West Riviera un marchio che designa un gruppo e un album omonimo: dalla Liguria, l’idea vincente di un new funk di tipo transnazionale

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«West Riviera», di delinea come una pagina musicale compatta, tecnicamente raffinata, capace di sedimentare riferimenti e rilanciare prospettive…un lavoro di notevole spessore, ove la combinazione tra stile italiano e riproposizione riverente, ma senza complessi, dell’universo funkified del passato si traduce in una profonda adesione alla balckness contemporanea.

// di Francesco Cataldo Verrina //

L’avvento di una formazione soul-funk italiana genera immediatamente l’aspettativa di un’offerta musicale contraddistinta da groove tecnicamente raffinati, capaci di animare con vigore un platea o pista da ballo. I West Riviera, attraverso l’album di debutto omonimo, rispondono pienamente a tale attesa. Il quintetto ligure inaugura una traiettoria flessibile che si avvita al tessuto soul-funk, elaborando una forma espressiva che vibra di memoria ed invenzione. La provenienza geografica dei musicisti si riflette in una sensibilità acustica che predilige il dettaglio ritmico, ma anche l’afflato melodico, la costruzione armonica e la cura timbrica, sempre orientata verso una narrazione sonora coerente. I West Riviera aggiungono, così, una voce rivitalizzante ad un linguaggio musicale che, originariamente radicato nella cultura afroamericana, ha assunto nel tempo una dimensione condivisa.

La band nasce nel 2023 da musicisti gravitanti intorno al medesimo ambiente – già membri di altri gruppi affini – ed esordisce nel mese di luglio sul palco del «Riviera Jazz & Blues Festival» di Finale Ligure, come opening-act dei True Loves di Seattle, guidati dal chitarrista Jimmy James. La formazione ligure, pur affondando le radici nella scena musicale del nord-ovest italiano, rivela fin da subito una vocazione transnazionale. Nell’ottobre dello stesso anno, i cinque sodali si recano negli Stati Uniti per un mini-tour nel Pacific Northwest, organizzato da Bryant Moore, bassista dei True Loves, con tappe tra Seattle ed altre città dello stato di Washington, condividendo serate con musicisti e compagini autoctone. Incontri che non rappresentano una semplice trasferta, ma un’immersione in un contesto musicale che ha fatto del groove una sintassi condivisa. Questo primo apparire oltreoceano non ha il carattere episodico dell’esordio, bensì la forza di un’affermazione consapevole: la band italiana procede compatta, padroneggia il lessico tagliente del funk, modula le dinamiche con precisione, ma soprattutto dimostra una capacità rara di costruire interplay. Le serate a fianco artisti del posto non si limitano allo scambio superficiale, ma generano una forma di osmosi stilistica, destinata a lasciare tracce profonde nella scrittura del gruppo. Da lì a poco, i West Riviera daranno alle stampe un singolo in collaborazione con Adam Scone, templare dell’organo Hammond, già attivo con Stone Cash Players, Daptone Records e Parlor Greens. L’esperimento realizzato con Scone non sarà un episodio isolato, bensì l’anticipo di una visione più ampia, che troverà piena espressione proprio in questo album d’esordio.

In coerenza con l’impegno di una formazione votata alla costruzione del groove, le dieci tracce dell’album rinunciano all’elemento testuale. L’assenza di testi orienta l’ascolto verso una dimensione strumentale pura, dove il ritmo diventa struttura e la melodia si articola come forma espressiva. Ciascuna traccia si costruisce per progressione, mediante incastri ritmici e variazioni timbriche che mantengono viva la tensione interna. In luogo dei classici testi «build-up and drop», tanto cari alle funk-band del passato, i West Riviera prediligono l’accensione del motore musicale, depositando l’intreccio motivico direttamente sui binari del groove, ma soprattutto rievocando con efficacia l’epopea aurea di quel modello di black-music, nato nel secolo scorso, ma che sembra rigenerarsi per partenogenesi, stagione dopo stagione. Un portato strumentale, perennemente cinetico, contribuisce ad elevare l’intensità, proiettando l’ascoltatore in una dimensione in cui l’ardore della danza si fonde con l’urgenza, ormai inevitabile, di abbandonarsi al ritmo. Non mancano, per contro, momenti più intimi, bruniti e rilassanti come l’ammaliante e cinematografica «C’mon Valentina», srotolata come un itinerario esplorativo, o la suadente «Nice Camicia», quasi un’escursione notturna in una sonnolenta metropoli americana.

