// di Bounty Miller//

Musicalmente, sono sempre esistite due Americhe: quella del disimpegno e della voglia di divertimento sfrenato e quella delle contraddizioni sociali determinate dalle varie diaspore, che sviluppavano attraverso la musica piu impegnata una spinta contraria al sistema. Herb Alpert è lo stesso uomo che con la sua etichetta A&M Records, negli anni Settanta, porterà il jazz alla sua dimensione più smooth e friabile, seguito a ruota dalla GRP di David Grusin. Prima ancora Alpert aveva selezionato e promosso una serie di artisti rock facilmente metabolizzabili e capaci di infiammare le palylist delle radio FM.

In fondo, Herb Alpert, abile musicista e scaltro uomo d’affari, è sempre stato un anello di congiunzione tra il jazz orchestrale ed il pop, preludio a quello che negli anni Settanta sarebbe diventato una sorta di jazz per ambienti e per sottofondi pubblicitari. Durante la cosiddetta summer of love del 1967 Alpert era un personaggio assai conosciuto ed un assiduo frequentatore delle classifiche. «Sounds Like… Herb Alpert & the Tijuana Brass» fu è l’ottavo album pubblicato dal popolare gruppo strumentale che in quegli anni inneggiava ad un divertimento condito di esotismo, assai gradito in una California più vacanziera che mai e forte di un benessere economico largamente diffuso. Per uno strano paradosso, il pezzo più conosciuto di questo album è una composizione di Burt Bacharach usata come tema del film «Casino Royale» ed, originariamente, registrata come pezzo cantato. Non essendo rimasto soddisfatto dell’interpretazione, Bacharach mandò i nastri a Herb Alpert, che vi sovraincise la tromba e alcuni strumenti dei Tijuana Brass (soprattutto marimba e percussioni).

L’austero compositore rimase alquanto soddisfatto del lavoro del trombettista, tanto da adottarle il nuovo edit come versione definitiva. Non a caso nell’album di Alpert è presente proprio versione con l’orchestra di Bacharach. Nel giugno del 1967 “Sounds Like”, raggiunse il numero uno delle classifiche americane e solo, qualche settimana più tardi venne scalzato da «Sgt. Pepper» dei Beatles, un album considerato epocale ed acclamato dalla critica. Diversamente non si quasi mai raccontato nulla della popolarità di Herb Alpert & the Tijuana Brass, i quali riuscivano a produrre dischi strumentali di grande successo, attraversando le generazioni in un momento in cui il mondo ribolliva come una polveriera ed la discografia stava subendo profonde trasformazioni. «Sounds Like… Herb Alpert & the Tijuana Brass» è un lavoro fresco e festoso che conserva intatto il suo sapore jazz in «S.R.O» e mantiene vivido il profondo sentimento di una composizione come «Wade In The Water» che riporta ai tempi dello schiavismo, sia pure con una modalità esecutiva aggiornata e moderna e poco drammatizzata. Irresistibile il mood di «Gotta Lotta Livin’ To Do». In quegli anni il mondo sembrava cambiare pelle ad ogni stagione, ma Alpert era sempre sulla cresta dell’onda, grazie alle sue melodie semplici e accattivanti, dotate di un gancio immediato e funzionali all’airplay radiofonico. A suo vantaggio depone la scoperta ed il lancio mondiale di Gino Vannelli. Furono molte le sue produzioni discografiche sotto l’egida di Quincy Jones, tra le più riuscite per la A& M Records quelle dei Brothers Johnson, gruppo a conduzione familiare, diretto da tre fratelli con un background jazzistico, capace di distillare una disco-funk di alta classe.

Ad ogni modo, la B-side si sostanzia attraverso una serie di temi meno conosciuti, ma decisamente audaci ed arrangiati con sapienza. Tante piccole perle come «The Charmer» di John Pisano a base di bossa nova, la quasi cinematografica «Treasure Of San Miguel» scritta da Roger Nichols , con un plot narrativo tagliente e tensioattivo; non ultima per importanza, «Miss Frenchy Brown» a firma Ervan Coleman tradotta in un linguaggio friendly a presa rapida. Per tanti ascoltatori, per diletto o per professione, la storia musicale di Herb Alpert potrebbe apparire come una metafora della cultura degli anni Sessanta, un inno al disimpegno che racconta di un’altra America, quella che ballava, surfava e si attardava in festini spericolati, specie sulla costa Ovest, vacanziera, spendacciona, opulenta e disincantata, non curante dei fermenti rivoluzionari e degli scossoni sociali che agitavano quella terra di conquista animata da mille culture e da sempre piena di contraddizioni.

Herb Alpert

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