«Spirits» di Keith Jarrett, viaggio mistico in un panorama musicale anomalo (ECM 1985)

// di Marcello Marinelli //
Ogni tanto mi piace evadere dai confini asfittici del mondo, dalle gabbie delle certezze granitiche, mi piace oltrepassare le regole incerte degli ambiti storici, mi piace perdermi per poi ritrovarmi in un luogo e in un tempo imprecisato, mi piace sentirmi spaesato e decentrato e al tempo stesso centrato perché mi ritrovo centrato nel mezzo della certezza del nulla. Questo disco di Keith Jarrett è lontano dalle consuete sicurezze sonore, colte o squisitamente jazz. Offre un panorama musicale anomalo per chi vuole raccogliere panorami anomali. Oggi voglio cogliere panorami diversi ed entro nel cerchio magico di questo disco suonato in perfetta solitudine dal maestro con gli strumenti sovra incisi. «Spirits» è il titolo del disco. Gli spiriti aleggiano intorno al falò voluto dagli dei e io, che non professo alcuna religione, sono incline ad incontrarli. Mi piace stare in loro compagnia e per stabilire una connessione comunicativa con loro seguo i singoli pezzi del doppio disco che hanno solo titoli numerici. Inizio il viaggio interiore nello spazio-tempo, a spasso per i continenti al centro del mio monolocale predisposto per l’occasione al viaggio mistico.
La cosa incredibile è che in questo preciso momento non faccio uso di droghe, anzi si, faccio uso della mia droga preferita, la musica, e parafrasando un titolo di un celebre film di Francois Truffaut «La mia droga si chiama Julie», tolgo ‘Julie’ e metto ‘musica’, ma solo per il tempo dell’ascolto, poi cercherò di unire le due droghe; sintesi perfetta psico-fisica. Tre set di tabla, un tamburello, un baglama, strumento a corde di origine turca, un pianoforte, un sax soprano, un glocknspiel, un tamburello, vari tipi di flauti, uno shaker gli arnesi atti alla perlustrazione dello spazio-tempo. Il viaggio con gli spiriti non poteva non iniziare con il ritmo atavico delle percussioni. Lo spirito n.1 della facciata 1 del primo disco, esordisce con il ritmo ma già lo spirito n.2 ci ricorda che insieme al ritmo ci può essere anche la melodia e, se vogliamo, anche l’armonia, infatti il combinato della melodia dei flauti e degli accordi del pianoforte in questo frammento è solo melodia-armonia senza strumenti ritmici. Questo è un frammento sublime. Lo spirito n. 3 inizia con dei suoni dei flauti e della voce mischiati, anche se faccio fatica a distinguere la provenienza dei suoni, non sono neanche certo di aver udito una voce, le percussioni fungono da ornamento. Percepisco nitidamente il tempo, tre o quattro mila anni fa, forse meno, forse più, uomini raccolti intorno al fuoco in silenzio ad ascoltare i suoni dei flauti e delle percussioni. In queste condizioni sonore come si fa a non familiarizzare con gli spiriti, sono intorno a noi, siamo fusi con gli spiriti, inutile il linguaggio tra i presenti, io, presente in differita, mi sdoppio e uso le parole per descrivere l’attimo. Lo spirito 4 inizia con il suono delle corde pizzicate che ci porta in un posto e in un tempo ignoto, agli albori del tempo o giù di lì, quando ci si divertiva così e si comunicava così, poi la parola ha preso il sopravvento sui suoni.
In origine forse c’era solo il suono. Lo spirito 5 è una ballata e vedo anche nelle pieghe della mia immaginazione le prime forme rudimentali di danza perché a volte si ascolta immobili il suono, a volte bisogna unire il movimento all’ascolto del suono. Introversione ed estroversione unite nel padroneggiamento dello spazio esteriore ed interiore. Lo spirito 6, frammento di voce, danza e suono. Gli spiriti si confondono, lo spirito 7 è sovrapponibile agli altri che includono solo tabla e flauti, le vocine di Keith fanno capolino qua e là. Lo spirito 8 si manifesta con la dolcezza del liuto che racconta una storia accanto al falò, in controluce gli echi della fiamma che liberano le particelle della combustione. Una nenia ancestrale che racconta, col suono, la fugacità della vita e della sua straniante bellezza da raccontare. Nello spirito 10 scorgo echi di XVII secolo, echi di quadriglia che ci riporta temporalmente vicino a noi. Ricompare il piano nello spirito 11 all’unisono col flauto e poi stringe accordi armonici con lui. Lo spirito 12 muove l’andamento, da sognante ad inquieto per il principio dell’alternanza degli umori, ritmo pressante, quasi un’improvvisazione jazz, forse il mio spirito eretico ha preso il sopravvento, forse non so quello che dico. La madre Africa, che permea il tessuto ritmico anche quando si passa da un continente immaginario ad un altro crea il tappeto dello spirito 13. Nello spirito 14 spariscono le percussioni e rimane una polifonia di flauti, forse siamo in Sud America o nell’alto delle montagne del lontano oriente, chi può dirlo. Lo spirito 15, uno dei miei due preferiti, esprime lirismo allo stato puro, è l’unica purezza che mi concedo. Forse è uno spirito giapponese, il piano e i flauti esprimono la bellezza del frammento sonoro carico di pathos. Si perlustrano località remote sparse nel pianeta sempre senza percussioni nello spirito 16. Lo spirito 17, con il sax soprano in evidenza, conduce con la compagnia di un insieme di voci ultraterrene che l’accompagnano, direttamente nelle braccia degli spiriti che, per l’occasione, si manifestano, grati per l’invocazione e per il giusto tributo.
Lo spirito 18 ritorna al tappeto ritmico ipnotico, ondeggiante, ripetitivo. Qui avverto la presenza femminile, o qualcosa di simile, che assume le sembianze di una danzatrice che asseconda, con movenze sensuali, il beat, ancheggiando sopra e intorno al tempo. Lo spirito 19 conduce alla fine della prima facciata del secondo disco in religioso raccoglimento, senza percussioni aggiunte. Lo spirito 20 è lo spirito del sax soprano che veleggia imperioso. Riprende l’ondeggiamento della danza sensuale nello spirito 21 con le danzatrici che si muovono lentamente in cerchio intorno al fuoco. Disegnano figure in movimento che le loro ombre proiettano intorno ad un simposio immaginario. Lo spirito 22 fa ritornate con il solo flauto a raccoglimento senza movimento. Nello spirito 23 fa capolino il jazz, o quello che io intendo per jazz, che il maestro di cerimonia ha tanto dispensato in altri contesti. Lo spirito del jazz che, con il sax soprano, l’accompagnamento del piano e le sue vocine tipiche, fanno di questo spirito, un altro dei miei favoriti. Spirito del jazz che colgo anche nel numero 25. Lo spirito 26 esaurisce il viaggio nella «Lands Of spirits», in questa porzione immaginaria di pianeta tra terra e cielo. Saluto il maestro Keith Jarrett che ha fatto da ‘medium’ sonoro, gli spiriti che hanno contribuito con la loro essenza alla riuscita del viaggio e voi, se per diletto o solo per semplice curiosità, siete arrivati sin qui.
