente basato su sette composizioni: quattro originali, che denotano un’ottima tempra autorale, e tre standard in linea con lo stesso mood, pur provenendo da un mondo apparentemente lontano. Ferri evidenzia volutamente la sua formazione bostoniana ed il vissuto americano ma dribblando abilmente il devozionismo parrocchiale. Specie a livello compositivo, pur guardando di tanto in tanto nello specchietto retrovisore, egli evita accuratamente ogni sudditanza nei confronti dei modelli di riferimento». Non di meno, la complicità e l’interplay tra i due strumenti di prima linea sono quelli delle «grandi occasioni», dove il fascino immortale del jazz classico viene trasformato in una memorabile performance basata sulle dinamiche di una contemporaneità piena e consapevole, in cui il risoluto Ferri evita accuratamente di rimanere intrappolano nelle spire di un più comodo ed agevole passato da appunti scolastici.

L’album si apre con «Kiko’s Delight» che si distingue subito per l’organicità della tema melodico tracciato su carta millimetrata e all’unisono dal pianoforte e dalla chitarra. «New Hope» è un altro costrutto originale, imperniato su un groove che istiga inizialmente ad un’ironica e disinibita spensieratezza, ben amalgamato con un increspato blues che, dopo il cambio di passo, determina un repentino cambio di mood. «Mirage» porta a corredo le stimmate di un pervicace blues dalle tinte moderne, suburbane ed intrise di funkiness; un habitat ideale per le improvvisazioni grazie soprattutto all’ottima propulsione ritmica della retroguardia. «So Close» vede la partecipazione – come già anticipato – del sassofonista Marcello Allulli che, dopo la magistrale introduzione di Kikoski, cala il costrutto in una dimensione da brivido sviluppando un’atmosfera brunita e ricca di lirismo. «Unit 7» è altro comprovato standard firmato dal bassista Sam Jones, in cui Ferri esprime il suo personale tributo a Wes Montgomery, facendo suoi certi stilemi espressivi e talune forme costruttive del celebre chitarrista, attraverso un bounce ritmico zampillante e pro-attivo, in cui, per la legge delle alternanze, si solidificano e si saldano gli assoli del rampante leader, di Dave Kikoski e di Battaglia. «They Say It’s Wonderful», classico evergreen a firma Irving Berlin, viene risvegliato dal sacello di un antico torpore, liberato dalla polvere e rivisitato con una tecnica d’ingaggio più adatta ai tempi, pur nel rispetto del primigenio pentagramma. «The Song Is You» è una altro standard jazzistico che, proposto in duo, pianoforte e chitarra, evidenzia proprio sull’ultimo miglio, l’affinità esecutiva e elettiva tra il pianoforte di Dave Kikoski, con la sua erudita complessità melodico-armonica, e della chitarra dell’intraprendente Giammarco Ferri, foriero di una spontanea ed innata versatilità ritmico-improvvisativa. Le parole di Francesco Cataldo Verrina, sempre dalle note di copertina, diventano un suggello potente per un’efficace per la comprensione del concept: «On The Scene di Gianmarco Ferri è un progetto di respiro internazionale che, senza attardarsi a sbirciare nel buco della serratura del passato, ritrova l’essenza idiomatica e genetico-molecolare di un millennium-bop capace di camminare a testa alta anche nella impervia e accidentata palude del jazz contemporaneo».

Giammarco Ferri

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