Divano_VinileC2

// di Gianluca Giorgi //

The People’s People, The People’s People Present the Spirit of David (1976 ristampa 2025)
La superba Frederiksberg Records con sede a New York, specializzata nel riportare sul mercato classici di culto underground fuori stampa provenienti da tutto il mondo, recentemente ha ristampato un album jazz spirituale della metà degli anni ’70, estremamente difficile da trovare, dell’ensemble di Oakland The People’s People, intitolato The People Present The Spirit Of David. L’unico album del sassofonista, compositore, bandleader e attivista sociale Jeff Jones. Ciò che rende “The Spirit of David” davvero straordinario è la singolare ed originale creazione del disco stesso. Originariamente registrato nel 1974 e pubblicato due anni dopo, l’album è il primo lavoro originale del sassofonista tenore di Oakland Jeff Jones, che l’ha arrangiato, scritto e concettualizzato con una dedizione quasi militare. Jones, infatti, chiese un impegno totale dai suoi musicisti che durò tre anni, fino a quando non fossero stati in grado di eseguire l’intero disco in una singola ripresa. Questa disciplina, quasi monastica, ha dato i suoi frutti: la musica scorre come una suite continua, intrecciando jazz spirituale con soul, funk e musiche da tutto il mondo, in un insieme ipnotico e profondamente commovente. Nei tre anni ai musicisti era più o meno vietato prendere concerti a pagamento e il leader della band, risparmiando la maggior parte del suo capitale per il tempo in studio, non poteva permettersi di pagare la band. L’ensemble è stato provato così accuratamente al momento della sessione che l’intero disco è stato eseguito in una sola ripresa, live in studio. Questo straordinario album di quattro tracce e 35 minuti è stato pubblicato in 500 quantità limitate nel 1976, due anni dopo la sua registrazione originale ed è una straordinaria testimonianza dell’ambizione e della disciplina dei suoi creatori. Ora ristampato dalla Frederiksberg Records, la storia sfuggente dell’album non fa che approfondire il suo fascino misterioso grazie dall’ampia descrizione che si trova nell’inserto dell’album, scritta dal chitarrista e compositore Karl Evangelista, le cui dettagliate note di copertina forniscono un contesto essenziale e una visione approfondita della creazione dell’album e del suo significato culturale. La musica di questa registrazione ha un significato profondamente personale per Jones. “Monica” è stata scritta per la sua primogenita, mentre “Q Street” riflette la strada che porta alla villa del governatore della California, dove Jones una volta ha preso parte alla protesta contro la Prop 13, che ha messo in pericolo i poveri e la classe media. “Where Is My Autumn Love” cattura l’atmosfera di una passeggiata riflessiva intorno al lago Merritt di Oakland e “Fritz”, guidato dal Rhodes, è un brano che può essere suonato in qualsiasi pista da ballo jazz e trae ispirazione dallo spirito hard bop del Miles Davis Quintet degli anni ’50. Il risultato è un’opera espansiva e profondamente espressiva che fonde il jazz spirituale e cosmico con tracce di soul e fusion funky. Con le copie originali, ormai rare e vendute per migliaia di dollari, è emozionante vedere una ristampa corretta e ufficiale di questo bellissimo titolo.

James Tatum, Contemporary Jazz Mass (1974 ristampa ltd ed 300 copie 2015)
Per la prima volta ristampata, in edizione limitata a 300 copie, questa gemma del jazz indipendente di Detroit. La splendida e spiritual “Contemporary Jazz Mass” di James Tatum è una delle poche vere messe jazz mai pubblicate. Ispirato dai Sacred Concerts di Duke Ellington, questo capolavoro di Tatum è stato registrato nella sua prima esibizione in assoluto alla St Cecilia Church di Detroit e pubblicato sulla sua etichetta privata nel 1974. Il professore musicale professionista e compositore jazz Tatum lavorava come insegnante a Detroit e, all’indomani delle rivolte del 1967, iniziò a scrivere la musica per bambini locali alla St Cecilia’s. La Chiesa commissionò la messa nel 1972 e Tatum mise insieme un ensemble di cantanti presi all’interno della chiesa, sostenuti dal suo trio e da musicisti jazz locali. Tatum ha preso ispirazione dalle grandi opere sacre di Ellington, ma ha inserito testi tratti direttamente dalla liturgia, la “Contemporary Jazz Mass” è un’opera unica di jazz vocale santificato, vero nutrimento per lo spirito e l’anima. È musica scritta per un servizio religioso, ma tuttavia questo tono e la risposta emotiva che evoca, possono risuonare anche nel mondo laico, sia che lo si chiami Spiritual o Gospel Jazz. Il brano di apertura “Introduction/Lord Have Mercy” è solenne, con trombe che richiamano l’attenzione dell’ascoltatore e agiscono come un richiamo. La traccia nella sua drammaticità è veramente molto bella. “Lord Have Mercy” a parte, il resto dell’album ha un tono più leggero, una miscela di canzoni e strumentali, ricco di melodia e armonia. È esattamente ciò che promette il titolo, essendo un’esperienza sinceramente spirituale che prende anche gli sviluppi del jazz all’epoca, ‘sublime jazz spirituale’!

