Luca Mannutza con «Circles»: la forma del pensiero armonico, tra equilibrio mediterraneo, introspezione e struttura (A.MA Records, 2025)

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La sequenza dei singoli passaggi si dirama in un percorso che alterna composizioni originali e riletture di autori diversi, delineando un impianto complessivo stratificato. La presenza del vibrafono conferisce un colore sonoro distintivo, mentre la partitura pianistica di Mannutza plasma geometrie armoniche che oscillano tra introspezione ed energia collettiva.

// di Francesco Cataldo Verrina //

«Circles» di Luca Mannutza, pubblicato dalla A.MA Records, sancisce una pagina musicale di rara coerenza, dove lirismo e introspezione si fondono con una struttura formale attentamente calibrata. L’album non ricerca clamore, bensì plasma un equilibrio interiore, catturando l’ascoltatore con naturalezza, forte del sostegno di Paolo Recchia al contralto, Jordan Corda al vibrafoone, Daniele Sorrentino al contrabbasso e Sasha Mashin alla batteria

La figura di Luca Mannutza, ormai consolidata nel panorama del jazz italiano ed europeo, si distingue per una carriera che vanta collaborazioni con Paolo Fresu, Emanuele Cisi, Maurizio Giammarco, Bobo Ferra e Roberto Gatto. Premi come l’Onnio Porrino, la Menzione Speciale al Barga Jazz, il Massimo Urbani International Award e il riconoscimento al Trampolin Jazz Competition di Avignone hanno segnato tappe decisive, mentre la partecipazione al Martial Solal International Competition di Parigi nel 2002 ha confermato la sua statura di pianista di rilievo continentale. La scrittura di «Circles» si articola come un disegno armonico che alterna modulazioni modali e tonalità mobili, evocando la raffinatezza di Bill Evans e Martial Solal, ma con una fisionomia mediterranea che ne accentua la singolarità. Le frasi melodiche si sviluppano come periodi letterari, con ritorni e trasformazioni che delineano veri e propri cerchi sonori. Ogni motivo si prolunga in un tessuto narrativo che oltrepassa la variazione, implementando un discorso musicale stratificato.

La sezione ritmica sostiene con chiarezza elastica, mentre gli interventi solistici si riflettono come immagini d’acqua, distinguibili e al tempo stesso inseparabili dalla sorgente. In alcuni episodi affiora la memoria del jazz francese degli anni Settanta, con la sua audacia armonica e la misura espressiva, ma la voce di Mannutza rimane autonoma, nutrita da una formazione classica che gli consente di organizzare silenzi e spazi senza mai sacrificare la libertà improvvisativa. La forza di «Circles» risiede nella sua profondità narrativa: ogni composizione si configura come un racconto che si dispiega in tempo reale, un sorta di dialogo tra pensiero e sentimento. L’esperienza di studio conferisce lucidità e levigatezza, ma ciò che permane è l’intimità, la percezione di un musicista che pensa ad alta voce ed invita l’ascoltatore a seguirne i percorsi immaginativi. La geometria evocata dal titolo si traduce in un movimento continuo, in cui ripetizione e digressione generano senso e bellezza. Non si tratta di impressionare, ma di comprendere: trovare coerenza nel ritorno, significato nel moto circolare, armonia nell’atto incessante del ricominciare.

La title-track, «Circles», posta in apertura si dipana come un disegno modulare, dove il pianoforte di Mannutza plasma cellule melodiche che ritornano e si trasformano, delineando un moto circolare. Il vibrafono di Jordan Corda accentua la geometria timbrica, mentre il sax contralto di Paolo Recchia introduce un profilo acustico che amplifica la tensione armonica. «Metamorpho» (Matteo Sabattini) si distingue per un impianto tematico che si evolve per metamorfosi successive. Mannutza ne coglie la logica trasformativa, facendo leva su un pianismo che alterna stratificazioni accordali e pause calibrate. La sezione ritmica, con Sorrentino e Mashin, sostiene con elasticità, creando un tessuto sonoro che rimane in equilibrio instabile. «D-Isolation» si muove tra introspezione e tensione. Il titolo suggerisce una condizione di distacco, resa attraverso modulazioni modali e contrasti dinamici. Il sax interviene come velatura acustica, mentre il pianoforte articola linee che oscillano tra lirismo e frammentazione. «Back Comedy» (Tony Williams) porta con sé la memoria del jazz statunitense degli anni Settanta. Mannutza ne rielabora la trama ritmica con un approccio che fonde ironia e rigore. La batteria di Mashin diventa fulcro, mentre il pianoforte e il sax contralto tessono dialoghi serrati, sovrapponendo registri e colori.

«Herzog» (Bobby Hutcherson) introduce una dimensione vibrafonica centrale. Jordan Corda assume, in alcuni tratti, un ruolo di primo piano, con il pianoforte che modella spazi armonici di sostegno e contrappunto. La composizione si sviluppa come geometria timbrica, con un giusto dosaggio tra lirismo e tensione. «December» è un episodio sonoro che evoca atmosfere rarefatte, con un pianismo che plasma silenzi e pause come parte integrante della struttura. La scrittura si muove nel solco di una meditazione invernale, con il basso di Sorrentino che traccia linee profonde ed il vibrafono che aggiunge una velatura crepuscolare. «Vortex» si evolve lentamente come una spirale sonora: un moto centripeto, reso attraverso progressioni accordali che si avvitano su sé stesse. Il pianoforte genera figure ritmiche avvolgenti, mentre la batteria ed il sax contralto accentuano la dimensione centrifuga. «The End of a Love Affair» (Edward Readding) si sostanzia come uno standard riletto con sensibilità contemporanea. Mannutza ne articola la struttura con un modulo espressivo che alterna lirismo e frizione, evitando ogni sentimentalismo gratuito. Il sax contralto introduce un profilo acustico caldo, mentre il vibrafono e la sezione ritmica introiettano lo spazio con equilibrio interpretativo. La sequenza dei singoli passaggi dell’album si dirama in un percorso che alterna composizioni originali e riletture di autori diversi, delineando un impianto complessivo stratificato. La presenza del vibrafono conferisce un colore sonoro distintivo, mentre la partitura pianistica di Mannutza plasma geometrie armoniche che oscillano tra introspezione ed energia collettiva.

Luca Mannutza
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