Divano1

// di Gianluca Giorgi //

Tumi Mogorosi – Group Theory: Black Music (2022)
Il Sudafrica, pur non essendo esattamente la nuova Londra, sta diventando sempre un altro crogiolo geoculturale per la rinascita del jazz. Tra i diversi segnali troviamo la nascita, sotto l’etichetta Blue Note, della Blue Note Africa, che è stata lanciata a metà giugno 2022 con l’ottimo In The Spirit Of Ntu del pianista Nduduzo Makhathini. Ci sono forti legami tra la nuova scena londinese e quella sudafricana. Il sassofonista tenore e clarinettista londinese Shabaka Hutchings ha registrato due album come leader della band, altrimenti sudafricana, Shabaka & The Ancestors. Makhathini e Hutchings sono stati ospiti l’uno dell’altro nei rispettivi dischi. Nel 2020, l’etichetta londinese Brownswood ha pubblicato la compilation “Indaba Is” che presentava band sudafricane emergenti tra cui The Ancestors. Va aggiunta, inoltre, un’ondata di ristampe di classici jazz, delle varie città sudafricane, su etichette indipendenti britanniche e nordamericane. Il batterista Tumi Mogorosi è una presenza forte e rappresentativa sulla scena jazz di Johannesburg. A livello locale, ha suonato con l’Amandla Freedom Ensemble e Ariel Zamonsky, ha anche collaborato con il chitarrista/produttore italiano Nicola Conte e il sassofonista inglese Shabaka Hutchings. Ora arriva Group Theory: Black Music una pubblicazione congiunta delle etichette Mushroom Hour (sudafricana) e New Soil di Londra. Group Theory: Black Music è il nuovo straordinario album del batterista e compositore sudafricano Tumi Mogorosi e consolida un’estetica che esprime contemporaneamente le radici sudafricane del batterista ed il lavoro svolto in parti lontane della diaspora africana. Alla maniera di Louis Moholo-Moholo, Makaya Ntshoko e Ayanda Sikade, Mogorosi è un batterista dallo stile flessibile e potente che porta con sé la tradizione poliritmica africana tipica di grandi personaggi come Elvin Jones, Max Roach e Art Blakey. Prima che Mogorosi prendesse in mano le bacchette era un corista e Group Theory: Black Music deve molto a quella prima esperienza. Già a partire dal suo debutto internazionale su Jazzman Records nel 2014 con Project ELO, Tumi Mogorosi ha rivelato fin da subito il suo talento di musicista creativo e avanguardista della nuova scena sudafricana. Group Theory: Black Music segna il ritorno alle radici musicali del batterista sudafricano con sonorità jazz che guardano alla tradizione transnazionale della “Great Black Music”. Sono davvero tanti (e bravi) i musicisti e cantanti che partecipano a questo nuovo e fagocitante lavoro discografico. Un disco jazz che in undici passaggi unisce uomini e culture della diaspora africana.

Roots Magic, Take Root Among The Stars (2020)
Groove, groove, groove, in questo disco dei Roots Magic da Roma sulla prestigiosa Clean Feed di Lisbona, una delle etichette più attive per quanto riguarda il jazz oggi. Impreziosito dal vibrafono di Francesco Lo Cascio che ci porta in un’Africa ancestrale e avvolta da un alone psichedelico. Musicofili e musicomani prima che musicisti, il quartetto, affiatato e ispiratissimo, mastica ancora una volta un repertorio saporito e variegato, che in questo terzo disco mette insieme il blues di Skip James con l’ipnosi reiterativa e obliqua di Phil Cohran, Sun Ra e Charlie Patton, Ornette Coleman e Kalaparusha McIntyre. L’idea attorno a cui ruota il progetto resta la medesima di sempre, un modo acuto e vibrante di rendere omaggio ad una certa tradizione, facendo incontrare il blues e il free; dove convivono rituali e protesta, ieri e domani; ancient to the future, come diceva l’Art Ensemble Of Chicago. Musica che trabocca di un gospel metafisico e cosmico, che tenta, riuscendoci, di aprire connessioni, di spalancare mondi, di mettere in contatto questo presente pallido e laico con il fuoco delle utopie: blues della diaspora. Consiglio l’ascolto ai “talebani” del be bop, a chi dice che il jazz non è divertente, a chi vuole ballare. C’è un mondo qui dentro, che dimostra che il jazz è sempre in movimento, che guarda al passato per reinventare il proprio presente, e suggerire il suo stesso futuro. Uno dei migliori gruppi che abbiamo oggi in Italia (non sarà un caso se questo è già il terzo disco su Clean Feed).

