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// di Gianluca Giorgi //

Various, Soul Love Now: The Black Fire Records Story 1975 – 1993 (2lp 2020)
La Strut Records presenta la prima compilation in assoluto che riunisce classici e rarità dell’etichetta seminale jazz/spirituale/soul Black Fire, con brani che vanno dal 1975 al 1993. La Black Fire è nata sulla scia di altre influenti etichette indipendenti di proprietà di neri, come la Strata-East e la Tribe ed è stata fondata a Richmond, in Virginia, dal DJ e produttore discografico Jimmy Gray con il sassofonista James “Plunky” Branch rientrato a Richmond da New York per formare Oneness Of Juju. L’album “African Rhythms” della suddetta band nel 1975 è stato la perfetta fusione di jazz, profondi poliritmi africani e potenti testi. Il bassista Muzi Branch, per “Soul Love Now”, ha creato la copertina, la prima di molte altre copertine disegnate a mano per la Black Fire. L’album è stato il primo di una serie di uscite di riferimento sull’etichetta tra cui “Space Jungle Luv” di Oneness Of Juju (1976) e i debutti del soulman Wayne Davis (1976) e dei pionieri Early Go Go Experience Unlimited (1977). Gray ha continuato a usare la sua influenza e i suoi forti istinti A&R per portare ancora più artisti importanti: grandi jazzisti come Byard Lancaster e Hamiet Bluiett, il maestro percussionista ghanese Okyerema Asante e collettivi di talento tra cui Southern Energy Ensemble e la troupe musicale/drammatica Theatre West. A causa di problemi personali e di mancanza di fondi, molte incisioni non furono pubblicate e sono emerse solo successivamente sulle uscite in CD durante i primi anni ’90. “Soul Love Now” riunisce alcuni dei brani salienti dell’etichetta in questa unica è essenziale compilation. Fra i brani troviamo l’iniziale potente messaggio soul del Theatre West “Children of Tomorrow’s Dreams”, una registrazione di Byard Lancaster con Drummers Of Ibadan di Tunde Kuboye in Nigeria e il classico della danza jazz di Lon Moshe “Doin’ The Carvin For Thabo”. Wayne Davis con l’esplosivo raro groove gospel “Look At The People” mentre JuJu e Oneness Of Juju di Plunky sono caratterizzati da tre tracce che abbracciano la loro carriera, tra cui una versione inedita del classico “African Rhythms” registrato a DC nel 1975. Il disco è correlato da un ottimo inserto con note di copertina, rare foto e estese interviste ai musicisti dell’etichetta.

Pharoah Sanders, Karma (1969 ristampa Verve Acoustic Sounds Series 2022)
Karma è la terza registrazione di Sanders come leader e secondo disco per la Impulse!. Uscito nel 1969 è una pietra miliare del movimento Spiritual Jazz e una naturale progressione nell’esplorazione sonora che Sanders, insieme a John e Alice Coltrane, aveva guidato nei cinque anni precedenti [con John Coltrane su “Ascension” (1966), “Meditations” (1966) e “Kulu Sé Mama” (1967) e Alice Coltrane su “A Monastic Trio (1968) e “Cosmic Music” (1968) e proseguita poi su “Ptah, The El Daoud” (1970) e “Journey in Satchidananda” (1971)]. Il pezzo principale dell’album è “The Creator Has a Master Plan” di 32 minuti, co-composto da Sanders con il cantante Leon Thomas e considerato da molti, non a torto, l’inno dello Spiritual Jazz. Alcuni vedono questo pezzo come una sorta di sequel della leggendaria registrazione del 1964 “A Love Supreme” del mentore di Sanders John Coltrane. Presenta Sanders sul sax tenore, insieme a due dei suoi più importanti collaboratori, il già citato Leon Thomas e il pianista Lonnie Liston Smith, oltre a un cast di supporto di musicisti che erano musicisti importanti a pieno titolo: il flautista James Spaulding; il suonatore di corno francese Julius Watkins; il bassista Reggie Workman, che aveva suonato con Coltrane all’inizio degli anni ’60; il secondo bassista Richard Davis; il batterista Billy Hart e il percussionista Nathaniel Bettis. Mentre le versioni successive di questo brano, alcune delle quali presentavano comunque Sanders e Thomas, sono diventate più brevi e più liriche, questo originale contiene parti strumentali libere estese, in particolare la terza parte, in cui il sassofonista dimostra alcune delle tecniche che costruiscono il suo suono distintivo e stridulo. In questo disco Sanders ha, infatti, ampliato il linguaggio del sassofono jazz con respirazione circolare, overblowing polifonico, ululati del registro superiore e grida gutturali, facendo ottimamente uso anche delle percussioni africane e orientali, diventando il primo di una serie di album monumentali per l’etichetta. Un viaggio spirituale difficile, il travaglio e la sofferenza sono espressi, nella parte centrale del brano, dal free-jazz, dalle urla, dal disordine infernale, con il sax di Sanders infuocato, inquieto, un pathos quasi insostenibile, poi la confusione ritorna alla tranquillità, ci si avvicina alla meta e Leon ricomincia a cantare il tema iniziale. La successiva “Colors” infatti è immersa in un clima di pace, finalmente si è raggiunto il nirvana, la tranquillità, la redenzione. Come ha detto Shabaka Hutchings è proprio questo suono potente e allo stesso modo musicale che permette ad un musicista di diventare “un guaritore”. Il sound intenso, ubriacante e contorto di Pharoah Sanders nel tempo ha stregato altri giganti: Ornette Coleman, che non ha esitato a definirlo il numero uno in assoluto dello strumento; prima ancora Sun Ra, creditore anche del nome d’arte scelto da Farrell (“Faraone”); quindi Carla Bley, che gli riserva un ruolo di primo piano nella sua poliedrica orchestra. Il disco fa parte dell’ottima serie “Verve Acoustic Sounds Series”: masterizzato completamente analogico dai nastri originali di Ryan K. Smith a Sterling Sound, pressatura QPR (180 g), copertina gatefold.

