Marcella Carboni Trio Feat. Gabriele Mirabassi con «Miradas», un’originale rilettura dell’opera di Pieranunzi

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Cover_Carboni

Un perpetuo scambio di ruoli, dove arpa, contrabbasso e batteria trovano in taluni frangenti una perfetta compliance, divenendo un tutt’uno, diversamente i tre sodali assumono l’incarico di portatori di un sinergico sistema dialogico sorretto da un interplay dinamico capace si evidenziare il portato melodico…

// di Francesco Cataldo Verrina //

A partire dagli anni Settanta, Enrico Pieranunzi viene considerato uno dei vessilliferi del jazz italiano a livello planetario. Oggi settantacinquenne, Pieranunzi è un’eminenza grigia, ancora attiva e vitale, che dispone di un vasto repertorio non sempre facile da »domare» per i tanti giovani artisti tributari che, di tanto in tanto, decidono di misurarsi con il suo scibile sonoro. Marcella Carboni ci prova e ci riesce spostando l’asse del Pieranunzi-pensiero su un terreno insolito ed attraverso un un trio jazz atipico in cui l’arpa elettro-acustica sostituisce il classico pianoforte. La Carboni si avvale nella configurazione trio di due pilastri del jazz italico: Paolino Dalla Porta al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. Paradossalmente l’arpa, pur non surrogando il pianoforte, riesce ad oltrepassare gli stereotipi associati a questo strumento – certamente desueto in ambito jazzistico – e che riporta alla mente l’esperienza di Alice McLoud, la vedova di John Coltrane, la quale operava però in un contesto sonoro assai differente, legato al terzomondismo, dove l’atipicità degli strumenti diventava una regola. Nel caso della Carboni il racconto tematico avviene in maniera affine al classico piano trio allargato ad un clarinetto.

L’omaggio al pianista romano non è certamente legato ad una rilettura pedissequa del suo repertorio, ma diventa una nuova piattaforma di lancio per talune composizioni, ben tredici per l’esattezza, che vengono destrutturale, rimodulate e ricontestualizzate, grazie anche all’apporto di una guest-star d’eccezione: Gabriele Mirabassi, attualmente uno dei massimi virtuosi del clarinetto a livello internazionale, già collaboratore di Enrico Pieranunzi. Il contrassegno saliente del trio è costituito da un perpetuo scambio di ruoli, dove arpa, contrabbasso e batteria trovano in taluni frangenti una perfetta compliance, divenendo un tutt’uno, diversamente i tre sodali assumono l’incarico di portatori di un sinergico sistema dialogico sorretto da un interplay dinamico capace si evidenziare il portato melodico, ampliandone lo spettro espressivo e sottolineandone l’intensità grazie al groove retrostante garantito da Della Porta e da Bagnoli. Ad abundantiam, la presenza del clarinetto di Mirabassi funge a volte da dilatatore melodico, altre da incubatore di nuovi input sonori, tesi a magnificare ulteriormente il parenchima pieranunziano. Nella note dii copertina la Carboni parla di «un dialogo strumentale che si promette davvero intrigante».

Scorrendo attentamente l’album, ci si avvede che l’arpa non è un pianoforte e che deve fare di necessita virtù aggirando certi ostacoli armonici, frazionando i tempi e creando talvolta un’atmosfera più surreale e sospesa, quasi fiabesca che diventa estremamente evocativa con dei tratti di marcata liricità espressiva, complice il clarinetto di Mirabassi che riesce ad apportare un’aura di aulicità ed al contempo un mood esoterico. Basta ascoltare l’opener, «Fellini’S Waltz», calato in habitat dal sapore elegiaco e cinematografico, a cui fa da contraltare la title-track, «Miradas», eseguita in trio. Il clarinettista offre molteplici suggestioni facendo pensare più che ad un clarinetto ad un soprano alla Steve Lacy o ad un metodo shorteriano, specie quando il sistema accordale diventa più accidentato e trasversale, di cui «L’Heure Oblique» diventa la rappresentazione plastica, ma ne sono un’ulteriore dimostrazione «Sguardi I» con il suo incedere fratturato, quasi saltellante e la conseguenziale «Sguardi III» basata su una progressione notturna, sotterranea e misterica. Alcune sortite di Mirabassi risultano classicheggianti e flautate: in tal caso l’arpa accompagna disinvolta non facendo rimpiangere il pianoforte. «Sguardi nascosti», con il suo mantello di oscurità ed il suo andamento notturno e «Remoti Mattini Mediterranei», con il suo lambire il cielo sollevandosi lentamente tra mare e terra, confermano pienamente tale assunto; diversamente, nei momenti più abrasivi e free form, la Carboni sembra imbracciare una chitarra dai suoni più crudi e taglienti, così come accade in «Sguardi IV» e nella stessa «Just a Song». «Miradas» del Marcella Carboni Trio, edito da Giotto Music, è un elaborato di grana fine e sottile, intelligente nella formula esecutiva, sicuramente lungi dall’essere un tentativo di clonazione in vitro delle composizioni di Enrico Pieranunzi.

Marcella Carboni Trio
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