«Mingus: il Meglio di un Bastardo», il Libro che racconta il Genio di Nogales, come nessuno mai aveva fatto prima

Libro pubblicato nel 2022 in occasione del centenario della nascita di Mingus, nato a Nogales, il 22 aprile 1922 e morto a Cuernavaca il 5 gennaio 1979. Un piccolo best seller, più volte al N°1 e fra i Top 100 dei libri jazz più venduti su Amazon.
// di Irma Sanders //
Leggere di Mingus è sempre appassionante, soprattutto se il percorso narrativo è assai distante dal solito biografismo, che lascia in un angolo buio gli aspetti «sonori» del personaggio, mentre parte della discografia, se non una fetta consistente, continua a rimanere ignota alla massa. Il racconto del jazz spesso si basa più sui fatti inerenti la vita dell’artista o dei personaggi in oggetto che non sull’analisi della discografia a cui fanno da corollario gli elementi ambientali, sociali, politici e personali dell’ musicista trattato. In «Mingus, il Meglio di un Bastardo» di Francesco Cataldo Verrina, avviene esattamente il contrario. Ci sono passaggi del libro che trovo assolutamente irresistibili: «(…) una sorta di certificazione con attestato notarile di come la composizione mingusiana e la tipologia di arrangiamento a maglie larghe consentisse ai sodali estrema versatilità sul terreno dell’improvvisazione collettiva. L’assolo di Clifford Jordan in questa prima traccia assume il carattere accademico di un case-study, attraverso un semplice ed accattivante ritornello che sviluppa un pacato stato d’animo con folate di surplus eccitativo a salti quantici regolari. Dal canto suo Eric Dolphy è latore di una libertà rivelatrice, emettendo attraverso il suo clarinetto basso vampate di genialità sottovuoto spinto».
Ci sono tanti modi per raccontare il jazz, ma la formula usata in questa monografia, oltre che vincente, sembra scardinare il vecchio vernacolo narrativo del tipico saggista paludato ed incomprensibile che parla sempre con sé stesso ed ogni tanto con Dio. Mauro Zappaterra, coglie ulteriori aspetti: «Scritto con la consueta passione da Francesco Cataldo Verrina, già autore di altre importanti opere sul Jazz, questo libro è un esempio di come si possa raccontare un artista «difficile» come Charles Mingus in modo chiaro ed accessibile a tutti, sia ai cultori e conoscitori del Jazz e dello «Stregone di Nogales», che ai neofiti o a chi vuole avvicinarsi o approfondire la conoscenza di questo grande musicista. Il libro si snoda, attraverso uno schema collaudato dell’autore, tra l’analisi della discografia di Mingus ed il racconto della sua vita, attraverso aneddoti e interviste rilasciate da Mingus stesso e da chi gli è stato più legato musicalmente nel corso della sua estroversa e controversa storia».
Tutti conosciamo abbastanza bene la rilevanza del genio di Nogales nell’ambito della storia del jazz moderno, ma in tanti ignorano pagine esemplari della sua opera. Berendt scriveva di Mingus: «Può esprimere il suo odio verso la gente attraverso la musica e, siccome lo fa in modo così convincente, niente da dire. Ma quando l’odio si esprime nel suo comportamento diventa penoso e imbarazzante». Sicuramente tale aspetto del carattere rissoso e belluino del contrabbassista è stato, troppo spesso, reiterato, esacerbato ed abusato. Nella vita di Charles Mingus non ci furono solo gli sbalzi d’umore, ma anche trionfi e ricadute sul piano della carriera, che fu frastagliata ed incostante concentrando il meglio nell’arco di una decina di anni abbondanti che vanno dalla seconda metà degli anni Cinquanta ai tardi anni Sessanta, quando la presa di coscienza afro-americana generò inedite modalità comunicative recuperando un linguaggio vicino al soul, al funk e alle forme responsoriali di derivazione gospel, attraverso una dinamica che fisserà i punti di ancoraggio e le formule espressive dell’hard bop. Il blues sarà il punto cardine, ma elementi folklorici e rimandi alla musica colta andranno sempre più ad aggiungersi all’universo compositivo di Mingus.
Ci sono alcuni punti di contatto con quanto scrive il sassofonista-compositore Roberto Ottaviano, a proposito del contrabbassista: «Mingus il beffardo, il bullo, l’arrogante figlio di puttana, quello avanti a tutti, il guerriero samurai con la sua dinastia (…) Eccessivo, indicibile, in grado di passare dalla seta blue alle orge ecclesiastiche con lo scatto di un giaguaro. Accendere un fuoco e bruciare in fretta tutto, Gospel, Blues, Ellington, Songs, Pitecantropi e uomini multipli come Rahsaan, allucinazioni e psicosi, e poi sedersi con la sua pipa e osservare le fiamme con la tenerezza di un bambino, con gli occhi lucidi». In quasi vent’anni Mingus ha generato una curva creativa ascensionale e sempre al massimo della potenza espressiva e compositiva, per poi precipitare in un baratro di problemi finanziari, personali e psichiatrici, quindi di rientrare in pompa magna sulle scene ancora per pochi anni, prima che la malattia acquietasse il suo prorompente e guerresco carattere, ma soprattutto la sua incontenibile e vulcanica inventiva.
Come spiega l’autore: «In questo libro, che non vuole essere l’ennesimo racconto della controversa vita del contrabbassista, il musicista, l’arrangiatore, il band-leader e il compositore vengono analizzati e raccontati attraverso una cinquantina di album, tra cui i suoi più grandi capolavori. Alcuni trovavano la musica di Mingus inquietante, altri impegnativa e stimolante. In ogni caso l’uomo di Nogales fu in grado di reggere il passo e tenere testa ad ogni nuovo sviluppo evolutivo del jazz, conservando sempre una forte individualità, tanto da evitare l’identificazione con qualsiasi scuola di pensiero. Tra ingegno e follia, tra genio ed imprevedibilità, Mingus incarna la figura del primo vero artista postmoderno della storia del jazz. Non ha caso, al netto del jazz è considerato una delle figure più significative della musica del ‘900».
Per concludere ci affidiamo alla sintetica, ma attenta analisi del contrabbassista Alberto Travagli: «Il libro di Francesco C. Verrina è un must (…) quindi se vuoi saperne di più su chi fosse Mingus attraverso la sua discografia, questo è il testo che fa per te. Non è la solita narrazione lamentosa e slavish, ma un’analisi semplificata del personaggio del gigante jazz che ti farà assolutamente desiderare di ascoltare la sua musica. Il basso di Mingus è immediatamente riconoscibile, così come la scrittura del Verrina».
