«Tempo» del Mauro Mussoni Quintet: geometrie sonore e ritmo circadiano (Barly Records, 2025)

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«Tempo» sancisce un ciclo narrativo coerente, dove ogni composizione non vive isolata, ma partecipa a un disegno complessivo che riproduce l’andamento di una giornata. La scrittura di Mussoni trasforma la cronologia quotidiana in esperienza sonora, in energia che si rinnova e si ripete, in equilibrio instabile tra ordine e imprevedibilità.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Il terzo lavoro del quintetto guidato da Mauro Mussoni, «Tempo», nasce da un percorso meditativo che affonda le radici nel 2018, quando il contrabbassista avvertì l’urgenza di dare forma ad un progetto discografico personale, dopo numerose collaborazioni di natura eterogenea. La scelta del titolo non è un mero espediente semantico, ma rimanda ad una riflessione filosofica sul fluire del tempo, inteso come materia che sfugge e si rinnova, come antimateria che scandisce i gesti quotidiani e le oscillazioni emotive. I nove episodi sonori si diramano secondo la ratio di una giornata, con momenti di slancio, pause, rituali intimi e malinconie serali. La biografia musicale di Mussoni, segnata da un avvio sul pianoforte classico, dall’ascolto dei vinili dei Beatles e di Louis Armstrong, dall’adolescenza rock e grunge, fino all’incontro rivelatore con Art Blakey, si riflette in questo lavoro come sedimentazione di esperienze.

Registrato presso i Marzi Recording Studios nel gennaio 2025, l’album si distingue per una modus operandi che, pur non cercando la rottura radicale, offre una varietà di colori acustici e di tessiture ritmiche atte ad indurre l’ascoltatore alla meditazione. Alcuni brani assumono una funzione catalizzatrice, quasi enzimatica, poiché traducono in suono le diverse fasi della giornata: l’energia mattutina, la convivialità del pranzo, la quiete notturna. La ricerca timbrica si orienta verso un’aura fonica dolce e vitale, in cui le voci del trombone di Massimo Morganti e del flauto di Simone La Maida si avvitano con incisività, sostenute dal clarinetto basso di Achille Succi. La Maida, al sax alto e soprano, aggiunge ulteriori sfumature, mentre il pianoforte di Massimiliano Rocchetta funge da collante armonico, raccordando la sezione dei fiati con la ritmica calda e nervosa del contrabbasso di Mussoni e della batteria di Manuel Giovannetti, arricchita da effetti percussivi. Ne risulta una trama sonora che alterna opulenza e rarefazioni, con un equilibrio dinamico che richiama la varietà delle tessiture visive della copertina ideata da Antonello Zoffoli: l’ombra dell’artista come lancetta, i numeri romani in periferia, il pavimento al centro come metafora di un ordine interno fatto di ripetizioni e variazioni. Il quintetto dimostra una coesione tecnica ed interpretativa di alto livello: la scrittura di Mussoni si alimenta della sensibilità dei compagni di viaggio, che non si riducono a meri esecutori, bensì partecipano alla costruzione di un impianto condiviso. «Tempo» si afferma come un progetto maturo, teso a coniugare riflessione filosofica e concretezza musicale, con un linguaggio che, pur rispettando la tradizione jazzistica, si apre ad una dimensione narrativa e contemplativa.

Il disco oltrepassa il racconto del tempo cronologico, traducendolo in materia tangibile, in stato di coscienza ed in passaggio esistenziale. Ciascuna composizione diventa così un frammento di vita, un microcosmo che restituisce la varietà delle emozioni quotidiane, dispiegandosi come un arco narrativo continuo, senza fratture, con un andamento che richiama i ritmi circadiani. L’iniziale «Lapse» introduce subito la dimensione del tempo come materia plasmabile: il contrabbasso di Mussoni apre con un profilo acustico che sembra scandire il passo, mentre i fiati s’innestano progressivamente, generando una trama sonora che alterna slanci e pause, quasi a suggerire il risveglio e la presa di coscienza mattutina. «But Not Least», annunciata dal basso-leader, prosegue con un tono più disteso, dove il pianoforte di Rocchetta funge da collante armonico, abbracciando le voci dei fiati e restituendo un senso di equilibrio che prepara al movimento successivo. «Beware Of The Dog» si fa latore un registro ironico e vivace: la scrittura si fa più nervosa, con la batteria di Giovannetti che accentua gli spigoli ritmici ed il clarinetto basso di Succi che aggiunge profondità timbrica, mentre quintetto lavora su contrasti dinamici, evocando la frenesia di un momento di allerta, come se il tempo stesso si facesse improvvisamente più serrato. «Timanfaya» porta invece in scena un paesaggio vulcanico, con progressioni armoniche che evocano la forza della natura: il trombone di Morganti e il sax di La Maida si fondono in un colore sonoro che richiama la densità lavica, mentre il contrabbasso sostiene con energia tellurica.

«Largo» implementa un ordito filmico, un momento di esplorazione collettiva: la scrittura si fa incalzante, il pianoforte disegna linee ampie ed i fiati si muovono con aura fonica assertiva, quasi a a voler scandagliare le pieghe di un tempo altro. «Orizzonte», introdotta da contrabbasso, riapre lo spazio, con un andamento che suggerisce apertura e slancio: la melodia si proietta verso l’esterno, i fiati dispensano una velatura acustica che amplifica la percezione di profondità, mentre la ritmica sostiene con discrezione. «Tennis» gioca invece sulla rapidità e sull’alternanza, con scambi serrati tra fiati e sezione ritmica che ricordano il rimbalzo di una pallina: l’intreccio motivico diventa esercizio di dialogo e di prontezza, con il contrabbasso che funge da perno e la batteria che accentua la dimensione ludica. «Sweet Evening» porta con sé l’inquietudine della sera, con un colore sonoro più contrastante ed un pianoforte che avvolge i fiati in un tessuto armonico umorale, mentre contrabbasso e batteria alimentano la tensione. La conclusiva «Midnight Sun» chiude il cerchio con un’immagine luminosa e notturna al tempo stesso: la sezione dei fiati si espande in un tessuto corale, il contrabbasso sostiene con fermezza e la batteria introduce effetti percussivi che amplificano la dimensione evocativa. Il brano diventa sintesi dell’intero progetto, restituendo la varietà delle tessiture e la continuità del flusso temporale.

A conti fatti, «Tempo» sancisce un ciclo narrativo coerente, dove ogni composizione non vive isolata, ma partecipa a un disegno complessivo che riproduce l’andamento di una giornata e le oscillazioni emotive che la accompagnano. La scrittura di Mussoni, sorretta dalla sensibilità dei compagni di viaggio, trasforma la cronologia quotidiana in esperienza sonora, in energia che si rinnova e si ripete, in equilibrio instabile tra ordine e imprevedibilità.

Mauro Mussoni

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