Adriano Bassi : la musica è libertà, non ha bisogno di paternità

Adriano Bassi
// di Guido Michelone//
Conosco Adriano da oltre quarant’anni, da quando negli studios di Novaradio a Milano – l’emittente delle Edizioni Paoline – io conducevo una trasmissione sul jazz in virtù di una Borsa di Studio acquisita grazie al mio curriculum di voti d’esame all’Università Cattolica: Adriano già navigato concertista e insigne musicologo faceva altrettanto con Bach, Mozart, Beethoven e dintorni. Poi, da allora a oggi i nostri incontri si diradano ma al contempo sembrano quasi metodici, a scadenze annuali, nelle tante reciproche collaborazioni; ad esempio a fine anni Novanta lavoriamo con un nuovo editore – Christian Marinotti – che per breve tempo vara una collana di libri su jazz, classico, pop coinvolge in primis il pianista jazz Gaetano Liguori, il quale a sua volta chiama me e il suo ‘vecchio’ compagno di Conservatorio. Poi Adriano, persona dal tratto nobile, signorile, elegante come un gentleman d’altri tempi – ma, nel parlare, con l’accento tipicamente milanese che ‘rappresenta un mondo’ – mi contatta ogni qual volta si occupa di autori contemporanei, di canzone moderna o di musica da film, dimostrando nei miei confronti una stima e un’attenzione che di rado, nel corso del tempo, ricevo da altri colleghi: da me ricambiate organizzandogli un memorabile concerto per solo piano sulle colonne sonore al Museo Borgogna di Vercelli. Adriano possiede una cultura vastissima dal sapore quasi umanistico-rinascimentale: non a caso, fra le tante attività è Presidente della rinomata Società Dante Alighieri, che mi riporta all’infanzia quando noi studenti delle Elementari venivamo tesserati gratis. Ma restiamo in tema di jazz e dintorni.
D In tre parole chi è Adriano Bassi?
R Mi reputo un curioso culturale. Mio padre mi disse, quando ero un ragazzino di dieci anni: “Ricordati Adriano che sarai ignorante a vita, perché non puoi sapere tutto, quindi ignori… ma il livello di ignoranza lo scegli tu!”. Questa frase mi ha accompagnato per tutta la vita, creandomi seri problemi, poiché la mia curiosità è diventata incredibile. Quindi sono un musicista militante avendo fatto studi conservatoriali, ma spazio con la mente in tantissimi territori, anche al di fuori della musica.
D I tuoi primi ricordi della musica da bambino?
R Non ho mai giocato perché, per me, era una perdita di tempo. Forse ero ammalato… può darsi. Ma non mi è mai interessato giocare in modo tradizionale. Preferivo leggere o stare al pianoforte a inventare miei brani.
D E il tuo primo ricordo del jazz in assoluto?
R Fin dai tempi del Conservatorio. La molla del jazz è scattata quando mi sono reso conto che stavo diventando un perfetto esecutore di musica d’altri, ma non sapevo creare nulla di personale sul pianoforte, strumento che ho amato visceralmente. Allora mi sono detto: “Adriano ma tu sei ‘padrone’ del pianoforte? Lo domini?”. E mi sono accorto che non sapevo improvvisare. Da quel momento mi sono avvicinato al jazz, quando in Conservatorio non era stato ancora contemplato!!! Solo il grande guerriero M° Giorgio Gaslini ha offerto a tutti noi di imparare il jazz anche in Conservatorio. Gaslini ha lottato incessantemente con tantissimi problemi, che mi raccontava personalmente! Però ce la fece!!! Quindi bisogna ringraziare Gaslini se molti insegnano jazz in Conservatorio. Ma molti non lo sanno o lo dimenticano.
D C’è un album jazz che ti ha cambiato il modo di vedere le cose?
R Non esiste un album esiste un percorso che ho fatto lentamente, tentando di diventare meno ignorante (ricordando le parole di mio padre) in un settore che non conoscevo poiché in Conservatorio, ai miei tempi, non veniva contemplato. Ascoltavo jazz alla radio.
D Parlaci in breve delle tue esperienze professionali.
R Ne ho fatte parecchie. Sono passato attraverso numerosi momenti però mi ricordo con grande piacere e nostalgia la 24 non stop! Erik Satie tenutasi al Teatro di Porta Romana nel lontano 1980 (oggi reperibile con https://valeriamagli.it/24h-satie/1587/). Una manifestazione storica che ha lasciato traccia nel panorama culturale del tempo. Le altre esperienze sono sempre le solite per tutti, quasi noiose, direzione d’orchestra, concerti pianistici, conferenze, musiche composte per cortometraggi, eccetera. Siamo in migliaia ad aver fatto queste esperienze. Le cose topiche sono rare. Anche in questo caso vorrei ricordare il grande Gianni Sassi che creò la manifestazione su Satie e organizzò la serata dedicata a Demetrio Stratos all’Arena di Milano dove suonai il pianoforte. Altra serata storica. Queste sono esperienze che lasciano una traccia nella tua vita! Il resto è routine.
D Alla fine, come definiresti la tua attività? Artista, critico, studioso, organizzatore o tutto insieme o altro ancora?
R L’ho già detto: curioso culturale e quindi comprende tutto!
D Benché come curioso/studioso tu appartenga al novero della musica colta, hai scritto un libro su Giorgio Gaslini e hai organizzato convegni su di lui: l’esempio più riuscito dell’incontro tra jazz e classica? Ne conosci altri?
