“NEXT” DI CLAUDIO FASOLI: RICERCA E SPERIMENTAZIONE, MA CON LE RADICI NELLA TRADIZIONE

Claudio Fasoli 4et – “Next”, 2021 (ABEAT)
// di Mauro Zappaterra //
Claudio Fasoli, esponente storico di spicco della scena del jazz italiano, dopo una carriera fatta di grandi gruppi e collaborazioni internazionali, nel 2021 assembla un nuovo quartetto e pubblica “Next”, un lavoro che prosegue il percorso di del sassofonista alla ricerca di nuove sonorità, mantenendo la connessione con la tradizione. L’album è stato premiato come disco Jazz dell’anno per il 2021 da Musica Jazz. Compositore, sassofonista e docente, nato a Venezia ma milanese d’adozione, cresce musicalmente attraverso un lungo apprendistato e numerosi concerti, che lo portano a collaborare con musicisti prestigiosi della scena italiana.
La svolta agli inizi degli anni 70, quando entra a far parte dei Perigeo, band che avrebbe segnato la storia della fusion-jazz italiana, formata da musicisti che avrebbero lasciato un segno indelebile nel panorama jazz, come Giovanni Tommaso, Franco D’Andrea, Bruno Biriaco. Scioltosi il gruppo, Fasoli comincia, con piccoli ensemble di tre-quattro musicisti, a sviluppare progetti orientati verso un jazz più acustico, individuando nel quartetto il line-up ideale per esprimere la sua musica, fino a perfezionare la sua forma compositiva ed esecutiva, alla ricerca di un linguaggio e di un timbro che lo rendessero sempre riconoscibile. Negli anni 80 collabora strettamente con musicisti internazionali, tra cui Lee Konitz, Kenny Wheeler, Bill Elgart, Palle Danielsson e tanti altri. Ha al suo attivo la partecipazione alla Lydian Sound Orchestra (1990), e la direzione della European Music Orchestra. Essendo un musicista aperto anche a confluenze tra più generi, questa disponibilità ha portato Fasoli a collaborare con il violoncellista classico Mario Brunello, con l’arpista Park Stickney e in diverse situazioni con Bobo Stenson al pianoforte.
Il Quartetto, di nuovo assemblaggio, per “Next”, è formato da Simone Massaron alla chitarra elettrica, Tito Mangialajo Rantzer al basso e Stefano Grasso alla batteria. Il disco è la prosecuzione del “moto perpetuo” cominciato anni fa da Fasoli e basato sulla ricerca graduale e progressiva di sonorità sempre innovative, le quali esplorano terreni improntati alla fusion, all’elettronica, al post bop, non avendo mai timore di miscelare a giuste dosi gli ingredienti per arrivare ad un risultato di forte impatto acustico. Il suono che ne deriva è decisamente caratteristico, essenziale, preciso, sfrondato dalle inutili ridondanze e dagli eccessi del virtuosism; un bisturi sonoro che Fasoli guida al meglio fra le trame tessute dai sodali, per delineare i contorni della sua espressività.
Ed il risultato si apprezza immediatamente nella traccia d’apertura, “Russel Square”, dove il “rumore” di effetti elettronici, sostenuti dallo stridere della chitarra, crea cupe atmosfere metropolitane, fino all’attacco del tenore, che parte con un fraseggio deciso e con spazi piuttosto dilatati, quasi cool, mentre la ritmica fa il suo ingresso scandendo il ritmo in modo soffuso. La successiva “99 Ryerson Street” parte con una linea di basso di Rantzer, in solo, quasi a sfondo meditativo, introducendo un riff di chitarra elettrica che sfocia in un solo spinto dal ritmo incalzante della batteria; un pezzo rockeggiante dai forti connotati fusion, mentre il soprano di Fasoli vola libero, lasciando il compito melodico al resto del gruppo. “Xas” è un brano giocato in duo tra la batteria, che scandisce una marcetta quasi marziale, ed il sax soprano di Fasoli; l’atmosfera è molto rarefatta, tra echi di mondi underground ed effetti di fondo.
Il basso di Rantzer è di nuovo protagonista all’inizio di “Extatisk”, dove Fasoli torna al tenore, con un afflato delicato, sorretto da un background di chitarra, un componimento che si sviluppa in un crescendo progressivo fino a sfociare in un mix di melodia ed effetti cacofonici. Atmosfere di nuovo rarefatte in “Ray”, dove lo spazio-tempo tende all’infinito, quasi sospeso in un limbo meditativo elettroacustico. Con “Eso” torniamo ad un sound più cupo, alla stessa stregua della traccia iniziale, le percussioni ammorbidiscono il fraseggio dilatato e tagliente del tenore, la chitarra riempie l’aria di sfondi che da unisoni evolvono in effetti background noise.
“Ali” è il cordone ombelicale della tradizione, con le sue influenze post bop, raccontate dal soprano di Fasoli, in questa occasione più suadente e meno tagliente, e con una chitarra di Methenyana memoria a fare da sparring partner d’eccezione. Con “Arcana”, patinata ed “extra-mondo” come le colonie di Blade Runner, Fasoli ci conduce al confine dell’immaginario melodico, espandendo il suono in direzioni siderali, rendendo questo pezzo un piccolo gioiello di space sound. La chitarra di Massaron introduce, melanconica e mesta, “Sad”, dove già il titolo lascia presagire quell’aria di pervasiva tristezza di cui è intriso tutto il componimento, con lo scambio di conduzione con Fasoli al tenore, che prosegue il racconto di questa parentesi nostalgica. Le percussioni introducono “Mix”, ultimo brano in scaletta, dove un bel solo di sax, lanciato in un fraseggio più articolato e coadiuvato al meglio dal gruppo, chiude questo viaggio in un sound di raffinata avanguardia musicale, fatto di momenti di pura riflessione estatica, alternati ad alchimie esoteriche e tenebrosi tumulti metropolitani.
