«Dream Scenario» di Simona Severini and Jacopo Ferrazza: cartografia musicale dell’onirico allo stato di veglia (Parco della Musica, 2025)

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«Dream Scenario» non è soltanto un debutto discografico, ma un laboratorio di forme e di linguaggi, dove parola e suono si inseguono, creando un paesaggio musicale che riflette la permeabilità tra realtà e possibilità.

// di Francesco Cataldo Verrina //

«Dream Scenario» rappresenta un piacevole esordio discografico nato dell’incontro tra Simona Severini e Jacopo Ferrazza, duo formatosi nel 2022 e maturato attraverso concerti in Italia e all’estero, fino alla residenza artistica al Centro di Produzione Adriatico ed alla registrazione presso la Casa del Jazz di Roma nel gennaio 2025. La loro collaborazione, fondata su differenze complementari, genera un equilibrio nuovo, dove voce e chitarra di Severini si fondono con il contrabbasso ed il Fender Rhodes di Ferrazza, delineando un orizzonte creativo che si staglia tra intimità e apertura.

Il titolo rimanda al film di Kristoffer Borgli, parabola surreale sull’uomo che diventa presenza nei sogni altrui. L’album assume questa suggestione come chiave interpretativa, ossia ciò che viviamo nella veglia riaffiora nel sogno, e ciò che il sogno lascia ritorna nella coscienza. La musica diventa così spazio simile ad un limbo, condizione perturbante e affascinante, resa attraverso linguaggi differenti ed un continuo alternarsi di tensione e distensione. La track-list comprende undici motivi: nove originali con musiche di Ferrazza e testi di Severini, in italiano ed inglese, accanto a tre riletture minimaliste, aprendo spazi al virtuosismo e all’improvvisazione, mostrando la versatilità del duo. Il lavoro si configura come contenitore di ambientazioni e stili, ma anche come riflessione sui percorsi immaginari, sui limiti e sulla nostalgia. Ciascun suono sembra nascere da un ricordo e aprirsi verso un’atmosfera stratificata, dolce ed inquietante, che indaga il confine tra controllo e abbandono. La produzione, curata da Parco della Musica Records e distribuita da Egea Music, conserva trasparenza e calore, restituendo la naturalezza dell’emissione e la proporzione tra le parti.

L’opener, «Sole», è componimento in tempo medio dall’elevato gradiente radiofonico. Impostato su una progressione modulante, l’intreccio motivico alterna centri tonali contigui. La chitarra disegna un ostinato di accordi aperti, mentre il contrabbasso organizza pedali mobili che guidano la percezione del cambio di tonalità senza frizioni. La linea vocale procede per moto congiunto con salti misurati, valorizzando intervalli di terza e quarta giusta, sospendendo la cadenza perfetta in favore di chiusure plagali, più morbide. L’immagine del calore urbano viene resa mediante timbri asciutti e attacchi netti, con il Fender Rhodes che sfuma il perimetro armonico in brevi velature. «Close» risulta costruita su cellule ritmiche sincopate che generano una pulsazione interiore, non ostentata. La struttura armonica alterna II–V senza risoluzione immediata, creando una sensazione di trattenimento. La voce privilegia legati ampi e micro-ornamenti sul finale di frase; la chitarra risponde con voicing compatti, talvolta quartali, che ampliano la tinta senza appesantire. Il contrabbasso conduce con linee melodiche autonome, sostenendo un intreccio discreto di controcanti. «Black Crow» (Joni Mitchell) viene traslata in rilettura minimalista che rinuncia all’impianto originario più chitarristico in favore di una trama rarefatta. La tonalità resta sorvegliata, con modulazioni rapide che mantengono il profilo melodico in primo piano. Il canto si posa su dinamiche basse, sfruttando consonanti morbide ed emissione sorvegliata; il contrabbasso rimarca la verticalità degli snodi, anticipando o ritardando gli accenti per creare un senso di volo trattenuto. Il risultato mette in luce il testo senza rinunciare alla densità emotiva. «Sogno» di dipana come una narrativa dall’atmosfera luminosa ed inquieta. L’armonia avanza per gradi di parentela, con deviazioni improvvise verso tonalità lontane mediante accordi ponte e ritorni misurati sul centro iniziale. La voce alterna registro pieno e falsetto, generando una prospettiva doppia; la chitarra acustica di Michele Caiati aggiunge arpeggi chiari che donano profondità. Il contrabbasso disegna archi larghi, mentre il Rhodes interviene con sospensioni delicate. L’insieme suggerisce presenze che appaiono e svaniscono, senza effetti narrativi didascalici.

