OIG1

// di Gianluca Giorgi //

Cosmic Michael, Phil Musra Group, Peace In The World / Creator Spaces (2LP tiratura limitata 791/1000)

“Una coppia di rari album di avant jazz, riuniti qui insieme! Il primo album è “Peace In The World”, forse l’unico album pubblicato sotto il nome di Michael Cosmic accompagnato da suo fratello, l’armonicista Phill Musra. Il set vede Cosmic addentrarsi in un territorio molto inebriante, con suoni che risentono della sua permanenza, in giovane età, nell’AACM e del suo breve periodo con Cecil Taylor. Si sente l’influenza della scena Boston degli anni ‘70, dove il disco è stato registrato, scena che vedeva crescere la reputazione di Cosmic. Le tracce sono lunghe e sono concepite in modo libero, ma hanno anche momenti spirituali con Cosmic che suona principalmente il piano e con Musra al sax soprano e tenore. I titoli includono “We Love You Malcolm X”, “Peace In The World”, “Sapce On Space” e “Arabia”. L’altro album correlato è “Creator Spaces”, di Phill Musra, registrato all’epoca in cui faceva parte della scena underground avant di Boston. Una scena che era leggermente diversa rispetto a Chicago, Detroit o New York. L’album ha un’inclinazione spirituale avant/soul, con molti riferimenti cosmici, un approccio che ricorda molto una classica sessione della Saturn Records di Sun Ra, sia nel suono che nello spirito. Musra suona le ance, i carillon e le percussioni, Michael Cosmic fa un incredibile lavoro al sax e suona un po’ anche l’organo in modo particolare da “trip” ricordando Su Ra, Huseyin Ertunc suona le percussioni, in modo molto libero e sciolto, così da un creare un grande equilibrio con le linee più spigolose del disco. I titoli delle tracce tracce: “The Creator Is So Far Out”, “The Creator Spaces”, “Egypt” e “Arabia”. Doppio LP in edizione limitata a 1000 copie su Now-Again Reserve Edition, masterizzato dai nastri originali, correlato da un ampio libretto con note di copertina dello storico del jazz Clifford Allen. Copertina apribile con foto tipo volantini incollati sia sul fronte che sul retro. Album di potenti miscele di spiritualità, fuoco espressionista e novità elettrizzate, non per tutti ma estremamente interessante.

Tony Williams, Spring (1966 ristampa 2023)

Originariamente inciso al Rudy Van Gelder Studio di Englewood Cliffs, New Jersey, il 12 agosto del 1965 e pubblicato nel 1966 dalla Blue Note, vede presenti Tony Williams (batteria), Wayne Shorter (sax tenore), Sam Rivers (sax tenore), Herbie Hancock (pianoforte) e Gary Peacock (contrabbasso). Un album di jazz d’avanguardia, uscito a nome Anthony Williams, in cui il grande batterista ed altri due membri del secondo grande quintetto di Miles Davis, Wayner Shorter e Herbie Hancock, liberano la propria creatività fra post bop e spunti free jazz, fra melodia ed astrattismo, complice anche la presenza di Peacock, collaboratore di Albert Ayler e di Sam Rivers, due artisti attivi nel jazz sperimentale. Tony Williams (1945-1997), fu uno dei batteristi jazz di maggior talento, cominciò giovanissimo una carriera musicale di alto livello, suonando già nel 1959-60 con Sam Rivers e poi nel 1962, appena diciassettenne, con Jackie McLean, prima di approdare, poco dopo, nel gruppo di Miles Davis che sarebbe presto diventato il secondo grande quintetto del trombettista (Davis, Hancock, Shorter, Carter e Williams). Williams suonò con Miles per il resto degli anni ’60, contribuendo a grandi capolavori del jazz definito ”post bop”, avviando nel 1964 anche la carriera come leader. Appassionato anche di musica rock, Williams formò i Lifetime dopo aver lasciato il gruppo di Davis, formazione fusion di cui facevano parte anche Larry Young e John McLaughlin; continuò a suonare nei decenni successivi, scomparendo prematuramente nel 1997 per attacco cardiaco. Ottima ristampa del 2023, in vinile 180 grammi e rimasterizzata dai master tapes analogici originali, copertina pressoché identica a quella della rara prima stampa. Gran bel suono.

