«Liquid Walls» Andrea Ferrari, un progetto multiforme

Andrea Ferrari
Possiamo percepire tratti ipnotici o elementi specifici del jazz o del blues, specchi della musica classica, ma anche angoli che ricordano la musica irlandese e carezze fusion o smooth che conducono i viaggiatori in questi spazi dove solo il sogno li rende possibili.
// di Stefano Lana //
La musica non ha solo una forma, ma può prendere diverse strade. Questo è il pensiero che sgomita nella mente dopo aver ascoltato le prime note dell’album che ho tra le mani. Tutti siamo abituati a percepire le melodie con le orecchie, ma l’ultima creazione di Andrea Ferrari è una vera e propria immersione sensoriale.
«Liquid Walls» non è una semplice opera musicale, prima ancora di vedere l’immagine della copertina, mi sono fatto avvolgere dalle emozioni. Ho immaginato un bosco, i suoni sono pieni e densi di muschio, di corteccia e profumano di resina. Anche gli echi espressi sono di Parkeriana memoria che si ispiravano al cinguettio degli uccelli e ai rumori del Creato. Ho l’impressione di sentire il respiro degli alberi, accentuato dall’intensità dei fiati del quintetto che non ti tiene stretto alla poltrona, ma ti fa fluttuare. Andrea Ferrari saxofonista e clarinettista ha unito a sè altri quattro talenti come Roger Rota al fagotto e al sax sopranino, Alberto Zanini alla chitarra elettrica, Loris Leo Lari al basso elettrico e Davide Bussoleni alla batteria. Il jazz d’avanguardia del leader è aperto ma ben strutturato, influenzato dalla formazione classica, mai etereo o astratto, e non cade nelle trappole del virtuosismo compiaciuto. Andrea lavora da quasi vent’anni con Adalberto Ferrari nel duo NovoTono, con cui ha pubblicato cinque album, l’ultimo dei quali è «Intertwined Roots» (Parco della Musica 2023), che vede anche la partecipazione di Gianluigi Trovesi.
L’autore ha paragonato il suo disco ad un vero e proprio racconto e anche dal titolo possiamo comprendere che non stiamo parlando di una realtà statica e solida, ma liquida che prende forma e può trovare il suo senso nella diversità interpretativa. Psicologicamente parlando non è un limite o un freno, ma è un muro poroso che fa traspirare ognuno di noi. I dieci brani contenuti sono mondi paralleli distinti tra loro, come pianeti dove l’ascoltatore trova realmente luoghi diversi, anche i nomi di questi sono evocativi. Basti pensare ad esempio a: «Blue Corner», a »Density», «Dance of Wild Wood» o lo stesso «Drops» racchiudono caratteri antichi, ma contemporaneamente moderni. Possiamo percepire tratti ipnotici o elementi specifici del jazz o del blues, specchi della musica classica, ma anche angoli che ricordano la musica irlandese e carezze fusion o smooth che conducono i viaggiatori in questi spazi dove solo il sogno li rende possibili. Una voce naturale dettata dal desiderio e dall’impegno di questi grandi musicisti e confidiamo che possano riscuotere il successo che meritano.
