Sonny Criss con «I’ll Catch The Sun», un piccolo capolavoro sfuggito al controllo dei radar (Prestige, 1969)
L’album in oggetto cattura Criss al climax della maturità musicale. Il timbro cristallino e vibrante riflette una notevole crescita interpretativa rispetto alle registrazioni precedenti.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Con immenso rammarico va detto che Sonny Criss appartiene a quella schiera di jazzisti spesso scomparsi dal controllo dei radar. Nella sua pur esigua discografia – se paragonata a quella di molti coevi – si celano autentici capolavori, anch’essi conosciuti presso una ristretta schiera di autentici appassionati. «I’ll Catch The Sun» è una straordinaria testimonianza della ricercatezza esecutiva e del tratto distintivo del sassofonista, legata al suo ritorno sulle scene alla fine degli anni ’60. In quel periodo, Criss aveva sviluppato uno stile che lo differenziava nettamente dai suoi contemporanei, specie quelli di area losangelina. Il suo modo di suonare non si conformava agli schemi tradizionali del bebop né agli stilemi dell’R&B, ma si esprimeva con una sofisticata intensità soul, attraverso un suono elegante e profondamente espressivo.
L’album in oggetto cattura Criss al climax della maturità musicale. Il timbro cristallino e vibrante riflette una notevole crescita interpretativa rispetto alle registrazioni precedenti. Il suo fraseggio scorre con naturalezza, creando un’esperienza sonora totalizzante. Sonny è alla testa di un quartetto d’eccezione: Hampton Hawes al pianoforte, Monty Budwig al contrabbasso e Shelly Manne alla batteria, ciascuno dei quali contribuisce a dare maggiore credibilità e dinamismo al disco. L’album in oggetto rappresenta un eccellente punto di ingresso nel suo universo musicale. Esso racchiude tutta l’essenza di uno stile e di un metodo esecutivo che l’hanno reso un performer straordinario, anche se la storia non l’ha mai collocato tra le figure eminenti del jazz. Se questa raccolta dovesse riuscire a catturare il vostro interesse, si consiglia anche «The Complete Imperial Sessions» con il pianista Sonny Clark, un’altra favorevole occasione per esplorare il microcosmo di Sonny Criss, scoperto ex-post perfino da una certa critica distratta ed abituata a lavorare all’ingrosso.
L’opener, «Don’t Rain On My Parade», si regge su una arrangiamento vivace e pieno di brio, con un’esecuzione che sprigiona un’aura quasi parkeriana. Ciononostante, Criss dimostra ancora una volta la sua padronanza nell’interpretare melodie popolari con uno stile del tutto personale. «Blue Sunset», con i suoi otto minuti di durata, costituisce un’autentica escursione sonora, che da sola vale il prezzo della corsa. La struttura armonica è sofisticata, mentre il sax trasmette un senso di malinconia avvolgente, sinergicamente amplificato dalla retroguardia. «I Thoght About You» si muove sula medesima falsariga, sulle corde di una narrazione brunita ed avvolgente, che evidenzia le doti del sassofonista come eccellente balladeer. La B-side si apre con «California Screamin’» sprigiona un’intensità elettrizzante, dimostrano ulteriormente l’abilità di Criss nel fondere tecnica strumentale ed emozionale. Il suono deciso dell’alto sax di Criss s’impone subito, con fraseggi che combinano blues e bebop in una rutilante alternanza di ritmo e velocità, contenenti ancora qualche residuo parkeriano. La struggente «Cry Me A River» è a un bagno catartico nelle acque californiane. Una rilettura sapiente e personalizzata del classico standard jazz, incui Criss infonde un senso di drammaticità senza mai eccedere, mantenendo sempre il giusto equilibrio tra tecnica e sentimento. La conclusiva «I’ll Catch The Sun», il pezzo che dà il titolo all’album, è una composizione ricca di lirismo, con una melodia che scorre dolcemente e mette in luce l leggerezza del fraseggio di Criss. Il dialogo tra sax e pianoforte è piccolo case-study.
Nonostante la sua indiscussa maestria, Criss rimane un artista relativamente sottovalutato nel panorama jazzistico. La sua musicalità, il suo timbro e la sua passione possono tranquillamente competere con la nomenclatura post-parkeriana, sebbene il suo lavoro non ha mai ricevuto il riconoscimento ed l’unaime plauso di critica e pubblico che meriterebbe. «I’ll Catch The Sun», ultimo album pubblicato per la Prestige, incarna perfettamente la capacità del sassofonista nel mescolare bebop e blues con un’espressività ineguagliabile. L’intero album è un’immersione sonora fuori dal comune, in cui Criss riesce a fondere virtuosismo, immediatezza melodica e sensibilità comunicativa. Il suo tono pieno e rotondo, unito a una tecnica impeccabile, rende «I’ll Catch The Sun» un’opera imprescindibile ed ecumenica per gli amanti del jazz, senza distinzione di età, razza, nazionalità, ceto o censo.