Gary Bartz anti Troop, Harlem Bush Music Uhuru (1971 ristampa 2017)

Gradita ristampa dello splendido terzo album accreditato a Bartz con la sua NTU Troop, di poco successivo a “Harlem bush music – taifa”, l’album è composto da soul, jazz, R&B, dai toni accesi. “Uhuru” è un lavoro di confine in cui si mescolano diverse correnti del jazz sperimentale, da quelle tendenti al free a quelle più aperte all’incrocio con il funk, infatti il groove in alcuni episodi è molto potente. Ci sono anche spunti post bop ed una vena soul jazz che rende di più facile ascolto certi passaggi, accanto a voli strumentali più arditi e difficili da seguire. Jazzista sottovalutato, il sassofonista di Baltimora Gary Bartz fece parte fra il 1962 ed il 1964 del Jazz Workshop di Charles Mingus, nel cui ambito collaborò con il grande Eric Dolphy. Suonò anche con Abbey Lincoln e con Max Roach negli anni ’60, facendo poi parte dei Jazz Messengers di Art Blakey e suonando con McCoy Tyner verso la fine del decennio. Negli anni ‘70 lo troviamo in ”Live-evil” di Miles Davis e poi formò il suo gruppo, la NTU Troop, attiva nei primi anni ’70 con lavori di jazz avventuroso e non commerciale, aperto a più stili, dal post bop al jazz rock/funk. Questo disco può essere considerato l’inizio trionfale di Gary Bartz solista. Un pezzo cruciale del “puzzle” immediatamente seguente l’uscita di Bitches Brew.

Shabaka And The Ancestors, We Are Sent Here By History (2020 2lp)

Ancora un disco della “Nuova Scena Jazz”.

È un disco bellissimo, ma parlare di questo album in questi momenti non è facile. L’album, come riflessione sulle rovine della nostra specie. Il primo album del gruppo ci ragguagliava sul forte rischio di un collasso societario, questo secondo decide di proclamarlo sotto forma di poema sonoro. Fra Archie Shepp e Fela Kuti, un’este­ti­ca ar­ti­co­la­ta ma immediata. La ric­chez­za del­l’al­bum la­scia sem­pli­ce­men­te ester­re­fat­ti: pura psi­che­de­lia jazz ra­re­fat­ta (Sun Ra), afrobeat mixato con l’estetica londinese, ricerca melodica e ritualismo jazz di pura matrice africana, sax incendiario, funk psi­che­de­li­co/spo­ken word (Last Poets) splendida la collaborazione con il poeta Siyabonga Mthembu che ha assicurato un racconto poetico passionale sotto forma di spoken word. Incredibile il la­vo­ro del bas­si­sta Ariel Zo­mon­sky. Rispetto al predecessore i brani sono più coesi, più vari, ric­chi dal punto di vista com­po­si­ti­vo e me­lo­di­co, di­ver­si­fi­ca­ti sul piano sti­li­sti­co. Note, suoni, colori, vivacemente orchestrati in vista di un eventuale post-apocalittico nuovo inizio. Magari proprio a ripartire dall’Africa, quella australe se non altro. La definitiva consacrazione per Shabaka Hutchings. Un peccato non averlo potuto vedere nel 2020 ad Umbria Jazz.

Dezron Douglas & Brandee Younger, Force Majeure (International Anthem 2020)

Ancora una bella iniziativa per l’attiva International Anthem che mette su disco lo stream-to-songbook di Force Majeure. Nel disco troviamo il perfetto matrimonio fra il contrabbasso e l’arpa, i due sono anche compagni nella vita; si rafforzano a vicenda attraverso una risonanza condivisa, le linee di basso tortuose e impegnate di Douglas spesso suonano come estensioni dell’arpa di Younger. Gli 11 pezzi eseguiti dal bassista Dezron Douglas e dall’arpista Brandee Younger sono estratti da una serie di spettacoli in live-streaming dal loro salotto di Harlem, NY, durante il lockdown del 2020. L’album è stato autoregistrato dal duo usando un solo microfono. Per tutto il disco troviamo tra le canzoni discorsi e battute, per un delizioso pezzo di musica da camera. I classici del jazz modale di Pharoah Sanders e dei Coltranes si confrontano con letture celestiali e armonicamente ricche di standard soul come You Make Me Feel Brand New degli Stylistics e Never Can Say Goodbye di Clifton Davis, con la Younger che spazia tra fioriture modali a più cromatiche, con improvvisazioni influenzate dal bop di Dorothy Ashby. In This Woman’s Work di Kate Bush, le frasi fragorose di Younger suonano come una kora africana; nell’originale Toilet Paper Romance, brilla come un’intera sezione di archi. “Questo album è un testamento al potere della musica di sollevarci nei momenti più difficili”, dice l’amico, collaboratore e collega di International Anthem, Makaya McCraven. Force Majeure è una suite edificante di vera musica di conforto – un balsamo spirituale che emana calore dal cuore. Gran bel disco!

0 Condivisioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *