// di Marcello Marinelli //
Visto che il Dio unico, da cui discendono le tre grandi religioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, e visto che tutti gli altri dei, le altre divinità, delle religioni passate e politeiste, non riescono a mettere ordine al caos mondiale di oggi, ma anche di ieri e forse anche di domani, allora non rimane che affidarci agli stregoni, ai maghi e alle streghe, che forse prematuramente abbiamo abbandonato.
Tentar non nuoce, e allora mi butto a capofitto con gli stregoni. Gli stregoni si materializzano nei solchi del vinile di questo disco di Miles Davi del 1967. Grazie dei di avermi dato il dono di godere del jazz, di questa forma d’arte un po” complicata ma che ti scava nelle budella e te le rivolta come un ‘pedalino’. Però non posso ringraziarvi di tutto il resto perché il caos è soprattutto colpa vostra. Già so la vostra obiezione, è colpa del libero arbitrio degli uomini. Intanto però mettetevi d’accordo tra voi, poi ‘Dio’ vede e provvede. Lo so ho fatto dell’ironia, ma la faccio col massimo rispetto che vi è dovuto. Intanto per consolarmi dei guai del mondo mi diletto con questi stregoni evocati dal Divino Miles, sempre di divinità si parla. Si comincia con ‘Dark Of Darkness’ (principe dell’oscurità) composizione di un’altra divinità laica, Wayne Shorter . Il tema non esplicita ‘oscurità’ poi le trame del grande quintetto possono evocare oscurità se per oscurità intendiamo la parte meno conosciuta di noi. La tromba, il sax tenore, la batteria, il contrabbasso e il piano ci avvicinano alla parte meno conosciuta di noi ma il risultato è gradevole alle nostre povere orecchie dilaniate dalle brutte notizie.
La traiettoria musicale seppur delineata in maniera quasi matematica, si espande e si sviluppa come un racconto magico. Il racconto procede con ‘Pee wee’, sarà uno gnomo della foresta, sarà il ‘Magico Alverman’ lo gnomo delle caverne che le illuminava. Qui la musica ci da la direzione della luce ed usciamo dall’oscurità in cui eravamo parzialmente entrati. Lo’ Gnomo’ Shorter e la similitudine con gli gnomi della foresta non è peregrina, ed è poetica. L’assolo dello gnomo Shorter ci incanta e lo stregone watusso Ron Carter accompagna, insieme al compositore gnomo Tony Williams, all’altro gnomo, Herbie Hancock, accompagnano, con delicatezza e circospezione, l’incanto. Mi concentro ora sul sax, ora sulle linee di contrabbasso di Ron e sul drumming di Tony e poi sull’assolo di Herbie e dove casco, con l’ascolto particolareggiato, casco bene. Odo il tutto e ogni singola porzione del tutto. La cosa stupefacente, non è la canna che non ho fumato, ma l’assenza del Divino Miles in questo pezzo, lascia spazio ai rimanenti dei del Pantheon. Si procede con ‘Masqualero’, un membro ‘Apache, la tribù dei nativi del Texas e del New Messico, composizione di Wayne. Mirabile lo sfondo all’assolo di Miles e di Wayne della sezione ritmica e non potrebbe essere diversamente, trattandosi di uno dei più grandi quintetti della storia. Il suono del basso di Ron è cavernoso e il suono di Wayne ricorda gli antenati. Tony impazza raddoppiando, Wayne impazza dimezzando. Poi Herbie prende il solo e il ‘dietro’ si abbassa assecondando le line melodiche e armoniche di Herbie, poi tutti insieme appassionatamente nel tema finale che conclude il pezzo.
Si finisce il lato A con ‘The Sorcerer’ pezzo di Herbie. Pezzo veloce che sintonizza il sound con le profezie sul futuro degli stregoni. Il tema e gli scambi iniziali di tromba e sax fanno intravedere un futuro roseo e luminoso, ma perché voglio essere ottimista. Gli incastri sono perfetti e gli stregoni sono inclini all’armonia che Herbie traduce in suoni con il suo mirabile assolo. E’ tutto così perfetto che non sembra neanche vero, forse sono posizionato in un’altra galassia. Il lato B si apre con ‘Limbo’. Le anime del limbo non sarebbe stato di loro, era decisamente una situazione confusa e sospesa, ma le nostre divinità musicali non lo sono affatto e procedono il martellamento sonoro come i fabbri percuotono sull’incudine ferro incandescente. ‘Vonetta’ rallenta la corsa affannosa verso l’ignoto per una pausa di riflessione collettiva. Il disco termina con ‘Nothing Like You’ dove fa la comparsa una voce, la voce di Bob Dorough, molto ‘cool’ nell’intonazione e nell’incedere, Gil Evans dietro l’angolo. Si aggiunge anche il bongo di William Corea che aggiunge un colore alla tavolozza precedente. Che dire per concludere? Anche gli stregoni sono d’accordo Miles, Nothing like you !!!