In «Choro», la progressione armonica adotta modulazioni a sorpresa, tipiche del genere, ma conserva sobrietà nel fraseggio. La voce si fa essenziale, lavorando su accenti e rubati; il contrabbasso mette a dimora progressioni virtuosistiche senza compiacimento, mostrando padronanza ritmica e controllo timbrico. La forma rispetta l’alternanza tra tema e digressioni, con ritorno finale che chiude con garbo. «Silence» è una ninna nanna sottovoce, impostata su un’armonia statica che predilige accordi sospesi con nona e undicesima aggiunta. La melodia privilegia moto congiunto e contorni delicati, in modo da non infrangere la quiete creata. La chitarra lavora su texture leggere, quasi puntillistiche; il contrabbasso si limita a sottolineare i passaggi chiave con note lunghe e attacchi vellutati. La scrittura mette in risalto il respiro della parola e la cura delle consonanze. «Caravan» (Duke Ellington, Juan Tizol, Irving Mills) appare come la riduzione elegante di un classico, affrontata senza retorica esotizzante. La scelta di un tempo moderato consente di far emergere le frizioni interne dell’armonia, con uso misurato di cromatismi e sostituzioni tritonali nei punto di snodo. La voce ricava un fraseggio asciutto, evitando l’enfasi; il contrabbasso utilizza figurazioni ritmiche spezzate per suggerire un movimento, pur mantenendo la pulizia di attacco. L’insieme rispetta la tradizione ed, al tempo stesso, offre uno sguardo contemporaneo. «Time» vine dispensato com eun componimento sull’idea di durata e di percezione. L’impianto armonico lavora su progressioni circolari, con ritorni differiti che modificano l’attesa. La procedura vocale tratta le parole come unità metriche variabili, talvolta anticipando la misura, talvolta ritardandola. La chitarra propone cluster controllati che sfiorano la dissonanza senza varcare la soglia dell’asperità, mentre il contrabbasso scandisce con precisione, costruendo una griglia che resta porosa. «Prelude To A Kiss» (Duke Ellington, Irving Gordon, Irving Mills) emerge alla stregua di lettura sobria che mette al centro la cantabilità. L’armonia viene alleggerita di alcune sostituzioni, lasciando respirare la linea melodica. La voce pratica un vibrato contenuto ed una dinamica modulata, mentre il contrabbasso sostiene con poche note ben collocate, privilegiando la qualità dell’intonazione e la bellezza del suono. L’esito conserva raffinatezza e misura, senza ricercare effetto. «Huelva» rappresenta una pagina dai colori caldi, con allusioni iberiche mai didascaliche. L’armonia alterna cadenze miste e scarti modali, mentre il Fender Rhodes aggiunge granulosità luminosa. La chitarra articola figurazioni leggere, non solo di accompagnamento, mentre la voce sfrutta consonanti e sillabe per creare una prosodia scorrevole. Il contrabbasso evidenzia la linea con tocchi rapidi, mantenendo stabilità e flessibilità. «A Song For You» delinea una chiusura intima. La struttura armonica resta lineare, ma l’interpretazione gioca sulle sfumature, tra accenti spostati, legati lunghi e respiri ampi. Il canto si fa confidenziale, la chitarra dosa il volume, il contrabbasso ricama con discrezione. Nel suo complesso l’ordito motivico lascia una sensazione di prossimità, senza sentimentalismi, ma con una lucidità che rispetta il testo e la melodia.

Per tutto lo svolgimento di «Dream Scenario», il duo alterna complessità e limpidezza con naturalezza, evitando la ridondanza. Le scelte armoniche sostengono la narrazione, la scrittura vocale conserva chiarezza e il contrabbasso funge da corpo elastico che regge ed espande. Ogni episodio possiede un profilo distinto e non ripete formule. «Dream Scenario» non è soltanto un debutto discografico, ma un laboratorio di forme e di linguaggi, dove parola e suono si inseguono, creando un paesaggio musicale che riflette la permeabilità tra realtà e possibilità. Severini e Ferrazza dimostrano come la complementarità di due percorsi differenti possa generare un terreno comune, fertile e immaginativo, capace di trasformare il sogno in materia sonora e la memoria in canto.

Ferrazza & Severini

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