R No! Gaslini fu il primo a capire l’importanza di togliere le divisioni musicali e con il brano Tempo e Relazione rivoluzionò il settore musicale. Una bomba di grande qualità e di grande coraggio. Esorto sempre tutti ad analizzare la partitura. Si capirebbero molte cose. Eppure quando fu stampata le critiche non mancarono (fanno parte del gioco). Del resto i pionieri sono sempre figure “scomode”. Esistono i “venditori di fumo” e i pionieri e molte volte ci si confonde nel definirli, ma Gaslini fu un pioniere di razza. Sapeva ciò che scriveva ed ebbe il coraggio di esporsi. Dopo l’incontro fatto da Gaslini creando Tempo e Relazione, gli altri esperimenti sono variazioni sul tema.
D Possiamo parlare di te come di uno dei massimi esperti di musica a 360 gradi? In TV hai spesso parlato di canzoni, ti occupi di musica da film oppure di vaudeville. Come mai?
R Non sono assolutamente un massimo esperto. Ho imparato molto operando in tutti i settori della musica. Del resto la musica ‘classica’ è una piccola porzione del mondo. Quindi ho voluto allargarmi. In tempi non sospetti ho sempre citato la musica da film come musica importante e in molti mi guardavano come un pazzo, ora che è diventata di moda tutti la suonano fino alla noia. Che tristezza! Moda è una parola che detesto. La storia universale è quella che ha un significato importante, non una piccola porzione della storia. Ciò che dico è discutibile, ma io la penso così. Gli altri la pensino diversamente. Va sempre bene. Ho scritto un libro sulla storia del café chantant e in pochi si sono ricordati che, al di là del café chantant come spettacolo, c’è la storia!!! Scrissi un libro sulla storia del Risorgimento femminile ben venticinque anni fa, in tempi non sospetti, ora ristampato, perché la storia non è solo maschile. Adesso tutti scrivono al femminile, si sono ricordaiti ora della figura della donna: incredibile!!!
D Perché, secondo te, i tanti ‘classicisti’ (anche fra i critici) non amano il jazz, che ancor oggi viene quindi (ingiustamente) snobbato ad esempio in università e conservatori?
R Chiedilo a loro. Il jazz è libertà di pensiero. Il jazz va oltre le regole e ‘pesca’ dentro di te le tue vere emozioni dell’istante. I classicisti – come tu mi definisci – rimangono, probabilmente, nel loro orticello di casa e non escono mai dal cancello. Ma ciascuno è libero di fare ciò che desidera. Non critico mai gli altri, sono troppo occupato a criticare a me stesso, perché è sempre difficile farsi un esame di coscienza vero!!!
D Ma per te ha ancora un senso oggi la parola jazz?
R La parola jazz è un’etichetta e a me le etichette non sono mai piaciute, ci servono per capirci qualcosa e per schematizzare il tutto. Bisognerebbe imparare da Buddy Bolden, il quale non sapendo leggere la musica creò – dicono – il jazz. Al di là dell’attribuzione più o meno vera, la risposta sta nell’emozione dell’istante, quando tu suoni ciò che senti: questa è libertà, se decidi, poi, di scrivere su pentagramma ciò che hai provato mentre suonavi, non avrà più l’emozione di quell’istante magico e se studi accademicamente non potresti fare le cose che suoneresti liberamente, perché te lo vieterebbero in quanto sarebbero catalogate come errore. Bisogna imparare a far convivere accademico e non accademico, ma non è facile. Vi sono esempi splendidi e ve ne sono anche ora finalmente.
D E si può parlare di ‘jazz italiano’? Esiste per te qualcosa di definibile come ‘jazz italiano’?
R Ancora una volta le etichette. Esiste il jazz: se è italiano, americano, portoghese, somalo, tutto è determinato dalla tua cultura e dal tuo background. Faccio qualche nome italiano: Giorgio Gaslini, Lelio Luttazzi, Gorni Kramer, Franco Cerri, Enrico Intra, Dino Betti Van Der Noot, Paolo Fresu, Stefano Bollani, Tullio De Piscopo, Massimo Urbani, Enrico Rava.
D Cosa distingue appunto l’approccio al jazz di americani e afroamericani da noi europei?
R Semplice! Non abbiamo nel sangue e nel DNA la loro storia di lacrime e sangue.
D Il jazz e la musica in genere devono parlare, attraverso i suoni, di temi sociali, politici, ambientali, filosofici?
R Per l’ennesima volta ribadisco che la musica è libera come fatto sonoro. L’uomo la utilizza per scopi personali e quindi la ritroviamo in tutti gli ambiti citati nella domanda.
D Come vivi tu la musica in Italia anche in rapporto alle tue esperienze sul territorio?
R Bene perché lotto sempre e le porte in faccia mi danno più forza, sono uno spirito libero, non appartengo a nessuno e quindi sto bene così.
D Cosa pensi tu dell’attuale situazione – governo Meloni – in cui versa la cultura italiana, di cui la musica – anche con il jazz – ovviamente fa parte da anni?
R La musica è apolitica come espressione, siamo noi che la modifichiamo; il LA non è di destra, né di sinistra, né di centro, né di altra parte; è una splendida nota che convive serenamente con le altre note.

Ho letto con attenzione in questa calda Estate di giugno la dettagliata e interessante intervista del
Maestro Adriano BASSI. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e con lui il
comune ed
indimenticabile amico RE
DEL JAZZ Giorgio
GASLINI che ha lasciato tracce uniche ed esempi nel settore .
Come degno allievo il
Maestro Bassi continua tenace nel tenere viva la sua memoria specie fra le nuove generazioni, operazione vitale e preziosa.
Grazie con riconoscenza
Sofia DEL CURTO
SONDRIO