Al netto della modularità stilistica, il tragitto sonoro mantiene una persistente aura newyorkese ed un mood afro-americano, tenendosi alla larga da anagrammi finto scandinavi o da musicarelli e languori canterini modello jazz club mediterranée.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Lorenzo Bisogno è un musicista di talento con un background americano che gli offre una visione dilatata del vernacolo jazzistico: pur sapendo deambulare acrobaticamente sul filo della tradizione non disdegna le incursioni nel presente e nella multiforme contemporaneità del jazz. Avendolo visto all’opera in vari contesti – perfino alcune jam-session – il primo elemento sobbalzante e distintivo che caratterizza il sassofonista è dato dal controllo e dal dominio sullo strumento, nonché da una calibrata proprietà idiomatica. Dopo il disco d’esordio «Open Spaces» e il relativo tour, sia in Italia che all’estero, insieme a Massimo Morganti, per Lorenzo Bisogno si apre un secondo capitolo sulla medesima falsa riga del precedente. Il recente lavoro edito dalla EMME Record ne è una dimostrazione lampante. «It’s A New Day» realizzato in quartetto allargato con Manuel Magrini al piano, Pietro Paris al contrabbasso e Lorenzo Brilli alla batteria, si evolve in un quintetto con la partecipazione straordinaria della tromba di Cosimo Boni, con cui Bisogno stabilisce una perfetta e dinamica interazione, a tratti compensatoria e mutualistica, tanto che il costrutto sonoro diventa a tratti un volo radente sui paesaggi sospesi e mai troppo canonizzati, tipici del secondo quintetto davisiano, che funge solo da motivo ispiratore e da diluente creativo: il materiale trattato è fresco di conio ed in massima parte firmato del band-leader.

Sassofono e tromba si scambiano doni e promesse per l’eternità caratterizzando buona parte dell’album, senza emarginare mai il resto del line-up costituito da una solida e sinergica retroguardia, in cui svetta sovente il piano di Magrini, il cui flusso armonico, mai prevedibile e banale, diventa una piattaforma di lancio ideale per i due fiati, mentre basso e batteria garantiscono un calibrato apporto ritmico, consentendo così al convoglio di non deragliare sul terreno del facile manierismo, specie nelle fasi improvvisative, e di trovare sistematicamente la strada maestra di un concept imperniato su un apporto compositivo alquanto ampio Al netto della modularità stilistica l’impianto armonico mantiene una persistente aura newyorkese ed un mood afro-americano, tenendosi alla larga da anagrammi finto scandinavi o da musicarelli e languori canterini da jazz modello club mediterranée. L’opener dell’album è affidato alla title-track, «It’s A New Day, un componimento a firma Bisogno che rappresenta quasi la summa dell’intero progetto ed una sorta di manifesto programmatico del line-up. Introdotto dal pianoforte, il tema si dipana su uno scenario metropolitano ricco di spunti e di influenze musicali che vanno al soul alla street-culture per per poi incunearsi in un dedalo di sonorità funkfied, sostenute da un groove disteso e brillante. La successiva «Embers», scritta dal contrabbassista Pietro Paris, è un gioiellino di post-bop arricchito da scaglie di soul jazz, in cui il piano diventa un ottimo indicatore di marcia per il sax e la tromba, sorrette da basso e batteria che non lasciano aria ferma.

«It’s An Old day», scritta dal band-leder, è una struggente ballata mid-range locupletata da una melodia a presa rapida e magnificata da un fluente tappeto armonico secreto dal pianoforte di Magrini, su cui sax e tromba si alternano liberando tutti i loro demoni creativi ed un’invidiabile dote di balladeer. «Red Circles», ancora farina del sacco Lorenzo, rappresenta un ottimo quadro circolare che mette in evidenza il sinergico interplay del line-up, soprattutto il gioco contrappuntistico tra sassofono e tromba a cui il piano fa da collante. «Trying To Remember», sempre a firma Bisogno, è un componimento armonicamente semplice e poco vincolante, incentrato su un arrangiamento a maglie larghe che consente una fuga improvvisativa non perimetrabile, nello specifico incrementata da un ostinato di basso e piano che conduce lentamente al recupero del tema iniziale. «Know Thing», scritta dal trombettista Cosimo Boni, arricchisce il costrutto sonoro con un’ambientazione molto davisiana, caratterizzata per contro da un’atmosfera dilatata e sospesa di stampo shorteriano. «Día De Los Muertos» di Manuel Magrini è strutturata come una marcia brunita e flendente scandita dal piano, su cui tromba e sassofono mettono in evidenza la loro innata vis drammatica, senza mai scadere nel languore o nel patema. «Mayabe Not» e «That Was For Albert» sono due brevi ponteggi improvvisativi, implementati su uno schema armonico shorteriano, i quali fanno da cornice a «Grecò», scritta da Pietro Paris, uno dei momenti più suggestivi dell’album, una ballata intensa e crepuscolare, nella quale gli strumenti a fiato raggiungono profondità abissali e dove lo stesso contrabbassista esprime un elevato gradiente di melodismo. Al netto di ogni considerazione tecnica – nello specifico superiore alla media del periodo – «It’s A New Day di Lorenzo Bisogno Quartet è un esempio illuminante di jazz resiliente in tutta la sua prorompente bellezza formale e sostanziale.

Lorenzo Bisogno

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