UN LUCIDO SOGNO DI MONKIANE MEMORIE: SIMONA PREMAZZI “THE LUCID DREAMER” (INNER CIRCLE, 2013)
// di Mauro Zappaterra //
In questo splendido disco, terzo da band-leader, c’è tutta la classe di Simona Premazzi, il suo talento compositivo, la sua ecletticità esecutiva e la sua bravura nel condurre formazioni diverse all’interno dello stesso progetto. Simona, originaria di Busto Arsizio, si è avvicinata la jazz dopo la maturità classica, studiando nella accademia jazz di Milano diretta da Enrico Intra e Franco Cerri.
Durante gli studi ha fatto parte dei gruppi più importanti dell’Accademia, tra cui la Big Band di Enrico Intra con cui ha suonato per diversi anni, esibendosi con musicisti quali Markus Stockhausen, James Newton, Tiziana Ghiglioni, Enrico Rava, David Liebman, Paolo Fresu e molti altri.
Nel 2004 la decisione di trasferirsi a New York, dove ha iniziato a suonare e tuttora si esibisce nei più importanti Jazz Club della Grande Mela. “The Lucid Dreamer” è un viaggio nelle atmosfere Monkiane che Simona compie con una band di assoluta eccellenza, di cui fanno parte Melissa Aldana al sax tenore, Ameen Saleem al contrabbasso, Jochen Rueckert alla batteria ed in alcune tracce il co-produttore del disco Greg Osby ai sax soprano e alto.
Si potrebbe definire quasi un album “modulare”, dove si sviluppano e convivono diversi moduli esecutivi, partendo dal piano solo, al classico piano trio, al quartetto con tenore o soprano, a cui si aggiunge, nella prima traccia, “Love Is not all”, la voce narrante dell’autrice della poesia, Edna St. Vincent Millay. Quindi il pianoforte al centro della scena, ma in modo coerente con la diverse combo assemblate “su misura” secondo i brani. La sezione ritmica spinge e sostiene la conduzione al piano di Simona, mentre il tenore di Melissa Aldana, con quel suo tono dolce, pastoso, inconfondibile, si esprime a grandi livelli, dimostrando di integrarsi perfettamente dentro le complesse trame delle composizioni della band leader.
La traccia di apertura è Love “is not all”, dove Simona e gli altri musicisti del trio “recitano” copiando all’unisono le inflessioni vocali della voce narratrice, Edna St. Vincent Millay, in questo gradevole esperimento quasi teatrale sul testo della poetessa americana. La sezione ritmica dà il via a One for Hunter S, dedicata al giornalista scrittore americano Hunter Thompson, con il piano ed il tenore che partono all’unisono per poi separarsi in trame diverse, con la Aldana protagonista in questo continuo alternarsi con la band leader nella conduzione improvvisata, fino alla bella chiusa più melodica sul tema iniziale.
“Illusions”, in versione quartetto, con la Aldana al tenore, ha una struttura composta da un tema melodico iniziale, molto bello, che lascia poi il posto ai segmenti improvvisativi di Simona e Melissa, che ricamano arazzi variopinti richiamando il tema principale, mentre basso e batteria commentano in background sempre precisi ma mai invadenti. “Simona’s mood”, brano più esteso del disco, si sviluppa attorno a diversi ritmi, dallo swing anni 30 fino al walzer in 3/4, che si alternano in modo molto fluido, senza quasi farne accorgere l’ascoltatore; la bravura della band nel passare tra i diversi tempi è indice di grande interplay, piano e tenore raccordano il tutto senza esitazioni, e la bellezza di questo brano sta proprio nel suo scorrimento lineare multiritmico. “Nude in a landscape “è un brano che parte in punta di piedi, sul dialogo soft tra piano e tenore, per poi lasciare la scena interamente ad un sontuoso solo di piano di Simona, magnificamente sottolineato dalla linea di basso.
La title-track, “The lucid dreamer”, vede l’entrata in scena di Greg Osby, coproduttore del disco, al soprano; la struttura del pezzo prevede un tema iniziale eseguito all’unisono, che poi viene ripreso e sviluppato nei solo, molto “libero”da vincoli armonici quello di Osby, quasi un’esecuzione avanguardistica, più fluido e raccordato quello di Simona, qui il suo pianismo ricco di fantasia e di varietà esecutiva si esprime nettamente; la chiusa riprende il tema iniziale, un piccolo frammento che ti entra in testa e si ripete come un mantra nella memoria. “Optics” è una raffinata e melodica ballad, dove spicca un bel solo di basso di Ameen Saleem, ed il sax alto di Osby primeggia in un solo morbido nei toni ma deciso nell’esecuzione, mentre le “spazzolate” di Rueckert sul rullante danno al tutto il sapore di uno standard moderno.
“Trinkle Tinkle” è l’omaggio più evidente che Simona Premazzi fa a Thelonious Monk, uno dei musicisti che più hanno influenzato la sua formazione e la sua carriera, con una esecuzione in solo dello standard scritto dal Monaco nel 1952. Piano “Invention #3” è un intenso intermezzo di stampo classico eseguito da Simona in solo, un frammento di diversa estrazione che conferma l’eclettismo compositivo ed esecutivo della pianista lombarda. In “Free Fall” torna il brillante dialogo tra piano e tenore, in un brano pieno di ritmo e swing con le due soliste sugli scudi ed una notevole spinta propulsiva della sezione ritmica, il solo di Simona è tra i più belli del disco, un fiume in piena che si riversa sull’ascoltatore senza concedere alcuna tregua o pausa riflessiva, fantasia e virtuosismo al potere in un pezzo tiratissimo da tutta la band.
Il disco si chiude con una versione alternativa di “Illusions”, che torna nel più classico “trio version” lasciando spazio a Simona per una visione più intimista di questo bellissimo brano. Un album dove, come cita la pianista e band leader, “ogni composizione vuole evocare visioni di ispirazione subconscia e accompagnare l’ascoltatore in un viaggio dall’immaginario surreale.” E qui sta il suo concetto di “sognatore lucido”.