«Everwanted», terzo album di Nikola Bankov: una narrazione sonora che si radica nell’esperienza e si espande nella forma (AMP Records, 2025)

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…una pagina musicale compatta, tecnicamente raffinata, capace di sedimentare riferimenti e rilanciare prospettive. Ogni episodio sonoro si evolve secondo una ratio di progressione ben congegnata, dove la costruzione collettiva si fonde con la visione del leader.

// di Cinico Bertallot //

«Everwanted», edito dalla AMP Records, terzo album di Nikola Bankov, alto sassofonista e compositore di origine slovacca, assume i connotati di una dichiarazione di poetica, un tracciato sonoro che sedimenta esperienze, rilancia metodologie d’impiego (anche nell’utilizzo dell’elettronica) e ridefinisce il perimetro di una sorta di fusion-jazz del terzo millennio: il suo dato anagrafico risulta emblematico in tal senso. Nato nel 1998, insignito del Danish Music Awards ed incluso nella lista Forbes 30 under 30 tra le personalità più influenti della Slovacchia, Bankov riscrive in questo lavoro una sintassi musicale che vibra di tensione formale e di urgenza espressiva, accennando alla tradizione, ma con le antenne puntate sulle modulazioni e le frequenze del jazz europeo contemporaneo, fatto di tinte zebrate e di multicanalità strumentale.

La formazione, composta da Jonas Gravlund alla chitarra elettrica, August Korsgaard alle tastiere, Frederik Bak al basso elettrico e synth bass, Jacob Hedegaard alla batteria, e dallo stesso Bankov al sax alto, si muove con coesione e precisione, modellando una struttura tematica che alterna impatto ritmico e rarefazione armonica. Le sette composizioni originali, tutte firmate dal leader, si evolvono secondo una logica di espansione collegiale, evitando le mappature canoniche e prediligendo un’elaborazione melodica estesa, dove l’assolo non interrompe, ma prolunga, disegnando traiettorie spiraliformi che risucchiano il fruitore, quasi in maniera ipnotica. Bankov dichiara di aver evitato le forme AABA, prediligendo strutture ampie, dove la melodia si sviluppa in sezioni estese e gli assoli s’integrano nel tessuto compositivo. L’armonia segue la linea melodica, dislocando il ritmo e generando un’impressione polimetrica che determina l’atmosfera e sostiene i motivi principali. L’obiettivo dichiarato, ossia rendere memorabile una musica complessa, si realizza mediante una scrittura limpida che aborrisce la semplificazione. Le influenze dichiarate, oltrepassano il concetto di citazione, innestandosi come riflessi nel tessuto di un album coerente per metodo e concezione che rifugge dall’ibridazione fine a se stessa. Il passaggio dalla Danimarca alla Svizzera, dove Bankov ha completato il master in jazz saxophone, agisce da detonatore creativo, generando una narrazione sonora che si radica nell’esperienza e si espande nella forma.

L’opener «Everything I Have» introduce un profilo acustico stratificato, con il naso puntato a Nord, in cui il sax alto s’innesta su una trama di synth e moog bass, generando una velatura elettronica strutturante. Il flusso melodico risulta alquanto itinerante e cinematografico, quasi a descrivere una perlustrazione lungo i viali di una metropoli in penombra, ma che si risveglia progressivamente, tra luci, ombre e chiaroscuri, con tanto di finale a strascico. «5AM» e «What’s Next?» proseguono nel solco di una scrittura, che guarda al jazz nordico, privilegiando la forma lunga e descrittiva, la variazione timbrica e la dislocazione degli accenti, secondo una logica polimetrica che sostiene il discorso armonico, mentre il sax rifluisce in un progressione in crescendo, senza mai perdere il contatto con la congruità melodica, che in alcuni frangenti sembra deflagrare in tutta la sua pienezza, mentre l’elettronica funge da collante. «On Repeat» si distingue per la capacità di dispensare atmosfere sospese mediante l’uso calibrato di effetti e modulazioni: il clima diventa piu rarefatto e crepuscolare. «Eleven Eleven» si mostra come una ballata dal suggestivo intreccio tematico che emerge in superficie seguendo una linea quasi ininterrotta come un piano sequenza dove, nell’intermedio, il sax concede molto spazio ai compagni viaggio «Peace Of Mind» in duo con il bassista Tim Lefebvre – già al fianco di David Bowie e Donny McCaslin – si presenta come episodio intimo, giocato su una dialettica tra sax e basso elettrico che non cerca il climax, ma lavora per sottrazione, all’interno un costrutto sonoro che sembra scavare nel profondo. La chiusura è affidata a «Fast Life» (06:41), con la partecipazione del chitarrista britannico Tom Ford, noto per le collaborazioni con Chris Dave, Keyon Harrold ed il pianista Reuben James. Il costrutto si sviluppa come itinerario ritmico, in cui la chitarra disegna traiettorie oblique, mentre il sax alto articola la melodia con una sensibilità interiormente articolata. Dopo un inizio a passo felpato, l’intreccio motivico esplode in tutta la sua vitalità e con una serie di ostinati taglienti e funkified.

«Everwanted» si configura come una pagina musicale compatta, tecnicamente raffinata, capace di sedimentare riferimenti e rilanciare prospettive. Ogni episodio sonoro si evolve secondo una ratio di progressione ben congegnata, dove la costruzione collettiva si fonde con la visione del leader. Il risultato è un lavoro di notevole spessore, in cui la combinazione tra scrittura jazzistica e sensibilità nordica genera un profilo acustico originale, eloquente e musicalmente consapevole. A suggello, le parole dello stesso Bankov: «Creare musica con i miei amici più stretti e musicisti preferiti, suonare in giro per il mondo, sentirmi felice e benedetto, circondato da pace e amore: questo è tutto ciò che ho sempre voluto. Questo è “Everwanted”». A nostro avviso, potrebbe essere anche di più, dipende dalla prospettiva, cui si osserva e si valuta.

Nicola Bankov

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