Franco Ambrosetti, Nora (2022)
Registrare un album con gli archi è spesso il sogno di una vita per i musicisti jazz.
In una carriera che dura da sei decenni e quasi 40 album come leader o co-leader, il venerato trombettista svizzero Franco Ambrosetti per la seconda volta realizza questo sogno, quasi 43 anni dopo il suo primo progetto uscito nel 1979, con ospiti jazz americani, e diretto da Don Sebesky. In questo disco troviamo un nucleo di musicisti di livello mondiale (il chitarrista John Scofield, il bassista Scott Colley, il pianista Uri Caine, il batterista Peter Erskine) con un’orchestra d’archi di 22 elementi diretta dal pianista-arrangiatore Alan Broadbent, vincitore di un Grammy e Sara Caswell al violino e come primo violino. Questo disco di Ambrosetti potrebbe essere la sua risposta a Charlie Parker with Strings e Clifford Brown with Strings, entrambi apprezzati album della sua giovinezza. L’album si intitola semplicemente Nora, breve e dolce, quattro lettere, due sillabe, ma si poteva tranquillamente intitolare “Franco Ambrosetti with Strings”. Nell’album ci sono due originali di Ambrosetti, oltre a composizioni di Miles Davis, Victor Feldman, George Gruntz (un ex collega di Franco), John Dankworth e un’incredibile versione di “After the Rain” di John Coltrane. Da sottolineare il lavoro del basso di Scott, molto presente ma che non mette in ombra gli altri musicisti, bellissima la chiarezza con cui è stato registrato poiché occupa un posto prominente ma equilibrato nel mix. Un disco di musica elegante in cui Ambrosetti scandisce la profondità dell’emozione con un programma di ballate romantiche di rara intimità e grazia. Ottimo il suono d’orato del flicorno in queste gemme melodiche. L’icona del jazz svizzero e trombettista Franco Ambrosetti ci regala un altro album stellare! Una nota sul suono; è pubblicizzato come: “La nuova tecnologia audio 3D (Surround 5.1, su SACD) che dovrebbe offrire una nuova esperienza sonora, il vinile ha un’acustica spettacolare!

Organic Pulse Ensemble, Formative Stages (2023 ltd ed)
‘Formative Stages’ è il terzo album di questa “ensemble” che propriamente una band non è, infatti l’Organic Pulse Ensemble è solo una persona; vale a dire, il compositore e polistrumentista svedese Gustav Horneij e si rimane un po’ sbalorditi perché il disco suona davvero come fosse una band a suonare. In altre parole, Gustav Horneij ha fatto un vero lavoro di assemblaggio di tutto ciò che stava registrando individualmente. Un vero uomo orchestra, questo è il signor Horneij che suona dai sassofoni alle percussioni, passando per chitarre, flauti, bassi e tastiere. Il tutto suona in modo molto organico, molto naturale, creando paesaggi sonori di carattere meditativo. La musica proposta nelle nove canzoni di ‘Formative Stages’ oscilla tra lo-fi, jazz spirituale, con sfumature di ‘krautrock’ e pennellate etniche come in ‘Kaffe Bouzouki’, in cui il bouzouki è suonato Dimitrios Karatzios. Tutto funziona molto bene. Melodie piacevoli e semplici per un album veramente bello.

Okè, Deserto (2020 2lp)
Tra jazz cosmico, afro-house, reminiscenze etniche e library music. Il trio di Bologna in questo secondo lavoro, mixa strumenti acustici con l’elettronica, infatti troviamo: Sequences, Electronic Percussions, Batá, Congas, FX e Rhodes, Synths. L’album presenta 16 nuove canzoni del trio insieme a due cover: “Il Venditore Di Elastici” di Tony Esposito, dall’album fusion Rosso Napoletano del 1974 e “A Night In Tunisia” di Dizzie Gillespie, standard degli anni ’40 che viene reinventato qui con un groove contagioso e ondulato. All’album partecipano come ospiti vari musicisti della scena jazz italiana, tra cui Venus Rodriguez alle “voci inquietanti” in Ochosi Ayilodà, Nico Menci ai tasti, Pasquale Mirra al vibrafono e ai sintetizzatori, Davide Angelica alla chitarra, Salvatore Lauriola al basso e Valeria Sturba al violino elettrico. Un stupendo viaggio visionario in paesaggi immaginari uscito, nel momento in cui eravamo tutti inchiodati a casa. Doppio vinile con opere d’arte coinvolgenti di Andrea Casciu.

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