«Sax Soul(o)» di Mario Marzi, dove il respiro diventa uno scalpello che crea, leviga, rompe, taglia, graffia e lucida
Grazie a Marzi il sax diventa legno, ritmo e percussione, corda di viola, violino e chitarra, si espande come sabbia e sale, grida come un gabbiano e azzurro come il mare, brucia come fuoco e rame, ma gelido come ghiaccio e brina, aspro e dolce come miele.
// di Stefano Lana //
La serata era ideale per poterla dedicare a questo momento, fuori l’aria era gelida, ma le note che si dischiusero nell’aria erano gocce di vino per l’anima. «Sax Soul(o)» non è un semplice disco, ma un vero capolavoro da custodire e promuovere. Ha un duplice senso, anzi andando in profondità ci mostra le numerose facce che possiamo scoprire, da una parte potremmo immaginare che questo sia l’anima di Mario Marzi, dove i dodici brani contenuti mettano in luce le sfumature dell’autore. Dall’altra parte invece viene evidenziato il panorama sonoro che un solo strumento musicale riesce ad esprimere.
In questo caso dal sax di Mario, vengono nebulizzate emozioni incontenibili e non solo, forse un orecchio meno attento non può scorgere la complessità del suo fraseggio, un tecnicismo di fine eleganza. Ogni ascoltatore può rimanere impressionato dalla passione trasmessa, ma legata indissolubilmente al profondo talento di Mario. Michelangelo Buonarroti con le sue mani toglieva la materia per far nascere l’opera d’arte, in questo caso Mario Marzi ha usato il suo soffio per plasmare la materia musicale. Il respiro diventa uno scalpello che crea, leviga, rompe, taglia, graffia lucida, ma può essere anche ago e filo perché cuce. lega e intreccia fili e tessuti avvolgenti per ognuno di noi. Nelle sue corde il suono è materia solida che va oltre le forme conosciute, Mario ha usato tre sax per i brani toccando diversi generi che io idealmente definisco come «genere libero». Personalmente ho l’impressione che Mario abbia usato questi tre sax proprio per creare diverse frequenze, contrapponendo gli estremi con il soprano e il baritono e in altri trovando un punto di equilibrio con il contralto, ma portandoli agli estremi delle loro capacità meccaniche. Grazie a Marzi il sax diventa legno, ritmo e percussione, corda di viola, violino e chitarra; si espande come sabbia e sale; grida come un gabbiano e azzurro come il mare; brucia come fuoco e rame, ma gelido come ghiaccio e brina, aspro e dolce come miele. In ogni caso, riesce ad essere tutto nello stesso momento: uno strumento vivo che parla, sussurra e grida tuonando e che nelle sue mani diventa poesia.
«Sax Soul(o) fu registrato il 14 settembre 2021 al Palazzo Santa Chiara di Tropea e possiamo riportare le testuali parole del maestro: «Nuove terre, ma avere occhi nuovi’». Questo pensiero di Proust ha ispirato il mio ultimo lavoro discografico. «Un vero viaggio è non cercare» . In Sax Soul(o) c’è il desiderio di mettermi in gioco, uscendo dalla zona di comfort. Ho scelto così musiche che sento profondamente vicine provando a rileggerle con una visione nuova. Sono autori che amo e che riescono a mettere a fuoco la natura proteiforme della mia amata «pipa di nichel» ; capace di smisurata dolcezza e debordante irruenza, che si trova a suo agio con il frac ma anche col giubbotto di pelle di «un delinquente minorenne dal coltello facile» (son parole di Stravinsky). La sua voce è diventata negli anni la mia voce. Una voce per raccontare le emozioni che fatico ad esprimere con le parole» .
