Oltre il revival: «And Another Thing» di The Easy Rollers, un dialogo contemporaneo con la storia del jazz

Il progetto assume un rilievo particolare nel dimostrare come la tradizione possa trasformarsi in materia viva, capace di intercettare un pubblico inedito senza rinnegare le proprie radici. Si tratta di jazz che non teme il futuro, poiché ha saputo già tramutare la memoria in energia propulsiva.
// di Cinico Bertallot //
The Easy Rollers, settetto jazz formatosi a Manchester nel 2016, hanno saputo, in un arco temporale inferiore al decennio, affermarsi quale formazione di spicco nel panorama musicale britannico. La compagine, che annovera Dani Sicari alla voce, Alex Hill al pianoforte, Tom Sharp alla tromba, Jamie Stockbridge ai saxofoni e clarinetti, James Girling alle chitarre, Sam Jackson al contrabbasso e Matt Brown alla batteria, ha edificato la propria cifra stilistica sulla fusione tra una reiterata ammirazione per il Jazz Age e la Swing Era e un approccio performativo di stampo teatrale, evocativo degli ambienti speakeasy e cabaret del periodo del Proibizionismo. Dopo un EP edito nel 2017 e il debutto discografico con «Drop Me Off in Harlem» (2022), il gruppo presenta ora «And Another Thing», album che manifesta una notevole maturità artistica.
«And Another Thing» trascende la mera etichetta di disco, come raccolta di brani, strutturandosi piuttosto quale esito di un percorso evolutivo protrattosi per otto anni. La selezione dei brani alterna composizioni originali a riletture di gemme musicali meno note, testimoniando una cura quasi maniacale per il dettaglio fonico e una spiccata propensione alla sperimentazione. La filosofia dell’autoproduzione, cara alla band, ha visto tutti i membri concorrere agli arrangiamenti e alle scelte artistiche, garantendo un’impronta di coerenza e identità. La veste grafica dell’album, ispirata all’estetica vintage, richiama i manifesti pubblicitari d’epoca, rafforzando l’idea di un viaggio musicale che, pur rivolgendosi al passato, si proietta con vigore verso il presente. Le collaborazioni esterne, quali quelle con Ellie Smith e Andrzej Baranek, introducono sfumature cromatiche inattese, ampliando l’orizzonte espressivo del septet. Le prime acclamazioni della critica specializzata attestano il valore intrinseco del progetto. The Jazz Mann ha evidenziato la capacità del gruppo di coniugare rigore filologico e freschezza esecutiva, parlando di «maestria tecnica e brio». Fringe Review ha definito gli Easy Rollers «uno speakeasy scintillante, elegante e coreografato». Il consenso critico è unanime: «And Another Thing» dimostra come la storia del jazz possa essere raccontata con autenticità e vitalità, senza indulgere in mera nostalgia. In un’epoca musicale segnata dalla frammentazione digitale e dal bisogno di esperienze autentiche, «And Another Thing» riafferma la vitalità del jazz quale linguaggio espressivo. The Easy Rollers non operano un mero revival, bensì restituiscono corpo e significato ad un patrimonio culturale che appartiene tanto al passato quanto al presente. Il progetto assume un rilievo particolare nel dimostrare come la tradizione possa trasformarsi in materia viva, capace di intercettare un pubblico inedito senza rinnegare le proprie radici. Si tratta di jazz che non teme il futuro, poiché ha saputo già tramutare la memoria in energia propulsiva.
«And Another Thing» si presenta come un concept di facile combustibilità, in cui ogni traccia invita l’ascoltatore a intraprendere un viaggio sonoro che attraversa epoche, stili e suggestioni. «Back Home Again in Indiana», pur nella sua essenzialità formale, riesce a evocare un’abissale nostalgia per i luoghi d’origine. La melodia, semplice e diretta, si snoda attraverso un’armonia accogliente, creando un’atmosfera che ricorda le scene di un film classico in cui il protagonista torna a casa dopo un lungo viaggio. Le note della tromba di Tom Sharp, calde e avvolgenti, fungono da filo conduttore, trasportando l’ascoltatore in un paesaggio sonoro che risuona di familiarità e affetto. Proseguendo, «Hard Hearted Hannah» si presenta con una vitalità energica, capace di catturare l’attenzione fin dalle prime note. La struttura motivica si caratterizza per un interplay avvincente tra gli strumenti, dove il pianoforte di Alex Hill gioca un ruolo cruciale nell’intessere un’armonia ricca e articolata. Le dinamiche oscillano tra momenti di intensa emersione emotiva e frenetiche accelerazioni ritmiche, creando un contrasto che evoca le tensioni di un dramma cinematografico. La narrazione musicale si sviluppa in un crescendo di sensazioni, quasi come una sequenza di danza in un film, in cui i protagonisti si muovono in perfetta sincronia, esprimendo la complessità delle loro emozioni attraverso il linguaggio del jazz. Successivamente, «Happy Feet – Five Foot Two» offre un cambio di registro, presentandosi come un pezzo di efficace leggerezza e vitalità. La fusione dei due temi celebri, sapientemente amalgamati, genera una struttura aggraziata e dinamica, invitando inevitabilmente al ballo. L’armonia, pur rimanendo ancorata alle radici jazzistiche, si tinge di colori più vivaci, evocando l’immagine di una festa in un elegante salotto degli anni ’30. L’allegria e la spensieratezza prendono vita attraverso il movimento ed il flusso sonoro, rendendo questo brano un inno alla gioia, capace di coinvolgere ogni ascoltatore in un’atmosfera festosa e di condivisione. «Mean to Me» introduce una nota più intima e riflessiva, rivelando un lato vulnerabile del line-up. La ballata, costruita su progressioni accordali che trasmettono un poetico senso di malinconia, consente alla voce di Dani Sicari di brillare in tutta la sua espressività. Le armonie, ricche di sfumature, creano un contesto sonoro che permette di cogliere ogni sottotono emotivo, quasi come se si stesse assistendo ad un monologo interiore di un personaggio letterario. Le note si dipanano lentamente, innescando un’atmosfera di introspezione che invita l’ascoltatore a riflettere sulle proprie esperienze e sentimenti.