L’ensemble del disco, composto da cinque elementi coesi e sinergici nella circolarità collegiale: Daniele Valanzola al sax tenore, Nicola Arecco alla batteria, Samuele Puppo alla chitarra elettrica, Luca Burattini alle percussioni e Lorenzo Manassero al basso elettrico, usufruisce della partecipazione di due figure di riferimento, Adam Scone all’organo Hammond e Jimmy James alla chitarra. L’innesto di questi ospiti non altera l’equilibrio dell’ensemble, bensì ne espande la fisionomia sonora, introducendo una velatura acustica che arricchisce la trama strumentale. Da segnalare la presenza a rotazione di Marco Di Giuseppe al sax contralto, Danilo Zanini al sax baritono, Paolo Priolo al trombone, Luca Scagliola e Marco Caviglia alla tromba, che irrobustiscono la narrazione, quando la partitura richiede l’inserimento di una sezione fiati, sovente guidata dal sax tenore energico e musicalmente eloquente, il quale contribuisce a definire l’intensità espressiva, sempre in equilibrio con la pulsazione ritmica.

Il singolo «Curtis Coorey» sancisce una sintesi efficace della poetica del gruppo, con l’organo Hammond B3, suonato da Adam Scone, il quale introduce un colore sonoro che si stratifica con naturalezza, mentre in «Everything Is Everything» la chitarra di Jimmy James modella la linea ritmica con precisione e fluidità. Senza tema di smentita, molti passaggi del microsolco appaiono assai gratificanti per i cultori del del soul-funk in tutte le sue diramazioni ed accezioni, e chi scrive appartiene a questa genia di ammalati di groove. In apertura della prima facciata, l’iniziale «Gianni!», il cui titolo più che un nome diventa un’onomatopea non dissimile ad un reiterato «Get Up!», che con un basso a grattugia ed una sezione fiati che spinge sui ritmi binari, rimanda vagamente a talune escursioni di James Brown degli anni Settanta. Non è da meno «Un Po’ di Troubles», che fa pensare agli «strumentaloni» dei primi Kool & The Gang; sono da appuntare anche «Bluso e Deluso» e «Italian Traffic», metafore del caos metropolitano in qualunque latitudine del mondo e tra i momenti più assertivi dell’album. «Can You Feel It» possiede un eleganza non distante da una fusion-jazz di alta scuola; lo stesso dicasi per «Bouncy Sanda» giocata su un equilibrato mélange di stilemi afro-americani, secondo il classico sistema dei vasi comunicanti, tipico della Black American Music, adattata alle reti a strascico della band ligure.

La pubblicazione su vinile, curata dall’etichetta Sleep Walk Sounds, si colloca nel solco di una ricerca che privilegia la forma analogica, il gioco strumentale e la costruzione collettiva, di cui il vinile esalta la fisiologia acustica e le sfumature. Disponibile anche sulle principali piattaforme digitali, West Riviera» espone una visione musicale coerente, poggiata su un’ortografia ritmica che si esalta nel gesto collettivo e si espande nell’aura fonica di ogni strumento, in cui il singolo episodio sonoro si sviluppa secondo una metodologia razionale, dove il tema si dipana gradualmente, sotteso da sequenze accordali e da escrescenze ritmiche che evocano la tradizione afro-americana, rielaborandola con accortezza. A conti fatti, il progetto «West Riviera», di delinea come una pagina musicale compatta, tecnicamente raffinata, capace di sedimentare riferimenti e rilanciare prospettive, in cui ciascun componimento si caratterizza come episodio autonomo, ma interconnesso, secondo una logica di progressione interna che privilegia la costruzione collettiva; un lavoro di notevole spessore, ove la combinazione tra stile italiano e riproposizione riverente, ma senza complessi, dell’universo funkified del passato si traduce in una profonda adesione alla balckness contemporanea.

A suggello le parole del batterista Nicola Arecco: «Questo disco è il risultato di uno scambio continuo, tra ciò che siamo e ciò che amiamo. Un ponte costruito dalla costa ligure al paesaggio sonoro americano che ci ha plasmato. Una conversazione tra la profonda devozione per la musica soul e il gusto, l’atmosfera e l’istinto melodico della nostra terra natale. Si può fare soul-funk in Italia? Può venire dalla Riviera di Ponente? La nostra risposta è sì, ma solo se ogni ingrediente è forte: il fascino per l’America, le innumerevoli ore passate ad ascoltare la musica afroamericana, la tradizione melodica che attraversa la canzone italiana ed un amore per la focaccia che eguaglia il nostro amore per il groove. L’artwork dell’album cattura l’essenza di questo movimento. La copertina mostra un pescatore a Celle Ligure, in piedi sugli scogli, che lancia a mano una rete in mare. Sul retro, l’attimo prima: il corpo teso, la rete ancora in mano. Azione e intenzione. Ritmo e rilascio. West Riviera è il nostro nome, la nostra casa e il nostro suono. Questo è solo l’inizio».

West Riviera

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