IL MANIFESTO DELLO SWING ALL’ITALIANA: DINO PIANA “AL GIR DAL BUGHI” (JANDO MUSIC, 2021)

0
DinoPiana_La-band

// di Mauro Zappaterra //

Prendete il Gotha del jazz italiano, con sei musicisti di tre generazioni diverse, metteteli assieme a suonare il meglio degli standard jazz internazionali, ed ecco il risultato: un disco stellare. Perché “Al Gir Dal Bughi” non è solo un album, è un doveroso tributo musicale ad uno dei più rinomati jazzisti italiani della storia, Dino Piana, fatto a sua volta da altri giganti del Jazz nostrano. Il progetto è nato per omaggiare il grande trombonista astigiano in occasione dei suoi 90 anni, ma basta ascoltare le prime battute di “When Lights Are Low”, con l’attacco del trombone al fianco di Rava, per capire che il mitico Dino è lì per regalarci una altra memorabile sessione di musica. E lo fa alla sua maniera, impeccabilmente e con classe.

Solo alcuni cenni della carriera e della storia di Dino Piana, perché sarebbe impossibile ed ingeneroso rendere giustizia ad un tale musicista in poche righe. Nato a Refrancore, inizia a suonare la tromba nella banda del paese, per poi passare al trombone a pistoni, muovendo i suoi primi passi jazzistici sulla scena torinese, e facendosi già notare come musicista di grande prospetto. Nel 62 inizia uno storico sodalizio artistico con Gianni Basso e Oscar Valdambrini in uno dei più grandi gruppi storici del Jazz italiano, ed insieme a loro entra a far parte dell’Orchestra della Rai. Ha al suo attivo collaborazioni con i più importanti jazzisti italiani e con autentici mostri sacri del panorama mondiale, tra cui Chet Baker, Charles Mingus, Slide Hampton, Kai Winding, Kenny Clarke, George Coleman. Con il suo gruppo formato assieme al figlio Franco ed a Oscar Valdambrini, si esibisce nei più importanti festival jazz del mondo. Nel 2000 forma la “Dino e Franco Piana Jazz Orchestra”. Nel 2008 registra alla Casa del Jazz il disco “Omaggio ad Armando Trovajoli” con arrangiamenti scritti dal figlio Franco e supervisionati ed approvati personalmente dal Maestro Trovajoli. Più di recente ha formato l’attuale Dino & Franco Piana Ensambe, realizzando capolavori come “Seven”, “Seasons”, “Open Spaces” e “Reflections”.

Il titolo del disco, racconta Enrico Rava, nasce dal loro primo incontro per una jam session di tanti anni fa in cui Dino Piana attaccò un assolo definito da Rava stesso “di un altro pianeta”. “Al Gir Dal Bughi” ci immerge in atmosfere calde, patinate, dense di ricordi ma allo stesso tempo magicamente attuali. Il sestetto, guidato dal tridente dei fiati Piana-Rava-Piana, dà sfoggio di grande affiatamento e traina brillantemente la ritmica, con Julian Oliver Mazzariello al piano che non si limita a condire la scena musicale, ma la arricchisce di preziosi inserti di solo. Il motore propulsivo composto da Roberto Gatto alla batteria e Gabriele Evangelista al basso non lascia spazio a battute e vuoto, e sorregge metronomicamente l’assieme, ritagliandosi i propri spazi espressivi perfettamente miscelati nell’amalgama d’assieme.

Dicevamo del contenuto del disco, una confezione di standard internazionali tra i migliori di sempre, eseguiti magistralmente dalla band. Da “When lights are low”, manifesto dello swing con tutta la band sugli scudi, a “Bernie’s Tune”, con quel bellissimo inizio all’unisono che poi lascia spazio ai solo dei fiati e successivamente della ritmica, dalla seducente melodia di “Polka Dotz and Moonbeams”, con la Luna stessa che risplende i suoi raggi sugli ottoni, alla Monkiana “Rhytm a Ning”, dove lo swing scatena un assolo di Dino che spreme i cavalli del suo trombone. Fiati in gran spolvero per “I’ll Close My Eyes”, dove l’interplay regna sovrano in un continuo scambio di ribalta, che continua anche nella successiva “When Will The Blues Live”, con i ritmati intermezzi eseguiti da Gatto a fare da spartiacque tra un solo e un altro, mentre le luci si fanno di nuovo soffuse in “Everything Happens To Me”, con gli afflati delicati che ricamano le trame. “Dear Old Stockholm” risplende del solo scatenato di Rava, con una ritmica in spinta continua su un pezzo di davisiana memoria, dove anche il piano è protagonista assoluto; precede “Line for Lions”, che chiude in bellezza questa “Fiera dello swing” dove i protagonisti espongono il meglio del loro repertorio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *