Il concept sonoro è una summa delle pratiche improvvisative che il rock creativo e con il baricentro spostato in avanti ha espresso in tutte le epoche.

// di Francesco cataldo Verrina //

A volte il recensore rischia una sorta di corto circuito, specie quando il critico jazz e quel sedimento giovanile di critico rock che alberga ancora in lui vanno in conflitto. Fortunatamente, un lavoro come «Three Low Bias» placa entrambe le anime, essendo un disco formalmente rock concepito come un’opera jazz attraverso una lunga improvvisazione. «Three Low Bias» è un drago a tre teste formato da Alberto N. A. Turra chitarra/fx, Giovanni Calella basso/fx e Diego Galeri batteria/fx. Il nome del gruppo è un gioco di parole, ossia Three Low Bias che è anche il titolo del loro nuovo album, un disco dal vivo registrato al Germi di Milano ed ispirato alla trilogia detta «dell’anima» (weightless) del regista di culto Terrence Malick, a cui i tre eclettici musicisti hanno deciso di «regalare» un’ipotetica colonna sonora.

La musica va sempre ascoltata per essere capita, al netto di ogni forma di surrettizia complementarietà. Ma per comprendere meglio l’impianto del concept sonoro, cerchiamo di capire in primis chi sia Terrence Malick, soprattutto per comprendere che cosa abbia spinto tre musicisti di rango a farsi guidare idealmente dal mood cinematografico di questo acclamato regista. All’interno della sua folta filmografia, deve essere subito enucleata la cosiddetta «trilogia dell’anima», una definizione che indica un trittico di film del regista statunitense, che hanno in comune il tema della ricerca spirituale e della relazione tra l’uomo e il divino. Le trame sono state accolte in modo molto diverso dalla critica e dal pubblico: qualcuno le considera opere d’arte, altri le trovano noiose e incomprensibili. Le tre pellicole in oggetto sono: «The Tree Of Life» (2011) che racconta la storia di una famiglia americana degli anni ’50, segnata dalla morte di uno dei figli. Il plot narrativo alterna scene realistiche a sequenze visionarie che mostrano le origini della vita, la preistoria, il cosmo e il paradiso. Il film vinse la Palma d’oro a Cannes ricevendo tre nomination agli Oscar. «To The Wonder» (2012) che narra la crisi di una coppia formata da un americano e da una francese, i quali si trasferiscono in Oklahoma dopo essersi innamorati a Parigi. Il film esplora il tema dell’amore in tutte le sue forme, tra gli esseri umani, con la natura e con Dio, e venne presentato in concorso alla Mostra di Venezia. «Knight Of Cups» (2015), presentato in concorso alla Berlinale, segue le vicende di un sceneggiatore di Hollywood, che vive una vita vuota e dissoluta tra feste, donne e droga. L’impianto filmico è strutturato in otto capitoli, ognuno dedicato a una carta dei tarocchi, che rappresentano le diverse esperienze e le differenti persone che il protagonista incontra.

La trilogia dell’anima di Malick è segnata da uno stile molto sperimentale e meta-poetico, che fa largo uso di immagini simboliche, di voci fuori campo, di musiche suggestive e di montaggi non lineari, non dissimili per struttura alle tre performance registrate dal vivo e che vanno a costituire il contenuto dell’album di debutto omonimo dei Three Low Bias, letteralmente «Tre bassi valori di polarizzazione», che potrebbe significare tutto e nulla. Dicono gli autori: «È musica post-rock nella misura in cui lo sono dischi come Spiderland (Slint), What Burns Never Returns (Don Caballero), Standards (Tortoise) oppure Mirrored (Battles) ma con la quota di improvvisazione in assoluta prevalenza rispetto al consueto modus operandi. La musica del disco è nata la sera stessa dei concerti in modo completamente estemporaneo, raccontando un ascolto reciproco e intesa a livelli raramente percepibili anche in produzioni di dichiarata». In verità dalle nove tracce contenute nell’album emerge di tutto, Rock e i suoi fratelli, e con una notevole padronanza dello scibile sonoro. Basta ascoltare l’opener «Being Christian Bale» che sembra fuoriuscire dalle viscere della terra con una ritmica cadenzata che alimenta una progressione in crescendo, su cui la chitarra tratteggia una melodia inquieta ma avvolgente, per poi inabissarsi in diluvio quasi psichedelico che tratteggia il rabbioso e distorto impianto di «Not So Sad», sospinto all’inverosimile da un groove a martello pneumatico, fino a giungere ad «Anima /Animus» che infornato in una ridda di suoni effettati e con un riff ostinato e ripetitivo stile metal-punk, diventa una bolgia infernale capace di mettere in luce le inquietudini dell’animo umano.

Tutto ciò a suffragio dell’idea che il concept sonoro sia una summa, tra immanente e trascendente, delle pratiche improvvisative che il rock creativo, e con il baricentro spostato in avanti, ha espresso in tutte le epoche. «Can A Purcupine Live In Panama» mostra una struttura sospesa ed onirica, quasi cinematografica come se i vari frame di un pellicola gli passassero davanti. La prima facciata si conclude con «Unresolved Sexual Tension» che, con quel suo groove funkified, fa pensare vagamente ai Talking Heads o a certe formazioni jazz-fusion degli anni Settanta. La B-Side si apre con «There Is Not Healing, There Is Letting Go», una maratona progressiva e mutevole, caratterizzata da ripetuti cambi di mood, simili ai mutamenti di scena di un film, eseguiti talvolta in maniera brusca, altri in dissolvenza. «Natalie Portman’s Priority» si sostanzia come un intermezzo meditativo, scuro, illune e sospeso a mezz’aria, una sorta di slow motion sonoro che funge da camera di decompressione. «There Is Nothing But Void» ha il ghigno di un’escrescenza rabbiosa sparata in overclocking, la quale mette in risalto il vuoto siderale che talvolta s’insinua nella mente degli umani, quasi un buco nero difficile da colmare. In chiusura, «Post-Rock For Wondering Girls», un tema adatto ai titoli principali di un film, adagiato su un groove cauto, cadenzato e meticoloso come una promenade spaziale, sul cui tappeto ritmico la chitarra intaglia squarci di melodia a presa rapida. A conti fatti, descrizione più calzante di «Three Low Bias», Freely Inspired By Terrence Malick’s «Weightless Trilogy» la forniscono i tre protagonisti del progetto: «Il disco è una fotografia di un momento, una testimonianza unica di una sinergia che si rinnova ad ogni concerto e che mai si ripete. Chi verrà ai nostri concerti non ascolterà i brani del disco ma ogni volta musica nuova che si genera all’istante come un flusso di coscienza».

Three Low Bias

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