«Mare Aperto» di Falomi / Trabucco / Turchet, viaggi in prima classe nel mare magnum della fantasia

Il trio possiede un’inclinazione naturale per cavalcare un sogno che traduce le note in una realtà che sfiora a pelo d’acqua immense distese, le quali sembrano provenire dai punti più disparati dello scibile sonoro.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Tra le tante accezioni del jazz contemporaneo, c’è anche quella di «jazz mediterraneo», una sorta di encalve mentale, prima che accordale, strumentale e creativa, in cui il mare diventa il swing, mentre le sue immense distese di acqua le scale di blues, tanto che il jazz, quello legato alla tradizione sincopata afro-americana, rimane sullo sfondo come un involucro immaginario che abbellisce e dilata lo spettro sonoro come flutti roteanti che ogni tanto si staccano dal regolare movimento ondivago. Il mare è arrivo e partenza, fuga e approdo sicuro, desiderio di sfidare l’ignoto, esplorazione, fascino e avventura. Il trio Falomi / Trabucco / Turchet, possiede un’inclinazione naturale per cavalcare un sogno che traduce le note in una realtà che sfiora a pelo d’acqua immense distese, le quali sembrano provenire dai punti più disparati dello scibile sonoro. Dopo la prima escursione discografica, dal titolo assai emblematico «Naviganti e sognatori», i tre sodali si rituffano nuovamente tra flutti, Questa volta lo fanno con (e in) «Mare Aperto», recentissimo progetto, ancora pubblicato dalla Abeat Records, sulla cui nave vengono imbarcati due ospiti di tutto riguardo: Maria Pia De Vito, che firma il testo di un brano originale e Daniele di Bonaventura, testa di serie tra i suonatori di bandoneon. Le due guest-star dilatano e arricchiscono il range espositivo del trio base costituito da Luca Falomi chitarra, Alessandro Turchet contrabbasso e Max Trabucco batteria e percussioni.
Il mood ed il feeling non sono dissimili dal lavoro precedente, ma «Mare Aperto» guadagna corda ed avanza di qualche nodo in espressività e densità melodica, grazie alle rifiniture elegiache del bandoneon, che s’impianta perfettamente sulle tematiche distillate dalla chitarra di Luca Falomi, capace di sviluppare ambientazioni a volte fiabesche e sospese, seguito passo dopo passo dalla retroguardia ritmica, mentre il fruitore viene risucchiato quasi, con un meccanismo simile al transfert cinematografico, in un’antica «chanson de geste» rimodellata ed attualizzata all’interno di fertile humus contemporaneo. Basta lasciarsi trasportare dalle incantevoli atmosfere di «La bonne nouvelle» ravvivata e locupletata dal bandoneon di Daniele di Bonaventura, mentre sulla medesima rotta veleggia «Infancia – O Cunvegno d’e Cardille» scritta e interpretata da Maria Pia De Vito. Il linguaggio scelto permane costantemente evocativo e sotteso da una piacevole poetica dell’anima, adagiato su contrafforti ritmico-armonici che lambiscono la tradizione del canto popolare, la world music, il folk ed il jazz, elementi che coabitano in un coacervo di fusion mediterranea, dove il nucleo gravitazionale e l’additivo aggregante diventa la melodia, quale contrassegno saliente dell’intero concept. Le strumentazioni acustiche creano un’ambientazione sonora piuttosto raccolta come quella di un’avventura narrata attraverso le pagine di un racconto, in cui i capitoli appaiono come tante storie lontane dai limiti geografici e spazio-temporali. Il viaggio è, dunque, ideale, mentre i musicisti si liberano sulla scorta di un immaginario inventivo che scandaglia le profondità abissali ed oceaniche della psiche, divenendo una sorta di catarsi e di atto liberatorio, quasi un nirvana per l’anima di chi ascolta e di chi suona.
L’opener, «E Voi Durmiti Ancora», in risposta agli originali, possiede la melodia più suggestiva e coinvolgente dell’album, alla cui resa contribuiscono notevolmente l’estro chitarristico, su corde acustiche, di Luca Falaoni e le circonvoluzioni del contrabbasso ad archetto di Alessandro Turchet implementate attraverso una modulazione contrappuntistica. Trattasi del repechage di una poesia del catanese Giovanni Formisano del 1910, musicata da Gaetano Emanuel Calì ed incisa nel 1927, sotto forma di canzone, dal cantante napoletano Peppino Godono. A seguire, «La Bonne Nouvelle», composizione anonima del 600, abilmente ricontestualizzata da Falomi e compagni, in cui un arpeggio di chitarra dal sapore cinematico viene magnificato soavemente dal bandoneon di Di Bonaventura e da contrabbasso ad arco. Il morbido interplay tra i sodali produce un’aura di simil-swing rilassato e vagamente crepuscolare. «As Time Goes By» ricorda solo nel titolo il tema principale del film Casablanca, per contro è farina originale del sacco del batterista Max Trabucco. Un componimento lento e rarefatto dal sapore piacevolmente retrò, in cui chitarra e contrabbasso si scambiano gli anelli con la benedizione della batteria che indica loro la strada maestra ed una precisa direzione di marcia. La title-track, «Mare Aperto» possiede qualche stilla di jazz avvolta in una sorta di latin-tinge che estende a dismisura tale sensazione di viaggio onirico e fantastico tra rimembranze antiche e moderne, in cui il gioco di squadra fra i musicisti diventa più intenso, senza mai però sfuggire alle regole sintattiche di un simil-jazz controllato e melodico. «What I Can’t Say», a firma Falomi, si sostanzia come un ballata brunita e soulful che, quasi in progressione, adviene ad un finale con marcate caratteristiche di jazz-fusion. In «Fondaco» emergono sentori di tango-argentine dall’effetto chiaro-scurale, grazie al bandoneon di Bonaventura, mentre Turchet ritira fuori l’arco ed una faretra piena di idee e di frecce, dal canto suo la chitarra si ritaglia un momento di gloria con un rapido assolo sostenuto dalla batteria che non risparmia sulla bolletta energetica. «A Little Lullaby For A Lonely Night», trapuntata dalla voce della De Vito, è come la quiete dopo un tempesta di note in mare aperto, un’autentica ninna nana che concilia il riposo dei naviganti a seguito di una lunga traversata. «Mare Aperto» è disco basato su un’idea di jazz, che resta solo un’idea, sia pure piacevole e seduttiva come un filo di brezza che scalfisce le onde di un mare infinito.