Per coloro che non lo conoscono, Mario Marzi è un sassofonista romagnolo, diplomato con il massimo dei voti al Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro, successivamente perfezionò la sua fervida tecnica al conservatorio di Bordeaux che gli diede la possibilità di ottenere alla fine degli studi il prestigioso Premièr Prix et Medaille d’Or a l’unanimité. Vincitore di nove concorsi nazionali e quattro internazionali, tra cui il primo premio assoluto al prestigioso VIII premio Ancona. Marzi ha collaborato con le più prestigiose orchestre sinfoniche, tra le quali: RAI di Torino, Accademia nazionale di Santa Cecilia , Arena di Verona, Teatro Comunale di Firenze, Teatro lirico di Cagliari, Filarmonici di Torino, Sinfonica di San Remo, Internazionale D’Italia, Milano Sinfonietta, Orchestra della Svizzera Italiana, Sinfonica di Caracas, Orchestra da camera di Bologna, Solisti insieme, Teatro alla Fenice di Venezia. Oltre ad avere una cattedra al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano ricordiamo la sua ventennale collaborazione con il Teatro dello Scala di Milano e con l’orchestra Filarmonica della stessa. Numerose le partecipazioni orchestrali, ai maggiori Festival musicali internazionali come ad esempio: Festival di Salisburgo, Atene, Madrid, San Pietroburgo, Città del Messico, Biennale di Venezia, Settembre Musica, La Scala di Milano, Accademia Filarmonica di Roma, Ravenna Festival. Infinite le esibizioni internazionali in variegati eventi tra i quali nelle più prestigiose sale e teatri, la Carnegie Hall di New York, Suntory Hall di Tokyo, Gewandhaus di Lipsia, Schauspielhaus di Berlino, a Parigi, Vienna, Bruxelles, Londra, Atene, Montecarlo, Barcellona, Sarajevo, Bilbao, Varsavia, Mosca, Osaka, Seoul, Hong Kong, Ginevra, Oporto, Budapest, Beirut, Melbourne, Lisbona, Monaco, Caracas, Los Angeles, Pechino. Oltre a questo Mario Marzi si è dedicato con particolare impegno alla letteratura musicale del primo ‘900, sono dedicate alcune preziose partiture destinate al saxofono contemporaneo.
Nel dettaglio di questo progetto grazie alle parole dell’autore possiamo ricordare la prima traccia: Gerry Mulligan – «Oh Great Spirit» , la schiettezza arriva dritta al cuore. Una preghiera rivolta ad un Dio, perché possa assisterci e proteggerci. Qui sono a fuoco tre dei punti cardine della poetica artistica di Mulligan: bellezza, grazia, nobiltà. «E.Morricone-Morricone’s Soul/arr.L.Simoni» alcune delle più belle melodie di un genio come Morricone vengono rivisitate in chiave Bachiana. Un omaggio ad un gigante del nostro tempo che ha saputo raccontarci la bellezza. «C. Debussy-Syrinx /D. Russo-M.Marzi» il sax s’impegna a restituire una melodia costruita sul silenzio, una melodia che fluttua nell’aria, nello spazio… l’ultimo canto intonato dal Dio Pan prima di morire prende vita attraverso «lo strumento inevitabile del nuovo millennio» . «S.Janne Caelum /arr.M.Marzi» Caelum è la linea che unisce idealmente cielo, mare e terra . Quasi il richiamo ad un nuovo umanesimo dove l’altro viene accettato senza sospetto. L uomo fatica, ma il sax e la musica possono riuscirci. «N.Rothemberg – Maceo / arr. M.Marzi», la musica espressa appare fragorosa. Una composizione che rappresenta un tributo a Maceo Parker, l’insostituibile saxofonista che ha stabilito il suono dei Fabulous Flame, la band di James Brown. Rothemberg utilizza alcune cellule ripetute circolarmente come nello stile funky della sezione fiati di Brown concedendo spazio all’improvvisazione: il brano assume una forma differente ad ogni esecuzione. «Giovanni Sollima – Yafù» è il ricordo di una melodia antica; la memoria di un’emozione giovanile. Basta poco a Giovanni per farci venire i brividi. Gli accordi sospesi e aperti lasciano luogo ad un canto viscerale. Una musica del silenzio, che svela la vita e l’infinito che la contiene. «M.Novaro – Fratelli d’Italia/eiab. M.Marzi» purtroppo o per fortuna sono un italiano: «Se fossi nato in un altro posto mi sarebbe andata peggio. Questa frase di Gaber riassume il senso di questa mia improvvisazione basata sul nostro inno nazionale. Dopo un acido inizio dissonante, una provocazione da cui emergono le contraddizioni del Bel Paese; albeggia un timido corale che prende linfa attraverso arpeggi protesi verso l’alto, quasi un’invocazione e un auspicio di un nuovo rinascimento, di una bellezza ritrovata». «A.Trovajoli / G. Facchini – Profumo di donna», un profumo musicale che inebria. Un tema che rimane nell’anima. Guido Facchini da artista di rango ha saputo mantenere la fragranza originale in una versione che strizza l’occhio a Bach, sottraendo le ridondanze come fosse un monito. L’invito è quello di chiudere per un istante gli occhi per concentrarci solo sul profumo della vita. «M.Marzi – Sakurakatà», è un gioco, un inchino ai miei amici orientali attraverso una melodia malinconica dall’aroma giapponese. Il sax suonato come fosse un shakuhachi e cioè senza bocchino, narra il fascino di Sakura. Un Ciliegio che rappresenta simbolo della beltà effimera, della fragilità del nostro incedere ma anche del rifiorire dopo ogni morte.
Abbiamo preferito ricordare qualche frammento di questo album, pensando che tutti possano avere la possibilità di disporre non di un semplice disco, ma del biglietto di sola andata per un viaggio infinito e nuovo, ogni volta che si decide di ascoltarlo.