Con «Silly Goose», la compagine opta per un intermezzo brioso e conciso, un componimento che si distingue per brevità e freschezza che, caratterizzata da un’armonia disinvolta e da un ritmo incalzante, ricorda le gag comiche dei film muti, dove la musica accompagna ogni gesto e sguardo con ironia e compiacimento. Siamo al climax dello svago, una pausa nel tratturo sonoro che consente di respirare e di lasciarsi andare ad un sorriso. L’interludio «Maybe (Interlude)» funge da ponte emotivo, un breve frammento melodico che prepara l’ascoltatore al tema successivo. Le armonie sospese alimentano un’atmosfera contemplativa, come un momento di attesa in un film, dove il protagonista si ferma a riflettere prima di prendere una decisione cruciale. Questo attimo di silenzio ed introspezione arricchisce l’esperienza complessiva, permettendo di anticipare l’emozione che seguirà. «Somebody Loves Me» riporta l’ascoltatore in un contesto festoso, con un’energia contagiosa che permea l’intera composizione. La sezione ritmica, solida e coinvolgente, sostiene un dialogo vivace tra gli strumenti, mentre la melodia si snoda con eleganza. L’armonia, pur rimanendo radicata nelle tradizioni jazzistiche, si arricchisce di sfumature moderne che amplificano la l’immediatezza del costrutto, il quale suggerisce una celebrazione dell’amore e dell’umanità, quasi come una scena di incontro in un film romantico, dove le emozioni si intrecciano e danzano insieme. Con «Am I Blue?», l’album si tinge di una malinconia brunita. La melodia, intrinsecamente emotiva, viene esaltata da un’orchestrazione che sottolinea le tensioni. La voce di Sicari si fa pungente ed appassionata, evocando immagini di notti solitarie e riflessioni esistenziali.
«The Sweet Life» celebra l’estetica di un’eleganza spensierata. L’armonia, raffinata e melodiosa, disegna un’ambientazione di lusso, in cui la bellezza funge da gancio, rimandando a scene di vita mondana in un film ambientato in una lussuosa villa, dove gli ospiti si muovono con grazia e stile, godendo dei piaceri della vita. La musica si fa colonna sonora di momenti di giubilo e celebrazione, invitando l’ascoltatore a lasciarsi andare ad un senso di benessere. «Fascinating Rhythm» si presenta come un omaggio alla complessità ritmica del jazz. La composizione, con le sue sovrapposizioni e cambi di dinamica, fa appello all’energia vibrante di una metropoli in movimento. Il drumming di Matt Brown risulta particolarmente incisivo, catturando il dinamismo di un balletto collettivo che si snoda tra le strade affollate. La musica diviene così un’esaltazione della vita urbana, con tutte le sue sfide e le sue gioie, quasi come un film che racconta le storie di persone che si incrociano in un momento preciso. Infine, «Everybody Loves My Baby» chiude l’album con un’esplosione di allegria contagiosa. L’armonia si fa solare e il ritmo trascinante, immergendosi in un’atmosfera di festa, quasi il lieto fine di un percorso musicale, un epilogo che lascia un senso di appagamento e di soddisfazione. Un invito a vivere il momento, a godere della musica e a condividere l’amore, proprio come nel finale di un musical che celebra la vita e le relazioni umane. «And Another Thing» sancisce un viaggio sonoro fitto di sfumature e significati, dove ogni passaggio porta con sé una storia e un’escavazione emotiva. The Easy Rollers riescono a tessere una narrazione che abbraccia il passato e si proietta verso il futuro, confermando il loro posto di rilievo sulla scena jazz contemporanea. Con questo lavoro, invitano l’ascoltatore a esplorare le molteplici dimensioni del jazz, dimostrando che la tradizione può essere reinterpretata e rivitalizzata, mantenendo viva l’essenza di un patrimonio culturale che continua a parlare al presente.
