QANAT Trio con «Fearless»: la fisionomia del jazz contemporaneo, fra contrappunti mediterranei e prospettive cameristiche (Alfa Music, 2025)
«Fearless» si presenta come un lavoro stratificato, dove la scrittura colta e l’improvvisazione jazzistica si fondono in un equilibrio dinamico, dove ciascun episodio sonoro si colloca nel solco di una ricerca che non mira alla sintesi, ma piuttosto alla pluralità di linguaggi
// di Francesco Cataldo Verrina //
La pubblicazione di «Fearless», pubblicato da Alfa Music, segna un passaggio significativo nella ricerca del QANAT Trio, formato da Federico Termini al pianoforte, Damiano Vitrano al contrabbasso e Ruggero Caruso alla batteria. La loro poetica nasce dall’intenzione di plasmare un linguaggio personale, alimentato da suggestioni provenienti dal jazz contemporaneo, dalla tradizione colta europea e dalle sonorità mediterranee. Ne scaturisce un tessuto musicale che alterna spazi di improvvisazione a sezioni compositive più strutturate, dove la linearità tematica convive con frammentazioni ritmiche e con un’attenzione costante al colore acustico.
La genesi del progetto, sostenuta dal Sena Performers Fund, affiora in Olanda, dove il trio ha trascorso un periodo di ricerca e di confronto quotidiano. La convivenza a L’Aia ha favorito un processo creativo collettivo, in cui le attitudini personali e le riflessioni condivise hanno modellato il suono del gruppo. La registrazione presso lo Studio 150 di Amsterdam ha fissato questa fase di maturazione, restituendo un lavoro che riflette tanto la disciplina accademica quanto la vitalità dell’esperienza vissuta. Federico Termini, formatosi al Royal Conservatoire Of The Hague, porta con sé una ricerca dedicata ai rapporti tra musica classica e jazz, con particolare attenzione all’opera di John Taylor. Damiano Vitrano, con linee di basso intricate ed evoluzioni armoniche raffinate, alterna pizzicato e arco, arricchendo la fisionomia del suono con effetti e soluzioni inventive. Ruggero Caruso, dopo il suo «pellegrinaggio musicale» a New York, ha assimilato idiomi diversi – swing, elettronica, funk, hip hop – che confluiscono nella suo kit percussivo, rendendo il trio un laboratorio di contaminazioni e di esplorazioni acustiche.
«Fearless» si regge su un gioco di contrasti armonici, con progressioni che evitano la risoluzione tradizionale e un moto oscillatorio che genera tensione meditativa. Il pianoforte articola accordi dalle sfumature cangianti, mentre la batteria introduce frammentazioni sincopate che destabilizzano la percezione metrica. Il contrabbasso, con linee essenziali, accentua il carattere riflessivo, delineando un ambiente sonoro che rimane volutamente aperto. «John», dedicata a John Taylor, si costruisce su un ostinato ritmico-armonico che richiama modalità mediterranee. La reiterazione del nucleo tematico consente al pianoforte di elaborare variazioni sottili, mentre la sezione ritmica sostiene un andamento che oscilla tra rigore e libertà. L’uso di scale modali e la scelta di intervalli paralleli evocano la scrittura impressionista, ma con una vitalità jazzistica che plasma un ordito originale. In «Attese», la linearità melodica, sostenuta dal sax tenore di Pablo Cruz Placer, produce un senso di serenità. La struttura si sviluppa con un andamento quasi cantabile, dove il contrabbasso e la batteria mantengono un equilibrio sobrio, lasciando spazio alla voce del pianoforte. Il componimento si distingue per la freschezza tematica e per la capacità di convertire la semplicità lineare in un momento di contemplazione sonora.
«Vento da Nord» si schiude con un’introduzione affidata al contrabbasso, con arco ed effettistica, implementando un ambiente glaciale. Le frasi melodiche si dispongono fuori dai consueti schemi tonali, creando un’atmosfera di sospensione. Il sax tenore interviene con un profilo acustico incisivo, mentre la batteria frammenta il tempo con accenti irregolari. La composizione si attesta nell’alveo della ricerca timbrica, con un uso consapevole delle tecniche estese e della stratificazione armonica. In «Sonatine», il riferimento a Maurice Ravel, con la rielaborazione della «Sonatine No.1 Modéré», dispensa un dialogo tra scrittura classica ed improvvisazione jazzistica. Gli accordi paralleli ed il ritmo incalzante richiamano la tradizione latino-americana, mentre la sezione improvvisativa introduce una libertà che trasforma la pagina raveliana in terreno di sperimentazione. La fusione tra impressionismo e jazz produce un tessuto complesso, dove la raffinatezza armonica si confronta con la vitalità ritmica. «Meanwhile», chiude il disco coinvolgendo il quartetto d’archi, che intona lunghe armonie ispirate all’«Intermezzo Op. 18 n. 2» di Brahms. Il pianoforte, con improvvisazioni delicate, richiama la poetica di Keith Jarrett in «Expectations». La fusione tra archi e trio jazz genera una trama espressiva stratificata, dove la dimensione cameristica si fonde con la libertà improvvisativa. Il risultato è un finale di grande intensità, capace di connettere tradizione colta e sperimentazione contemporanea.
A conti fatti, «Fearless» si presenta come un lavoro variegato, dove la scrittura colta e l’improvvisazione jazzistica si fondono in un equilibrio dinamico, dove ciascuna traccia si colloca nel solco di una ricerca che non mira alla sintesi, ma piuttosto alla pluralità di linguaggi: dalla linearità melodica alla complessità armonica, dalla freschezza mediterranea alla densità cameristica. Il QANAT Trio plasma un repertorio che si nutre di tradizione e di sperimentazione, delineando un percorso che guarda alla musica come spazio di dialogo tra discipline e culture.

