«The Forest And The Zoo»: l’arte dell’improvvisazione collettiva nel capolavoro di Steve Lacy (Base Records, 1967)

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Lungi dal perseguire la spiritualità liberatoria, cara a molto free jazz, l’unità di Lacy si mantiene leggera e fantasiosa, pur librandosi in voli pindarici. «The Forest And The Zoo» si erge quale imprescindibile pietra miliare nella discografia del sopranista, un lavoro che attesta la visione innovativa e la potenza dell’improvvisazione collettiva.

// di Francesco Cataldo Verrina //

«The Forest And The Zoo» di Steve Lacy – registrato l’8 ottobre del 1966, presso l’Istituto Di Tella, Centro de Experimentation Audio-Visual di Buenos Aires – sancisce un vertice all’interno della sua produzione discografica, compendio di una visione artistica e della potenza dell’improvvisazione collettiva. La riedizione, che ha emendato le originarie imperfezioni di phasing, restituisce all’ascolto la compiutezza di un lavoro articolato in due estese composizioni per quartetto, «Forest» e «Zoo», ove si manifesta la maestria di Lacy al sassofono soprano, coadiuvato da un ensemble di inequivocabile valore. Il quartetto, un’autentica costellazione di talenti internazionali, annovera il trombettista italiano Enrico Rava e la formidabile sezione ritmica sudafricana composta dal contrabbassista Johnny Dyani e dal batterista Louis T. Moholo. Dyani e Moholo, già affiatati collaboratori in The Blue Notes And Brotherhood Of Breath. I due africani attendono ad una profonda consonanza stilistica, integrando senza soluzione di continuità il dialogo improvvisativo con la front line costituita di Lacy e Rava. La registrazione dal vivo, effettuata in Argentina, accresce la suggestione, conferendo all’esperienza sonora un’aura di autenticità ed immediatezza.

«The Forest And The Zoo» contiene solo due lunghe escursioni, una per facciata (parliamo del vinile), le quali evidenziano l’abilità con cui il sassofonista soprano annoda elementi armonici, dinamiche di gruppo ed evocazioni artistiche, dando vita ad un’esperienza sonora totalizzante. «Forest» si apre con un tema melodico di immediata presa, preludio ad un’esplorazione armonica che si fa via via più complessa. La progressione degli accordi, caratterizzata da una sapiente fusione di tonalità maggiori e minori, crea un contrasto che permette ai musicisti di esprimere un’ampia gamma di emozioni. Lacy fa ricorso a voicing estesi, giocando con none ed undicesime, che arricchiscono il paesaggio accordale, creando un ambiente sonoro ricco e stratificato. L’interplay tra Lacy ed Enrico Rava diventa fulcro del brano: la tromba di Enrico, lungi dall’essere mero accompagnamento, risponde e si avvita al sassofono di Steve generando a una conversazione vivace ed entusiasmante. La sezione ritmica, composta da Johnny Dyani e Louis T. Moholo, fornisce un sostegno elastico e ritmico, consentendo ai solisti di spaziare liberamente. La loro intesa, frutto di consolidate collaborazioni, si traduce in una fluidità esecutiva che trasforma il pezzo in una vera e proprio dialogo circolare. La narrazione di «Forest» riporta alla mente le immagini di una foresta vibrante e vivace, un luogo pulsante di vita e movimento, che potrebbe richiamare la prosa di autori come Henry David Thoreau, la cui scrittura esplora la connessione tra uomo e natura. In ambito cinematografico, il brano ricorda le ambientazioni de «Il giardino segreto», ove la natura diviene rifugio e luogo di scoperta personale. L’energia gioiosa del brano si presta perfettamente ad inscenare l’avvenenza e l’imprevedibilità della vita naturale.

«Zoo», a sua volta, si distingue per un’atmosfera più contemplativa ed introspettiva. La progressione armonica si fa più intricata, riflettendo un senso di dinamismo e di carotaggio interiore. Lacy utilizza un linguaggio armonico che si sposta tra diverse tonalità, incorporando tensioni e risoluzioni che creano uno story telling poetico e coinvolgente. Le dissonanze vengono sfruttate per esprimere un senso di urgenza ed inquietudine, dando vita ad un paesaggio sonoro ricco di sfumature. Il dialogo tra Lacy ed Enrico Rava si fa più fitto e serrato, con il sassofono che si avvinghia in modo primordiale alla tromba, creando un sodalizio che riflette quasi l’idea di un amplesso sonoro. Dyani e Moholo, dalla retroguardia, dispensano un supporto pulsante che mantiene viva l’energia del costrutto, mentre il loro apporto ritmico amplifica lo spettro percettivo del racconto. La loro capacità di interagire istantaneamente arricchisce il portato relazionale del line-up, che raggiunge il climax dell’improvvisazione collettiva. «Zoo» evoca un senso di perlustrazione progressiva e meraviglia, richiamando alla mente il romanzo «Il giardino delle esperidi» di Mina Loy, dove la natura si fa metafora di libertà e scoperta interiore. Cinematograficamente, il rimando va a «La vita degli altri», ove le complessità delle relazioni umane e le tensioni emotive sono messe in scena in modo abissale e significativo. La musica di Lacy, in questo contesto, diviene un veicolo per indagare temi di connessione ed escavazione emotiva, nonché la seduttività delle infinite sfaccettature dell’essere umano. «Forest» ed «Zoo» non sono semplici esperienze sonore, bensì viaggi immersivi ed intellettuali che invitano l’ascoltatore a riflettere. Nel complesso l’album offre un’occasione imprescindibile per apprezzare il sassofonista insieme ad uno dei suoi ensemble più potenti all’apice della creatività. Lungi dal perseguire la spiritualità liberatoria, cara a molto free jazz, l’unità di Lacy si mantiene leggera e fantasiosa, pur librandosi in voli pindarici. «The Forest And The Zoo» si erge quale imprescindibile pietra miliare nella discografia del sopranista, un lavoro che attesta la visione innovativa e la potenza dell’improvvisazione collettiva.

Steve Lacy

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