DJ Amir – Strata Records (The Sound of Detroit) (Volume 1) (2023)
DJ Amir, BBE Music e 180 Proof Records si sono uniti per rendere omaggio alla mitica etichetta jazz indipendente, Strata Records, fondata nel 1969 da Kenny Cox a Detroit, Michigan. L’etichetta attiva fin al 1975 non ha pubblicato molti album, ma sono tutti molto ricercati.Nella compilazione DJ Amir ha selezionato i brani da lui preferiti e che, sempre secondo Dj Amir rappresentano davvero il catalogo e aiutano a raccontare la storia dell’etichetta Strata. Brani che in passato non erano mai stati inseriti in compilation, siano essi brani conosciuti, oscuri o inediti. Nel disco troviamo vari artisti, fra i quali: Charles Mingus, Larry Nozero, sassofonista che ha lavorato con Marvin Gaye, Maulawi Nururidin e Soulmates. La compilation inizia rendendo omaggio al fondatore dell’etichetta, Kenny Cox, con il brano ‘Beyond the Dream’, un groove spirituale, esaltato dagli strati di mellotron e dalla voce soul della leggenda di Detroit Ursula Walker, splendido il finale, con il canto di “Vamonos Que Ya Fiesta Se Acabo”. Poi è la volta di”Face At My Window” brano tratto dall’album “Mirror, Mirror” di Sam Sanders, inedito fino al 2013. C’è il brano di Lyman Woodard “Saturday Night Special”, uno dei vertici della Strata Records, pieno di groove, che rappresenta il meglio dell’organo jazz funk lo-fi e del basso combinato, ancora una volta, con le corde del mellotron. Fra gli altri brani troviamo Kenny Cox con il Contemporary Jazz Quintet (CJQ), Larry Nazero (sassofonista di Marvin Gaye su “What’s Goin’ On”), lo spirituale Maulawi Nururidin e alcune gemme inedite di Ursula Walker, Mixed Bag e Soulmates. Nell’album ci sono anche delle chicche come i brani inediti di TJ che, armato di una drum machine, di una chitarra e di una voce incredibilmente contagiosa, fa ricordare un giovane Shuggie Otis. Sicuramente non pretende di essere una compilation esaustiva e completa, ma queste canzoni possono rappresentare davvero il catalogo e aiutano a raccontare la storia di Strata. Materiale Strata che entra per la prima volta nel catalogo BBE Music.

Tumi Mogorosi, Project Elo (2014)
Ascoltando questo album si potrà ritrovare la spiritualità che ha reso gli esperimenti degli anni ’60 i classici amati che sono oggi, ma sorprendentemente, la suite di Tumi non è stata influenzata dai capolavori di questi grandi dischi. Tumi, nato nel 1987 e già affermato batterista sulla scena di Johannesburg, all’epoca studiava musica all’Università Tshwane di Pretoria, dove divenne amico dei cantanti d’opera che lavoravano nello stesso campus. Quindi, a differenza di alcuni dei suoi coetanei statunitensi, le credenze di Tumi non sono “religiose”. Tumi non appartiene a nessun gruppo religioso. Questo album non è né una messa jazz, né una compilation di pezzi devozionali. Project Elo sta per Project Elohim, le entità angeliche delle scritture spirituali che nella filosofia del batterista sono un simbolo per gli esseri umani realizzati. La spiritualità che l’album trasmette è in sintonia con una visione sincretica e non dogmatica del XXI secolo, infusa di esoterismo. Registrato dal vivo senza sovraincisioni in due giorni da un gruppo di amici, questo album cattura un momento di Eternità e ci da un’idea di cosa sia il jazz sudafricano. La musica di Tumi trascende le etichette e gli stili. Splendido jazz spirituale contemporaneo dal Sudafrica.

Barbara Howard, On The Rise (1970 ristampa numerata vinile rosa 2019)

Barbara ha una bella voce e le sue interpretazioni di diversi classici sono mozzafiato. Una voce fra Dionne Warwick e Mavis Stamples. L’album si distingue per la produzione di Steven Reece che crea un suono sincero e deliziosamente primitivo. Reece si entusiasmò della voce dell’Howard da lanciare un’etichetta discografica solo per pubblicare i suoi dischi, ne era anche innamorato tanto da sposarla ed avere 3 figli con lei. Il disco è stato riscoperto perché divenuto di culto grazie al brano “Welcome Home”, un classico per i Dj-Soul. Originariamente stampato in quantità molto ridotta, si trova poco e a cifre molto alte (250$). A questo punto arriva la Colemine Records, che rintraccia Reece e riesce a stampare questa “attesa” ristampa. Tiratura limitata e colorata a 500 copie.

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