«My Foolish Heart» di Patty Lomuscio: geometria sentimentale tra voce, sax e corde (AlfaMusic, 2025)

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Foolish Heart» si rivela come un organismo sonoro che pulsa per coesione, in cui Patty Lomuscio suona e interpreta in sequenza, e lo fa intrecciando, fondendo e modulando.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Con l’intento di restituire alla voce e al contrabbasso una centralità espressiva non subordinata, «My Foolish Heart», edito da AlfaMusic, emerge come un concept musicale nato da una necessità affettiva e timbrica. L’album, quarto capitolo discografico della cantante e violoncellista Patty Lomuscio, si fonda su un’intenzione dichiarata: «racchiude il mio desiderio di realizzare un disco voce e contrabbasso, uno dei miei strumenti preferiti». Da questa premessa prende forma un progetto che non cerca l’effetto, ma la risonanza interiore.

Sulla base del pensiero condiviso con Peter Washington – contrabbassista già complice nel precedente «Star Crossed Lovers» – si delinea una tavolozza sonora che trova nel sax di Vincent Herring la sua terza voce, non come ornamento ma quale estensione di un’idea costruttiva. Il contributo di Herring non costituisce una semplice adesione stilistica, ma accoglienza di una visione: «ha abbracciato la nostra idea musicale», afferma Lomuscio, e da questo abbraccio nasce un trio che oltrepassa la canonica interpretazione formale. Nel repertorio selezionato, evitando il citazionismo, si avverte una tensione verso il classico inteso come radice, dove ogni brano è scelto per varietà formale, mentre l’inserimento di uno choro espande la grammatica affettiva dell’album. A questa struttura si aggiungono due episodi registrati ad Harlem, con Gianluca Renzi al contrabbasso: «due chicche musicali», dice l’artista, che non interrompono il flusso ma lo intensificano. Così, nel cuore di New York, città che «ispira, che ti dà grande carica», si compie l’atto creativo, ma è nel cuore dell’artista che si compie il senso: «My Heart Is Full», dice Lomuscio, evocando l’assonanza con un titolo pieno di gioia, di entusiasmo, di amore con la A maiuscola, ma soprattutto pieno di vita: «Da pochissimo sono madre di una meravigliosa creatura: Teresa, a cui dedico questa mia creazione musicale». Un disco che sancisce dunque una dichiarazione di vita vissuta, ossia non una raccolta di brani, ma una forma di dedizione. «My Foolish Heart» si rivela come un organismo sonoro che pulsa per coesione, in cui Patty Lomuscio suona ed interpreta in sequenza, e lo fa intrecciando, fondendo e modulando, al punto che, mentre canta, accarezza le linee del contrabbasso; suonando, lascia che la voce si pieghi al timbro profondo dello strumento; danzando, si muove nel tempo interno del costrutto sonoro, come se ogni nota fosse un gesto coreografico.

Avviandosi con «First Song», il trio varca una soglia. Washington pizzica con gravità e leggerezza, mentre costruisce un fondale su cui Lomuscio si muove cantando sulla spinta dei ricordi, mentre Herring, entrando con il sax, prolunga la narrazione come un’eco che si fa presenza. L’intreccio motivico si appella ad atmosfere da cinema contemplativo, richiamando la sospensione emotiva, dove ogni sguardo è già racconto. Proseguendo con «Can’t We Be Friends», la voce lascia presagire un’ironia trattenuta: Patty gioca con le sfumature del testo, mentre Washington, seguendo e anticipando, genera una danza timbrica dialogante. Dal canto suo, Herring interviene con frasi brevi e sinuose, quasi a voler rispondere con un sorriso obliquo. Il trio, muovendosi come in un film costruisce una conversazione che non ha bisogno di sovrastrutture. In «You’ve Changed», la voce si fa confessione, non per cercare empatia ma per affermare una trasformazione, con una malinconia che non cede al patetico, dove Lomuscio lascia che il contrabbasso respiri con lei, mentre Herring, entrando con delicatezza, sembra trattenere ogni nota come se fosse un ricordo. Il costrutto attraversa il tempo, richiamando la fotografia emotiva, dove ogni gesto è già perdita. «Choro pro Zé» fa ricorso ad una lingua altra, la quale espande il racconto sonoro ed emotivo. Attraverso l’uso del portoghese, la cantante pugliese non tradisce il jazz, ma lo reinventa. Washington segue il ritmo interno del choro, tramuta il contrabbasso in percussione, mentre Herring, evocando flauti immaginari, si staglia come vento tra le corde. Il trio, respira insieme, pennellando un paesaggio sonoro che riporta in auge una piacevole dolcezza malinconica.

Con «Love Theme From Spartacus», la melodia viene meditata. Patty canta con voce che si piega alla gravità del tema come in una fase di pura contemplazione, mentre Washington, sostenendo con profondità, scolpisce il tempo, ed Herring, intervenendo con timbro vellutato, dilata lo spazio. Il trio, dispiegandosi come in un poema visivo, evoca la tensione lirica di una sequenza filmica dove il paesaggio definisce già di per sé stato d’animo. «I’ll Close My Eyes» è tutt’altro che una chiusura, ma sancisce l’ingresso in un sogno, in cui Patty lascia che il contrabbasso la guidi come complice. Herring suona illuminando le ombre, mentre oltrepassa la soglia tra veglia e sonno. «Tight» e «Stars», registrati ad Harlem con Gianluca Renzi, non interrompono ma intensificano. Con energia trattenuta, Lomuscio si lascia ispirare dal mood urbano, mentre Renzi, con precisione e calore, converte il contrabbasso in voce. In «Stars», il flusso vocale diventa cosmico, non per elevarsi ma per dissolversi in un’aura emozionale. Il tema, pulsando come una costellazione, richiama la poesia visiva, dove ogni nota diventa una particella di luce. Infine, la title-track, «My Foolish Heart» consacra l’intero percorso. Cantando con il cuore fra le mani, come già accennato – «My Heart Is full» – Lomuscio dedica il disco a Teresa, figlia e musa. Così, il trio, diventa esecutore e custode di un’idea, trasducendo ogni tassello del mosaico in un gesto d’amore.

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