Addio a Tina Turner, protagonista dell’R&B e del Rock’n’roll nero degli anni ’60, antesignana della Disco-Dance, regina del Pop’n’Soul

Dopo le burrascose vicende coniugali e musicali con Ike Turner (viene addirittura girato un film intitolato Tina, con Angela Bassett nel ruolo della famosa cantante) intraprende una carriera solista che l’ha portata, con immutata fama, sino ai giorni nostri.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Tina Turner, vincitrice di otto Grammy Awards, si è spenta a Zurigo dopo una lunga malattia, aveva 83 anni. La sua parabola ascendente è stata lunga e tormentata. Tina Turner cantava: «I’m your private dancer» ed in questa canzone che, agli inizi degli anni ’80 ne segnò il ritorno in grande stile sulla scena, c’è l’essenza della sua storia fatta di ballo, sesso e trasgressione. I coniugi Turner rappresentarono la disco-dance ante-litteram, quale distillato di una coinvolgente energia pregna blackness che si sprigionava dalla voce e dai riffs di una chitarra che affondava ancora le radici nel blues e nel soul, ma che conteneva, già nei primi anni ’70, i prodromi della musica da ballo intesa come pura evasione e come catarsi ed atto liberatorio del corpo.
Tina Turner, nome d’arte di Annie Mae Bullock, nasce nel 1938 a Nutbush, Tennessee. Dopo le burrascose vicende coniugali e musicali con Ike Turner (viene addirittura girato un film intitolato Tina, con Angela Bassett nel ruolo della famosa cantante) intraprende una carriera solista che l’ha portata, con immutata fama, sino ai giorni nostri. Nel 1985 ottiene il ruolo di protagonista, insieme a Mel Gibson, nel film «Mad Max, oltre la sfera del tuono». Fra gli album rappresentativi: «Private Dancer» (1984), «Tina Live In Europe» (1988) e «Wildest Dreams» (1996). Ike Turner, nato nel Mississippi nel 1931, fin verso i trent’anni fa molte esperienze in ambito blues, rock e R&B, lavorando quasi sempre nel profondo Sud, approdando ad un suo show abbastanza seguito a St. Louis e dintorni, dove incontra la futura Tina (Anna Mae Bullock), che sposa nel 1958, dopo averla iniziata alla carriera di cantante. I due coniugi vanno d’accordo sia nella vita privata sia in scena, laddove la presenza di Ike, compositore, pianista e chitarrista d’eccezione e consumato showman, diventa un indispensabile corollario per le prodezze vocali e dinamiche della bella Tina, fiero e sensuale animale da palcoscenico, tutta verve. Tina, supportata dal consorte, diventa così l’ineguagliabile interprete di numerosi successi: dal primo singolo (45 giri) d’oro, «A FooI In Love» del 1960 fino a «River Deep, Mountain High», contenuto nell’omonimo album, disco di platino nel 1969.
Ripercorrere la strada di Ike & Tina Turner una non è facile, considerati gli spostamenti continui, i mille concerti e l’alternarsi di avventure con varie case discografiche o di vicende con produttori famosi come Phil Spector, cui spetta il pregio di aver realizzato il citato «River Deep, Mountain High», tra i più venduti in assoluto in tutta la storia del pop-soul, che sfonda prima in Inghilterra, nazione considerata dai Turner come una seconda patria per le soddisfazioni là ricevute in tanti anni. Seguono altri successi con «The Hunter» e «l’ve Been Loving You Too Long», sempre nel 1969, anno che li vede impegnati come validissimi supporter ai Rolling Stones nel loro tour in Usa, con una costante ascesa quale amata star, circondata dalle fresche Ikettes in minigonna mozzafiato. È lei che conquista gli occhi degli spettatori (a dire il vero, talvolta più delle orecchie), con il suo ancheggiare provocante, i contorcimenti sensuali, le cosce generosamente in mostra, i seni sbandierati e gli orgasmi mimati a ritmo di R&B, con quel microfono oblungo che nelle sue mani assume la valenza di un organo fallico. Nel 1970, i Turner si esibiscono ad Accra, ospiti del Ghana Arts Council in occasione del 140° anniversario dell’indipendenza dello stato africano, insieme a noti colleghi quali i Santana, Les McCann, Wilson Pickett, Roberta Flack e molti altri.
Nel 1971, i coniugi Turner passano alla Liberty e fanno centro con «Proud Mary», disco d’oro; due anni dopo ne conquistano un altro con «Nutbush City Limits», inciso per la United Artists, casa discografica alla quale si legano verso la fine del 1972. Nel 1974, Tina recita la parte di Acid Queen nel musical Tommy di Ken Russell, nato dall’opera-rock di Pete Townshend e degli Who: i commenti sono lusinghieri sia come attrice sia come vocalist d’eccezione. Dopo qualche tempo, i Turner si dividono e Tina, da allora ha alternato dischi e concerti, girando il mondo con un suo show la cui formula, negli anni, non è affatto cambiata, divenendo anche un’icona di bellezza senza tempo dal fascino irresistibile, probabilmente le gambe più belle della storia della musica. Da qui una seconda carriera da superstar mondiale, costruita passo passo con una delle più celebri cover di «Let’s Stay Together» di Al Green, la citata «Private Dancer», «What’s Love Got To Do With It», «The Best» in un crescendo clamoroso fatto di vendite da Guinness dei Primati (si parla di oltre 200 milioni di copie vendute), concerti clamorosi, Grammy Award, il Kennedy Center Honors e ruoli cinematografici indimenticabili, come la Aunty Entity di «Mad Max», film segnato dal successo mondiale di «We Don’t Need Another Hero». Tina diventa ancora una macchina da guerra, attraverso una costante azione vocal-erotica ed un’energica aggressività musicale, carica di soul, rock, dance e funk con un brio ed un’incontenibile infaticabilità durata fino a qualche tempo fa, quasi alla soglia degli ottant’anni, con quel privilegio riservato ai grandi della musica, che solo la morte e la malattia prima sono riuscite a fermare.