Yusuf Mumin, Journey to the Ancient (2025)
Journey To The Ancient di Yusuf Mumin è un tesoro preso dagli archivi dell’artista, figura fondamentale della scena free jazz di Cleveland degli anni ’60 il cui lavoro con il Black Unity Trio ha lasciato un segno indelebile sul jazz d’avanguardia. Attingendo da registrazioni inedite conservate nella sua collezione privata, l’album combina la profondità espressiva del jazz spirituale con l’intensità sperimentale. Con la performance polistrumentale di Mumin insieme al percussionista William Holmes, trasmette un viaggio attraverso paesaggi sonori esoterici e afro-spirituali con momenti di calma serena ed esplosioni infuocate che riflettono la visione musicale radicale di Mumin. La poliedrica musicalità di Mumin è al centro, poiché suona quasi tutti gli strumenti – sassofoni (contralto e tenore), flauto, violoncello, contrabbasso e voce – in alcuni casi sotto lo pseudonimo di Dan Nuby. La presenza di William Holmes alla batteria fornisce una base ritmica costante ma sfumata, così da permettere i voli esplorativi di Mumin. Un’uscita veramente interessante anche per il fatto che Mumin ha lasciato poche registrazioni e i vari progetti a cui ha partecipato non hanno lasciato nulla. L’album attinge a sessioni, spesso non datate, della collezione di Mumin, facendo finalmente luce sul materiale che fa eco al fermento spirituale, culturale e politico della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70, rispecchiando l’etica del jazz spirituale e free che ha plasmato la carriera di Mumin. Il primo lato, infatti, è molto spirituale, la traccia di apertura “Bakumbadei” è una breve ma luminosa invocazione con violoncello e voce, che crea un’atmosfera contemplativa che confluisce nell’ampia e splendida title track. Nel complesso del disco emergono elementi di influenze africane, sudasiatiche ed esoteriche, specialmente in “A Distant Land” in cui vengono miscelati flauto, tablas e contrabbasso. Il secondo lato del disco, invece, è più free, con la lunga “Diaspora Impressionism” che cattura l’esplosiva energia grezza intervallata da delicati intermezzi, presentandoci un dialogo dinamico che sembra sia spontaneo che meticolosamente realizzato. Il lavoro di Mumin può essere inserito all’interno del lignaggio di innovatori jazz spirituali come Yusef Lateef, Albert Ayler e Sun Ra, ma la sua voce è radicata nell’atmosfera feroce e politicamente carica di Cleveland. L’album onora anche le collaborazioni di Mumin con il violoncellista Abdul Wadud e il batterista Hasan Shahid, gli altri due membri del leggendario Black Unity Trio. Journey To The Ancient è stato meticolosamente rimasterizzato ai Colorsound Studio. La confezione include riflessioni di Mumin e note storiche e di copertina di Pierre Crépon (The Wire, collaboratore di We Jazz Magazine), che aiutano l’ascoltatore a comprendere meglio questo manufatto culturale. Journey to the Ancient continua la missione della Wewantsounds di portare alla luce i tesori nascosti di musicisti jazz così visionari.

Tasmin, Tezeta (2025)
L’album di debutto del gruppo berlinese dei Tasmin è una fusion da sogno di ispirazione etiope, un viaggio attraverso le varie influenze dei membri della band. Il disco reinventa le tradizioni ethio-jazz attraverso lussureggianti arrangiamenti moderni e groove meditativi. Il gruppo intreccia il suono di Ethio-Jazz, Afrobeat, Percussion, Dub e Tribal Music con una salsa elettronica, così da creare un delicato equilibrio, una miscela estetica cinematografica soul, unica nel suo genere grazie alla connessione di mondi diversi. “Tezeta” – la parola amarica che significa nostalgia, desiderio – è l’omaggio profondamente atmosferico dei Tasmin al jazz etiope e alla risonanza emotiva della memoria. L’album mescola armonie jazz modali, sottili sfumature funk e melodie soul su ritmi ipnotici. Con le sue trame calde e analogiche e il ritmo elegante, “Tezeta” collega le tradizioni classiche ethio-jazz e il sound design contemporaneo, catturando sia la malinconia che la trascendenza in egual misura. L’approccio alla produzione dell’album rimanda alla tradizione delle classiche registrazioni in studio, in cui troviamo registratori a bobina, registrazioni sul campo, percussioni africane, flauti, sassofono e vecchi sintetizzatori combinati con chitarre e batteria. Ogni suono registrato è passato attraverso un filtro di precisione, ascolto e ricerca sia tecnica che emotiva. Uno splendido debutto che colloca i Tasmin tra le nuove generazioni di innovatori del jazz globale.

0 Condivisioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *